ANIMALISTI/ Un cane per amico: così il Nulla prende in prestito la nostra vita

Raffaele Iannuzzi

Cosa accade agli uomini quando cessano di credere in Dio? Chesterton lo sapeva e ce lo ha insegnato: cominciano a credere a tutto. Dopo, però, accade altro, c’è un passo successivo, ancora più devastante: gli uomini cominciano a mettere la testa nella ciotola. Tradotto: prediligono tutto ciò che parte dal basso e lì rimane. Tutto diventa minuscolo e la statura umana insegue ciò che fino a ieri non sarebbe stato altro che un elemento della cornice della vita, ma null’altro che questo. E’ ciò che accade ormai da molti anni. Si chiama nichilismo e la modernità, tanto affascinante quanto baldracca, ci ha messo del suo, eccome. In un libro ho definito questo fenomeno “suicidio della modernità”.

I cosiddetti “postmoderni” si ostinano a vedere nella Chiesa e nel Cristianesimo un Nemico, se lo inventano e lo nutrono come fosse un grosso cane da guardia, serve alla bisogna. Se c’è un problema, c’è perché c’è la Chiesa, Gesù, il Cristianesimo. E tutto torna: una strategia della rassicurazione. Funziona finché può, ma avere un Nemico a disposizione non guasta mai. Tanto poi si torna alle nostre macerie e si ritorna a quattro zampe. Ecco il tema: vivere a quattro zampe. La testa nella ciotola. Come i cani. Come il cane che si compra o si prende dall’amico che lo regala e diventa un totem, la nuova vacca sacra da adorare, il feticcio consolatorio da ammirare e di cui venerare la presenza.

Allora ecco i corsi per accudire il cane, il lessico che diventa familiare ed è francamente delirante – “sono meglio dei cristiani” -, parole che mostrano quanto l’etimologia sia importante, perché “cristiano” ha la stessa radice di “cretino” e abbiamo già con questo còlto che questi “cristiani” adoratori del vitello d’oro con la ciotola davanti sono appunto cretini. Piccole crete, vuol dire, cioè: con la testa nella ciotola. Non è un j’accuse, è una semplice constatazione. O l’uomo sta in rapporto con l’infinito e, da quel rapporto, cava fuori le pietre preziose per una vita degna di essere vissuta, o semplicemente non è un uomo, perché si può anche rinunciare ad esserlo. E, quando si tira fuori la testa dalla ciotola, l’infinito fa paura, è Mysterium tremendum, è quel Sacro sconvolgente che fa delirare di bellezza intrappolata negli occhi, ben altro dal riparo della ciotola, ad altezza di cane. Non i cani a dominare, no, è l’uomo accovacciato sotto il tavolo, con la testa nella beata ciotola rassicurante e tutto il resto che infastidisce e pare violentemente straneo, semplicemente non c’è, anzi facciamo un’altra cosa, dicono loro, facciamolo diventare il Nemico; et voilà, su questo vedi l’elenco sopracitato.

Vengo da un breve vacanza istriana, a Lussingrande, l’Istria generosa, che ha casa metafisica nel Quarnaro. Stare di fronte al Quarnaro, quel braccio di mare nell’Adriatico Settentrionale, di fronte alle isole di Veglia, Cherso, Arbe, Lussino, spalanca l’anima all’infinito, nell’istante, e orienta l’uomo che voglia cavar fuori la testa dalla ciotola su rotte intercontinentali che i nostro Padri definivano metafisiche. Chi non si innamora di questa grandezza compra il cane perché è un cane. Si occupa di cani come se fossero “cristiani”, perché il “chretien” che è in lui lo spinge verso il cretino che da sempre alberga in lui, tutto qua.

Non ci vuole la sociologia o la psicologia comportamentale per capire. Basta ascoltare la meravigliosa canzone del gruppo “La Compagnia dell’Anello”: “Anche le pietre parlano italiano” per cogliere la differenza fra uomini che amano l’Ideale della vita e chi fa di tutto per renderla innocua e riprodurre quanto scritto sui pacchetti si sigarette: “Nuoce gravemente alla salute”. Rapporto con l’infinito o testa nella ciotola. Si conosce per partecipazione alla realtà che si conosce, diceva San Tommaso d’Aquino, o per immedesimazione, come richiamava don Giussani.

Se uno si immedesima nella visione metafisica e naturale, insieme, del Quarnaro che si apre davanti agli occhi dell’anima, non ha bisogno di comprare cani, perché vuole la vita avventurosa e capace di destare nella camera interiore dell’anima la sperdutezza o l’impotenza del bambino che si affida ad un Altro; chi ha detto basta e ha cessato di scorgere nella donna un tempo amata che vive accanto a lui da decenni un segno di qualcos’altro, nei propri figli un miracolo di vita, nella vita quotidiana un mare aperto di segni che sussurrano lievemente, “più in là”, bene, pover’uomo, dal suo punto di vista, non può che comprare un cane o due cani, portarli a spasso con fare da conquistatore, come vedo fare a certi cinquantenni o sessantenni, dimentichi della storia e delle radici della vita. Non compra qualcosa d’altro, un cane; non si muove per immedesimazione, perché questa è la legge della vita, i simili stanno con i simili, e tutto alla fine torna.

Torna, ma non chiude la partita vera: tutti un giorno moriremo. E, là dove giungeremo, la testa nella ciotola è affare del passato; lì si aprono altre frontiere. Il rischio, per certuni, è cercare, nel negozio di animali, il pasto per il pastore maremmano lasciato laggiù. L’immedesimazione non abbandona mai l’anima, neanche nel punto Omega della vita.

Fonte: ANIMALISTI/ Un cane per amico: così il Nulla prende in prestito la nostra vita.

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