Birmania: cambia qualcosa per i cristiani?

E’ in atto un cambiamento in Myanmar, ma la Chiesa ne beneficerà? Tentiamo di rispondere a questa domanda.

In Birmania (Myanmar) sta succedendo qualcosa. I giornali di tutto il mondo ne parlano: a San Suu Kyi, forse la più famosa detenuta del pianeta, andrà uno dei seggi della Camera e per la prima volta entrerà nel Parlamento birmano anche l’opposizione democratica. Gli ultimi 20 anni della vita di questa esile donna birmana non sono stati facili (così come quelli del suo paese). Ben 15 li ha trascorsi agli arresti domiciliari, ha subito attentati, ha perso il marito di cancro e non ha potuto vedere i suoi figli per lunghissimo tempo, tutto questo per combattere con la non-violenza la devastante dittatura militare che, di fatto, ha deturpato la Birmania. Questa sua lunghissima battaglia per la democrazia e i diritti umani le ha portato un Nobel per la pace e l’accostamento a personalità come Mandela e Gandhi. Le succitate elezioni si sono tenute dopo un anno di interessanti cambiamenti nel paese: sono stati rilasciati prigionieri politici, ci sono stati colloqui con ribelli di minoranze etniche (con l’istituzione anche di una nuova Commissione per i Diritti Umani) e si è allentata la censura sui media. Ne parliamo in questa sede, naturalmente, per capire quanto e se questa ventata di democrazia potrà far acquisire ai cristiani birmani maggiore libertà religiosa.

Purtroppo le truppe dell’esercito birmano continuano a fare danni e a vessare anche i cristiani nelle azioni contro gli insorti che si oppongono al regime militare. Anche in questi mesi del 2012, infatti, registriamo la distruzione o il danneggiamento di varie chiese ed edifici, l’uccisione di un cristiano e il ferimento di altri nello stato di Kachin (stato a maggioranza cristiana). La Birmania è uno stato a maggioranza buddista, ma con una presenza cristiana consistente (circa il 9% della popolazione secondo stime, di cui la stragrande maggioranza protestante). I cristiani subiscono pressioni, intolleranze e vera e propria persecuzione sia dalla società che dal regime militare e ad oggi nulla è sostanzialmente cambiato, perciò appare troppo presto per dire se vi sarà un reale cambiamento nelle condizioni dei cristiani birmani.

Intanto il successo di San Suu Kyi (e del suo partito, Lega nazionale per la democrazia) non cambierà gli equilibri in seno al Parlamento, dominato dal partito di governo e con un 25% di seggi riservati ai militari. Tuttavia, quanto sta accadendo è un chiaro segnale politico che qualcosa sta cambiando. Ora la prossima vera sfida saranno le elezioni generali del 2015, dove si assisterà al vero faccia a faccia fra governo e opposizione democratica. Se il processo democratico continuerà, è giusto attendersi un miglioramento delle condizioni delle minoranze e quindi anche dei cristiani.

Fonte: www.porteapeerteitalia.org.

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