Bevilacqua è grave. E il “Corriere” strumentalizza « Giuliano Guzzo

E il rispetto? Che fine ha fatto? E’ lecito chiederselo dinnanzi al modo con cui il Corriere della Sera presenta oggi la vicenda di Alberto Bevilacqua, grave e bisognoso di cure per le quali è necessario un trasferimento in un’altra clinica rispetto a quella – «privata (probabilmente costosissima») – dov’è attualmente ricoverato; trasferimento impossibile senza la firma di un familiare: quella della compagna dello scrittore, infatti, non basta dal momento che i due non sono sposati. La gravità della questione è tale che perfino la Procura, in seguito all’esposto della donna, ha aperto un’inchiesta.

Ora, di fronte ad una vicenda tanto delicata ci si aspetterebbe cronaca. Semplice e lineare cronaca, nulla di più. E invece la redazione di Via Solferino che fa? Accanto all’articolo che riferisce la notizia pubblica un commento, a firma di Paolo Di Stefano, nel quale si attacca «la legge italiana» perché «nel 2013 come nel Medioevo, a differenza del resto d’Europa non riconosce diritti (e doveri) per le coppie di fatto» [1]. Tradotto: se Bevilacqua viene trattenuto, anzi «imprigionato» [2] in una clinica nonostante l’inadeguatezza delle cure, la colpa sarebbe dell’assenza di una legge che riconosca giuridicamente le coppie di fatto. Un ragionamento in apparenza logico. Solo in apparenza, però.

Infatti, a pensarci bene, non sta in piedi. Vediamo perché: se qualcuno, in questo caso il celebre scrittore – al quale rivolgiamo, senza retorica, i migliori auguri nella speranza che possa essere curato adeguatamente -, per essere trasferito da una clinica all’altra abbisogna, quando non può richiederlo direttamente, della firma di un familiare e questo familiare o non si trova o non è d’accordo (una sorella Bevilacqua la ha, ma «pare che non abbia mostrato grande interesse per la salute del fratello» [3]), il problema, secondo voi, è di una burocrazia assurda oppure dell’assenza di una specifica legge sulle coppie di fatto? Secondo il Corriere, lo abbiamo visto, il problema sta tutto nel mancato riconoscimento dei diritti dei conviventi. Ma non è così, per due ragioni.

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