Bhatti: «Una ingiustizia terribile» | Mondo | www.avvenire.it

​ «Per chi è impegnato per la giustizia e per la convivenza, Asia Bibi rappresenta anzitutto una figura sofferente, un caso di ingiustizia terribile: la sua detenzione è intollerabile».
Così risponde il cattolico Paul Bhatti, ex ministro pachistano per l’Armonia religiosa (che sarà in Italia a fine agosto ospite del Meeting di Rimini) , alla domanda che cosa rappresentano i 1.500 giorni di carcere di Asia Bibi.
Lei è tra i leader riconosciuti del movimento per la giustizia e il dialogo in Pakistan. Quali sono i suoi sentimenti, oggi, rispetto alla vicenda di Asia Bibi?  
Di amarezza, perché noi che la sosteniamo ci sentiamo incapaci di risolvere questo problema. Un problema grave ma che ha implicazioni che a volte sfuggono. Voglio solo ricordare che per il coinvolgimento internazionale, abbiamo perso due personaggi importanti, tra cui mio fratello Shahbaz. Intollerabile l’accusa di blasfemia, intollerabile l’odissea di molte vittime ma non sono problemi che si possono affrontare con superficialità. Tornando a Asia Bibi, il mio parere è che il suo caso è stato finora gestito non nel modo migliore, che non si è operato in modo efficace per arrivare a una sentenza definitiva e non sono stati favoriti un dibattito e anche una protesta aperta. Noi, come Apma (All Pakistan Minorities Alliance, Alleanza di tutte le minoranze del Pakistan), coinvolti allo stesso modo in attività sociali e politiche, siamo stati criticati per non avere preso direttamente in mano il caso, per non esserci esposti. In realtà, io stesso avevo chiesto di seguirlo ma non mi è stato concesso.
Quali sono oggi le prospettive per Asia Bibi?
Tenendo presente quanto ho già detto, il caso è in tribunale e non possiamo imporci anche se riteniamo sbagliata l’accusa. Occorrerebbe avere avvocati di alto livello, energie giuste per dimostrare la sua innocenza. Il messaggio prevalente è che lei ha commesso oltraggio verso la fede islamica, occorre quindi anzitutto che i giudici si pronuncino sulla sua innocenza. Solo dopo questo passaggio si potrà operare meglio per coinvolgere la popolazione, inclusi gli estremisti, in un processo di comprensione dei limiti e degli abusi della legge antiblasfemia.
Può sintetizzare l’impegno di suo fratello, l’attività di Apma e la sua?
L’Apma è nata nel 2002 su iniziativa di mio fratello Shahbaz (ministro per le Minoranze assassinato il 2 marzo 2011) per meglio coordinare le iniziative dei cristiani e delle altre minoranze, prima attivi in modo separato. Obiettivo principale è la difesa dei gruppi più deboli della popolazione, a partire dai cristiani e dalle altre minoranze perseguitate. Abbiano un centro di pace e armonia, dialoghiamo con leader religiosi. Non abbiamo ancora parlato con il nuovo governo della legge antiblasfemia, ma siamo impegnati a portare alla conoscenza dell’opinione pubblica le accuse false e le conseguenze per le vittime innocenti.
A che punto sono oggi i rapporti tra cristiani e musulmani in Pakistan?
I nostri rapporti con i musulmani devono essere calibrati secondo la realtà dell’islam pachistano, dove vi sono molti favorevoli a tolleranza e dialogo, a anche elementi intolleranti e fanatico. Inoltre, vi sono altri che si dichiarano musulmani ma nella pratica non ne seguono davvero gli insegnamenti e che cercano di piegarlo a diversi interessi, usando anche la violenza. Quello che possiamo fare contro l’ideologia terroristica imperante è un impegno che faccia capire che è un’ideologia erronea, manipolata per scopi politici e prettamente personali.
In che modo il governo in carica, di tendenza islamista moderata, può promuovere un cambiamento?
Questo governo ha il vantaggio di essere forte, di non dovere misurare le alleanze e dipendere anche dal sostegno di forze religiose. Di conseguenza potrebbe essere più incisivo. Penso che, date l’insicurezza, la cattiva situazione economica, l’instabilità politica, tutto il Paese cominci a capire che una delle cose fondamentali è arrivare alla pace, avviando il dialogo tra tutti i gruppi e con quanti sono ancora discriminati. Anche combattendo i violenti che fanno continuamente vittime. A livello ufficiale, non esiste ancora una presa di posizione forte a favore delle minoranze, ma questo può essere solo di stimolo alle loro rappresentanze a premere insieme per ottenere il cambiamento.

 

Stefano Vecchia

Fonte: Bhatti: «Una ingiustizia terribile» | Mondo | www.avvenire.it.

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