Da che conseguono due cose fondamentali: la prima è che, giunta pure la benedizione liberal, ora non ci sono più scuse per tollerare oltre la strage; la seconda è che la difesa pur strumentale dei cristiani da parte dei liberal è comunque un’occasione d’oro per cominciare a rievangelizzare anche la parte peggiore dell’Occidente. Finché infatti i popoli e le persone continueranno a saltare il mare per venire da noi, mentre invece nessuno fa l’inverso – se ne rende conto pure Newsweek -, avremo su tutti un incommensurabile vantaggio apologetico.
Tante volte abbiamo ascoltato storie di musulmani vittime di abusi in Occidente o di coloro che combattono contro la tirannia nella Primavera araba. La vera guerra in corso però è un’altra, un conflitto misconosciuto che è già costato migliaia di vite. I cristiani vengono uccisi nel mondo islamico a causa del loro credo. Si tratta di un genocidio in corso, che meriterebbe un allarme globale.
Il racconto che dipinge i musulmani come vittime o eroi, nella migliore delle ipotesi, è parzialmente inesatto. Negli ultimi anni la violenta oppressione delle minoranze cristiane è diventata la norma nei paesi a maggioranza musulmana che si estendono tra Africa Occidentale, Medio Oriente, Asia Meridionale e Oceania. In alcuni Paesi è stato il governo locale, con i suoi agenti, a incendiare chiese e imprigionare parrocchiani. In altri, gruppi ribelli e singoli hanno gestito in proprio la questione, assassinando cristiani e cacciandoli dalle terre in cui, da secoli, avevano messo radici.
La reticenza dei media sull’argomento ha spiegazioni diverse. Una potrebbe essere la paura di provocare un inasprimento delle violenze. Un’altra, più probabile, è l’influenza di lobby quali l’Organizzazione per la Cooperazione Islamica – una sorta di Nazioni Unite dell’Islam, con sede in Arabia Saudita – o il Consiglio per le relazioni Islam-America. Nell’arco dell’ultimo decennio, questi e altri gruppi simili hanno ottenuto un buon successo nell’instillare in figure pubbliche di spicco e nei giornalisti del mondo occidentale l’idea che ogni episodio di presunta discriminazione anti-islamica sia sintomo di una sistematica e sinistra degenerazione battezzata “islamofobia” – un termine che mira a suscitare in chi lo ascolta la stessa disapprovazione morale legata alle parole xenofobia e omofobia.
Ma una corretta analisi degli avvenimenti recenti porta a concludere che la scala e la severità di questa “islamofobia” impallidisce di fronte alla cristianofobia che attualmente attraversa ogni angolo del mondo musulmano. La cospirazione del silenzio che avvolge questa espressione di intolleranza religiosa deve finire. In gioco non c’è niente di meno che il destino della Cristianità – e, in ultima analisi, di ogni minoranza religiosa – nel mondo islamico.
Leggi sulla blasfemia, omicidi brutali, bombe, mutilazioni, fiamme ai luoghi di culto: sono tante le nazioni dove i cristiani vivono nella paura. In Nigeria, molte comunità hanno vissuto tutte queste forme di persecuzione. E’ la nazione a maggioranza musulmana in cui risiede la più grande minoranza cristiana in rapporto alla popolazione (il 40% di 160 milioni). Per anni, musulmani e cristiani sono stati sull’orlo di una guerra civile. Gli integralisti islamici sono responsabili di molta, se non della maggior parte, della tensione esistente. L’ultima creatura nata in quel campo è un’organizzazione che ha scelto di chiamarsi Boko Haram, ossia “L’educazione occidentale è sacrilegio”. Essa mira a instaurare la legge della sharia, uno scopo per il quale – ha dichiarato – ucciderà ogni cristiano del paese.
Soltanto per il mese di gennaio 2012, Boko Haram è stata responsabile di 54 morti. Nel 2011 i suoi membri hanno ucciso almeno 510 persone, dato alle fiamme o distrutto più di 350 chiese in dieci stati del nord. Impiegano armi da fuoco, bombe di benzina, pesino machete, gridando “Allah Akbar” (Dio è grande) quando attaccano di sorpresa un gruppo di ignari cittadini. Tra i loro obiettivi si contano non solo le chiese – un attentato durante una celebrazione natalizia ha provocato la morte di 42 cattolici – ma anche pub, un consiglio comunale, saloni di bellezza, banche. Fino a ora i seguaci Boko Haram si sono concentrati nell’eliminazione dei cattolici: religiosi, politici, studenti, poliziotti, soldati; e anche di quei religiosi musulmani che condannano le loro azioni. Avevano iniziato, nel 2009, con attacchi mordi-e-fuggi dal sellino di una motocicletta, ma gli ultimi dispacci della AP indicano che gli attacchi del gruppo hanno raggiunto un più alto livello di pianificazione e di potenza.
La cristianofobia che flagella il Sudan assume invece forme del tutto diverse. Il governo autoritario della parte settentrionale del Paese, guidato dai sunniti, da decenni tormenta i cristiani e le altre minoranze del sud. Quella che è stata descritta come una guerra civile è stata, in realtà, la persecuzione, spalleggiata dal governo, delle minoranze religiose, culminata nel tristemente famoso genocidio del Darfur, cominciato nel 2003. Nonostante la Corte internazionale dell’Aia abbia incriminato il presidente musulmano del Sudan, Omar al-Bashir, contestandogli tre distinte accuse di genocidio, e nonostante l’euforia che ha accolto la semi-indipendenza da lui accordata al Sudan del Sud lo scorso luglio, le violenze continuano. Nel Kordofan meridionale, i cristiani sono tuttora bersaglio di bombardamenti aerei, omicidi mirati, sequestro di minori e altre atrocità. I rapporti delle Nazioni unite indicano che i civili che hanno dovuto abbandonare la propria casa ascendono a una cifra compresa tra 53 mila e 75 mila, e che le loro abitazioni sono state distrutte.
Fonte: Newsweek
Traduzione di Enrico De Simone