ARMAGHEDDO | L’attualità vista da padre Piero Gheddo, missionario-giornalista

   In preparazione al Sinodo sulla famiglia (ottobre 2014 e 2015) è bene conoscere i costumi tradizionali dei popoli ai quali la Chiesa annunzia Gesù Cristo. Dopo Giappone, Africa nera e India, ecco la Papua Nuova Guinea, indipendente dall’Australia nel 1975, dove i missionari del Pime sono tornati nel 1981, nei luoghi del martirio del Beato Giovanni Mazzucconi nel 1855, invitati dal Nunzio apostolico, oggi cardinale Andrea di Montezemolo. Il Blog è ripreso da tre articoli pubblicati su “Venga il Tuo Regno” (Napoli, febbraio e maggio 1991 e febbraio 1994) da padre Giuseppe Filandia, missionario in PNG dal 1986 al 1997 e poi in Amazzonia brasiliana. Piero Gheddo

 

    L’arcipelago delle Trobriand è all’estremo sud-ovest della Papua Nuova Guinea, una trentina di isole con circa 30.000 abitanti, 28.000 dei quali nell’isola di Kiriwina, lunga 60 km. e larga 20. Gli etnologi (fra i quali i famosi Bronislaw Malinowsky e Margaret Mead) le hanno definite “le isole dell’amore”, perché l’assenza di ogni regola morale nel rapporto uomo-donna si è quasi istituzionalizzata. Gli stessi genitori e parenti si preoccupano perché ragazzi e ragazze possano avere rapporti normali secondo la tradizione. Nella loro cultura non esiste un’educazione che li prepari al vero significato della vita a due. Le pratiche sessuali sono un gioco che devono praticare fin dall’età di sette-otto anni. Spetta agli zii materni trovare la ragazzina (scherzando la chiamano “la futura sposa”) con cui il nipotino possa passare la notte insieme. I bambini di 5-6 anni vedono a cominciano ad imitare i fratelli e le sorelle maggiori. Così le storielle, i racconti del passato, i giochi, i canti, le danze, le feste (a cui partecipano piccoli e grandi) hanno questa dimensione. Ci sono ragazze che volte sentono la naturale ripugnanza ad essere oggetto di piacere per i loro fratelli o per il loro padre e si suicidano gettandosi giù dall’alto di una palma da cocco.

     Si può capire com’è difficile per il missionario fare discorsi sulla purezza, la castità, sulla preparazione ad un matrimonio cristiano. Ciò diventa ancor più difficile quando le nostre isole sono meta di turisti da paesi che si dicono cristiani, generando nel nostro popolo la convinzione che in tutto il mondo si fa così. Eppure qualcosa sta cambiando nella cultura locale, quando il missionario, fiducioso nella grazia di Dio  nella potenza del Vangelo, dona la sua vita perché a cominciare dalla famiglia il Regno di Dio arrivi anche in queste isole alla fine del mondo.

     Il matrimonio non avviene per attrazione sessuale, ma per interesse materiale: sposare una donna per l’uomo significa garantirsi una sicurezza economica…. Per la donna i motivi per contrarre matrimonio si riducono al bisogno concreto di avere accanto qualcuno, per sentirsi protetta, avere una casetta propria e un focolare da custodire…. L’educazione dei figli non esiste. Il padre ne lascia l’incarico ai cognati, secondo la tradizione, e questi, regolarmente, non se ne interessano. Per cui i bambini crescono senza principi morali, senza freni, si permettono di fare tutto quel che vogliono e non sono rimproverati né corretti, perché la loro tradizione è molto permissiva in ciò che noi consideriamo il male: come la vendetta, la prepotenza, il furto, l’inganno, la pigrizia e qualsiasi altra immoralità… L’uomo non coopera affatto alla nascita dei figli, sono degli spiriti speciali che danno i bambini alle donne, attraverso la loro testa! Quindi l’uomo non ha nessuna responsabilità e partecipazione nella procreazione. I mariti che stanno lontani dalle mogli per anni (in genere per lavoro) non si meravigliano se al loro ritorno trovano uno o due figli in più. Tanto, non è l’uomo ma sono gli spiriti che danno i bambini alle donne.   

     Accenno a queste miserie per ricordare ai lettori, se ce ne fosse bisogno, quanto meravigliosa è la nostra morale cattolica, che è sicura difesa della vita, della persona e salva amore e unità delle famiglie…. Fa pena vedere i nostri ragazzi e le nostre ragazze delle Trobriand, che seguono ciecamente certe tradizioni senza mai capire cosa sia il vero amore, il senso della vita, del “diventare due in una sola carne”. Qui la famiglia è per tradizione monogamica, avere più moglie è privilegio solo del re, dei capi e dei parenti stretti del re. I capi villaggio debbono accontentarsi di due mogli. Quando il re poligamo vuole una ragazza come moglie, nessuno vi si può opporre, pena la morte. La vendetta non avviene in pubblico, ma per vie segrete, avvelenamento, magie,ecc. Quando i giovani decidono di sposarsi, dovrebbero smettere ogni altro gioco sessuale con diversi partner e giurare fedeltà. In teoria è così, ma in pratica l’adulterio è molto comune, sembra accettato, a meno che ci sia una pubblica accusa, allora si deve fare un po’ di scena per salvare la faccia. Il colpevole paga le sue ventimila lire di multa e tutto finisce lì.

    In questo ambiente, noi portiamo avanti l’evangelizzazione, sono pochissimi coloro che possono ricevere il sacramento del matrimonio. Riteniamo che concederlo potrebbe essere un’imprudenza, data la mancanza di valori spirituali e morali ai riguardo. Quindi, dobbiamo accontentarci di un primo annunzio, anche questo difficile. Tentiamo di organizzare corsi di formazione familiare per tutti, ma pochissimi rispondono al nostro appello. Cinquant’anni di cattolicesimo sono ancora pochi per cambiare la cultura tradizionale. Noi seminiamo senza la soddisfazione di vederne il risultato. Voi che avete la gioia di vivere in una famiglia cristiana, abbiate un pensiero e una preghiera per questo nostro popolo della Papua Nuova Guinea. Cari amici lettori, questa è una cultura non cristiana, non nelle cartoline turistiche, nei romanzi e documentari televisivi, ma nella concretezza della vita quotidiana di un popolo che ancora non conosce il Vangelo. E il nostro popolo italiano, che ha ricevuto il Vangelo da duemila anni, quanto è lontano da queste miserie “pagane”?                                                                          Giuseppe Filandia

 

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