Anche Ostellino. Il solito pregiudizio anticattolico | La Nuova Bussola Quotidiana

di Rino Cammilleri 10-01-2015

Siccome sulla strage islamista di Parigi non c’è stato alcuno che non abbia detto la sua, anche l’illustre editorialista del Corriere della Sera, Piero Ostellino, non ha resistito. Intellettuale stimato, Ostellino, si sa, si è sempre distinto per le sue posizioni liberali anche quando queste erano in contrasto col mainstream politicamente corretto (cioè, di sinistra). Tuttavia, con gran rispetto per l’anziano commentatore, l’ultimo suo articolo (9 gennaio), lascia l’impressione di avere a che fare con un maître à penser che sa tutto del liberalismo e non molto del resto. Insomma, uno che avrà anche letto e ponzato sui sacri testi liberali, magari anche classici come quelli di Voltaire, ma per il quale la storia è cominciata col 1789: per quel che c’era prima non c’è mai stato bisogno di approfondire né riflettere.

Così, il Nostro condisce la sua deprecazione per l’integralismo islamico con qualche affermazione di (chiedo scusa per l’eufemismo) non grande spessore. Non si offenda, abbiamo già esternato la nostra stima. Ma proprio la stima rende più cruda la delusione. Sì, perché cascano le braccia quando leggi frasi da vulgata risorgimentale, roba che sarebbe stata benissimo in bocca a Garibaldi. Il quale non è certo passato alla storia dei Due Mondi per l’ampiezza del bagaglio culturale. Ecco, dunque, una prima ostellinata: l’islam «diverso dalla scelta di distinzione e separazione tra religione e politica che l’Occidente ha già operato, con l’uscita dal Medioevo, nel ‘600 e nel ‘700».

Bisogna sempre, ahimè, ricordare ai cosiddetti laici che il Vangelo è uno dei classici di cui nessuno, dico nessuno, può fare a meno se non vuole passare da ignorante sic ac simpliciter. Anche Robespierre, Marx, Hitler e Stalin l’avevano letto prima di sputarci sopra. È da Vangelo la frase «Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio», detta dal fondatore del cristianesimo. Dunque, la distinzione tra politica e religione risale all’anno 30, non al 1789. A volere essere pignoli (ma con un intellettuale della caratura di Ostellino sarebbe irrispettoso non esserlo), l’«uscita dal Medioevo» risale al ‘400, non al ‘600 né tampoco al ‘700. Ed è di due secoli prima – dunque, ben «medievale» – quella Lotta per le Investiture con cui la Chiesa pregò il Potere Civile di farsi i fatti suoi. Fu lotta faticosa, lunga e con qualche morto ammazzato. Ma era il Potere Civile a volere mettere bocca nella religione, non viceversa. E fu Lutero, personaggio caro alla vulgata “laica”, a rimettere la religione nelle mani del Potere Civile, vanificando secoli di fatiche.

Ed eccoci alla vera perla: «Da noi solo il cattolicesimo aveva coltivato, nel corso della sua storia e come dottrina, la conversione, se necessario anche violenta, di chi cattolico non era e non era disposto a diventarlo – macchiandosi, a volte, di forme di forte intolleranza». Ipse dixit. Per favore, qualcuno regali a Ostellino un libro di storia, vanno bene anche quelli di Montanelli. Sì, perché è evidente la confusione e l’approssimazione. Il cattolicesimo, e solo esso, praticava le conversioni forzate? E «come dottrina»! Se chiedi al “laico” fermatosi al sussidiario chiarimenti, di solito ti cita l’Inquisizione. Perché non sa, per ignoranza, che l’Inquisizione si occupava solo di eretici. E non sa, per ignoranza colpevole, che l’Inghilterra anglicana, per esempio, perseguitava a morte (e morte atroce) i «papisti».

E non sa che nei suoi amatissimi Stati Uniti, patria delle tolleranze liberali, delle tredici colonie che dichiararono l’indipendenza solo in due (sic!) il cattolicesimo non era vietato sotto gravi pene. Mi scuso per non voler perdere tempo con altri esempi, ma per i liberali l’Inghilterra e gli Usa sono fari universali di libertà di pensiero e guai a chi glieli tocca.

E ora il finale ostellinico: «L’islam era stato una religione tollerante – ad esempio, quando l’Occidente cristiano non tollerava e perseguitava gli ebrei». Be’, bisognerebbe chiedere agli storici ebrei quant’era bello vivere sotto i musulmani. I quali «tolleravano» solo i dhimmi. E non sempre. Nella Spagna islamica, per esempio, gli ebrei dovevano portare dei grandi copricapi gialli onde essere distinguibili anche a distanza e un pesante vitello di legno appeso al collo (ricordo infamante del Vitello d’Oro nell’Esodo).

I cristiani, al collo dovevano portare un’altrettanto pesante croce. Ebrei e cristiani, «tollerati» come dhimmi, dovevano pagare la tassa di «protezione» al qadì, a capo chino, e sopportare un’umiliante pacca sulla nuca a incasso avvenuto. Non potevano andare a cavallo, non potevano avere case più alte di quelle dei musulmani, ai quali dovevano cedere il passo e alzarsi in piedi quando ne entrava uno. Potevano pregare, sì, ma al chiuso e con le finestre sbarrate. Questa «tolleranza» era, ovviamente, a intensità variabile: quando arrivava al potere un’ondata integralista (oggi diremmo così) la scelta era la conversione o la morte. Et de hoc satis. Vuol dire «e di ciò basta»: la traduzione è necessaria perché i «laici» conoscono benissimo l’inglese ma non altrettanto il latino, lingua dell’odiata Chiesa Cattolica.

viaAnche Ostellino. Il solito pregiudizio anticattolico.

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