Caritas: la crisi in Mali rischia di allargarsi

“La crisi cominciata un anno fa è entrata da alcuni giorni in una fase particolarmente critica. Si apre un nuovo periodo di sofferenza per il popolo maliano, già messo a dura prova. Dalle organizzazioni caritatevoli internazionali, a cominciare dalla Caritas, ci auguriamo un sostegno generoso per aiutarci a dare assistenza al numero crescente di sfollati e rifugiati, curare i feriti e chi combatte al fronte. “Il bisogno di cibo, acqua potabile, kit igienici, medicinali anti-malarici e beni di prima necessità andrà crescendo nelle prossime settimane, anche perché siamo nella stagione fredda e umida, il che complica non poco l’intervento umanitario. Poi siamo in guerra e non sappiamo quanto durerà. Speriamo in un esito felice che porti al respingimento fuori dal territorio maliano di forze islamiche che da un anno a questa parte hanno purtroppo alterato profondamente l’umanesimo africano e la cultura dei maliani fatta di tolleranza, dialogo e serena convivenza interreligiosa”: così inizia l’appello dell’arcivescovo di Bamako e presidente della Caritas dello Stato africano, monsignor Jean Zerbo, raccolto dalla MISNA.

Secondo gli ultimi bilanci forniti dall’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari dell’Onu (Ocha), i civili costretti a trovare riparo nei paesi vicini sono saliti a circa 150.000: 54.100 si trovano in Mauritania, 50.000 in Niger, 38.800 in Burkina Faso e 1500 in Algeria. Il numero degli sfollati interni si attesta sui 230.000. Per rispondere all’emergenza il Pam ha calcolato di aver bisogno di aiuti per almeno 129.000.000 di dollari. La situazione in Mali è incerta e secondo il portavoce Onu, Eduardo del Buey, gli sviluppi armati avrebbero causato almeno 30.000 sfollati, un numero difficile da confermare e che ‘potrebbe essere molto più alto’. Dall’inizio della crisi nel nord del Mali, nel gennaio 2012, almeno 230.000 civili sono stati costretti alla fuga, spostandosi verso altre regioni o varcando i confini con Burkina Faso, Niger e Mauritania. I combattimenti ripresi la scorsa settimana stanno impedendo l’accesso degli operatori umanitari ai 70.000 sfollati interni e sta complicando la consegna di cibo e beni di prima necessità anche ai rifugiati stabiliti nelle zone di confine. Secondo il portavoce dell’Unicef Italia, Andrea Iacomini, la vita di oltre 4.000.000 bambini è a rischio a causa della malnutrizione:

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