Caro Papa, siamo noi i veri «maestri»

Si moltiplicano nei mass-media i «consiglieri» e gli interpreti del Papa – «lui è il gatto, ed io la volpe, stiamo in società / di noi ti puoi fidare!… di noi ti puoi fidar!»

C’è sempre chi vuole insegnare al Papa a fare il Papa. E ci sono gli specialisti: la truppa degli intelligenti, che «sanno». Chissà poi perché – con tutta la loro umiltà (e qui bisogna proprio dire «pelosa») – si pretendono giudici dai giudizi assoluti e insindacabili? Ho letto le ultime trovate di tale Squizzato (e il correttore automatico di Word mi suggerisce sempre «Schizzato») che, su Micro(cefalo)Mega(sciocchezze), indica la nuova era della Chiesa, inaugurata dal Papa Bergoglio.

Ecco alcune chicche: «Chi possiede il metro giusto per valutare idee, visioni del mondo, scelte etiche e politiche? [ovvio, non la chiesa, ma Schizzato]. Non dovrebbe esserci bisogno di ricordare che fu proprio il relativismo a por fine alle guerre di religione in Europa e che senza relativismo non c’è democrazia [soprattutto quella delle società del socialismo realizzato, con i gulag e gli inferni di schiavitù infinitamente più gravi di ogni «inquisizione» cristiana]. La questione è davvero epocale per la Chiesa (le tante chiese!) di Cristo perché anche tralasciando la discussione storico-filosofica-etica sul relativismo basta prendere alla lettera l’affermazione di Francesco e chiedere alla Chiesa di metterla in pratica. Se è vero infatti che nessuno può assumere la propria verità e le proprie convinzioni come misura di se stesso (e delle relazioni con gli altri), questo deve valere anche per la Chiesa [ecco, qui sta la questione: al macero la Rivelazione, gli insegnamenti del Maestro «via, verità e vita» e adeguamento al pensiero del mondo, magari assumendo qualche grembiulino, unica forma di liturgia permessa]. E anche questa è una povertà alla quale i cristiani (a cominciare dal papa) si debbono convertire: rinunciare a farsi misura assoluta di ciò che è bene e di ciò che è male (nelle relazioni personali, matrimoniali, sociali, nel rapporto fra il singolo e la propria malattia e anche la propria morte, ecc.) [giusto, lasciamo ai competenti, agli illuminati, al potere di decidere per noi: Englaro e compagnia bella insegnano…].
Imparare ad accettare che tutto può essere messo in discussione [beh, tutto proprio no: teniamo almeno la saggezza dei Micro… che non accettano molto volentieri di essere messi in discussione, perché – loro sì! – hanno la verità in tasca], a cominciare dalla nostre certezze morali, dalle nostre dottrine sull’uomo e sulla società, dalle nostre consuetudini: non per diventare diversi da ciò che siamo ma per non obbligare gli altri a diventare identici a noi. E’ la questione dei “principi non negoziabili”: che tali possono anche essere, in una certa misura e con moderazione, dentro la comunità cristiana, ma che non possono e non devono essere imposti a tutta la comunità civile con gli strumenti dell’interferenza politica, del ricatto morale, dell’egemonia culturale sui più deboli [ops, dimenticavo, la democrazia è tale se conferma le scelte e le opinioni degli «intelligenti», se no è cedimento al ricatto della chiesa, dei vescovi, delle lobbies oscurantiste. Il popolo, se non è educato dai sapienti di turno, lo sappiamo, è sempre «bue»]. Imparerà la Chiesa (anzitutto in Italia) a non pretendere che la “sua” verità sia imposta come verità a tutti (se serve anche facendo fallire un referendum, come riuscì a Ruini obbligando i credenti a far mancare il quorum dei votanti a quello sulla procreazione assistita)? [Ruini, che potenza! Potresti portare la tua capacità di convinzione nelle file degli illuminati: alleati col progresso, sarai ricompensato con onori e citazioni. Comunque, svelaci la tua ricetta per ottenere il consenso; ci servirebbe ora con tanti Grillini intorno. Magari suggeriscici come convincere questo popolo a scegliere il giusto presidente della Repubblica. In ogni caso, caro Ruini, a noi non serve la Chiesa, ci bastano le indicazioni delle istituzioni europee, che riescono a ottenere quello che ad altri risulta impossibile]. Non vogliamo chiamarlo “relativismo” perché la parola ci spaventa? Ma almeno impariamo a chiamarlo “relatività” [E=mc2, grazie Einstein, ci permetti di essere al passo con i tempi. La scienza non ci fa più paura!] delle diverse opzioni culturali ed etiche, rinunciando ad ogni forma, pur garbata, di assolutismo religioso, dogmatico e anche etico perché sono proprio gli assolutismi a minare alla base la pace fra gli uomini (di buona volontà) di tutti gli orientamenti. [Amen!]

Ancora una volta dichiariamo che questi suggerimenti non ci interessano: abbiamo imparato dalla Chiesa, e ora da questo grande Papa, che Cristo non è merce di scambio, e che la Chiesa è dotata di «infallibilità». Ed ha un compito, che non può stravolgere: Bergoglio l’ha chiamata «evangelizzazione». Con queste parole: «Si è fatto riferimento all’evangelizzazione. È la ragion d’essere della Chiesa. “La dolce e confortante gioia di evangelizzare” (Paolo VI). È lo stesso Gesù Cristo che, da dentro, ci spinge.
Evangelizzare implica zelo apostolico. Evangelizzare presuppone nella Chiesa la “parresìa” di uscire da se stessa. La Chiesa è chiamata a uscire da se stessa e ad andare verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali: quelle del mistero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, quelle dell’ignoranza e dell’assenza di fede, quelle del pensiero, quelle di ogni forma di miseria.»

È quello che ci basta!

Fonte: Caro Papa, siamo noi i veri «maestri».

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