Caso Allam, il suicidio del giornalismo | La Nuova Bussola Quotidiana

di Riccardo Cascioli  29-08-2014

Vergogna, scandalo, ma soprattutto suicidio. Suicidio culturale, suicidio giuridico, suicidio di una civiltà. È questa la prospettiva con cui va letta l’incredibile vicenda del “processo” a Magdi Cristiano Allam per “islamofobia” da parte dell’Ordine nazionale dei Giornalisti. In breve il fatto: nel giugno 2012 l’associazione Media&Diritto presenta un esposto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio per alcuni articoli pubblicati da Magdi Cristiano Allam su Il Giornale tra il 22 aprile e il 5 dicembre 2011 che, secondo l’accusa, sarebbero stati «caratterizzati da islamofobia, in contrasto con quanto stabilito dalla Costituzione italiana all’articolo 19 primo comma e dalla Carta dei doveri del giornalista».

Le frasi contestate sono in tutto nove («Difendiamo le figlie dei musulmani o saremo complici», «L’Occidente impari dall’Egitto: con l’islam non c’è democrazia», sono solo due esempi). Peraltro l’articolo 19 della Costituzione è quello che afferma che «Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume». E chi ha messo mai in discussione questo diritto?

Infatti l’Ordine del Lazio nel dicembre 2013 archivia il caso, per l’evidente insussistenza del fatto. Ma il 19 febbraio 2014 la stessa associazione presenta ricorso e il caso arriva così al Consiglio di disciplina nazionale che, incredibilmente, il 1° agosto accoglie il ricorso, così che ora si andrà al processo.

Magdi Cristiano Allam «islamofobo»: ridicolo e vergognoso. Come lui stesso ha scritto ieri sul Giornale, lo si potrà accusare di tante cose ma non certo di paura irrazionale dell’islam (se di fobìa vogliamo parlare). Di quale paura irrazionale può essere accusato chi è stato «musulmano per 56 anni, nato e vissuto per i primi venti anni in un Paese a maggioranza islamica, conoscendo adeguatamente la lingua araba, avendo gli strumenti culturali per immedesimarmi nel loro vissuto»?

Non solo, Allam in tanti anni di giornalismo non ha soltanto messo in guardia da moschee e imam trasformate in centri di propagazione dell’odio contro l’Occidente (contribuendo anche all’espulsione di alcuni imam), ma ha anche valorizzato quelle espressioni dell’islam “moderato” che, anche grazie a lui, hanno potuto cominciare ad esprimersi.

Ma per l’Ordine dei Giornalisti raccontare la realtà, esercitare il diritto di opinione nel commentare tragici fatti di cronaca, evidentemente va contro l’etica professionale. Proprio in questi giorni stiamo facendo i conti con decine di nostri connazionali partiti per combattere la guerra santa in Iraq e Siria; la Procura di Venezia indaga almeno su cinque estremisti islamici che in Veneto reclutavano volontari da spedire in Siria; c’è un allarme che riguarda tutta l’Europa e ci sono report di infiltrazioni estremiste anche tra i migranti che sbarcano sulle coste della Sicilia. Sarebbe normale, ovvio, cercare di spiegare cosa sta accadendo, come mai accade e chi si muove dietro al fondamentalismo. Non per generare paure irrazionali, ma proprio per capire e anche prendere contromisure, per non fare di ogni erba un fascio. E dovrebbero essere gli stessi musulmani in Italia (sono un milione e mezzo) ad aiutare a isolare le frange estremiste. E invece ecco che le associazioni islamiche vogliono chiudere la bocca ai giornalisti.

Per capire la “filosofia” che guida certe iniziative ecco la dichiarazione dell’imam di Firenze Izzedin Elzir: «I media hanno una grande responsabilità nel fornire elementi di comprensione e creare un clima pacifico di convivenza fra culture e religioni diverse. Noi rispettiamo e diamo valore alla libertà di opinione che è sancita dalla nostra costituzione, accettiamo quindi le opinioni di tutti anche se sono distanti dalle nostre. Non accettiamo però che si scrivano menzogne e che attraverso un organo di stampa si inneggi all’islamofobia». Tradotto: i giornalisti parlino solo bene dell’islam e dei musulmani, altrimenti sono “islamofobi” (termine peraltro inventato ad uso di propaganda, che non ha alcun fondamento giuridico esattamente come l’omofobia).

Ma la cosa più grave non è l’attività di queste associazioni islamiche, è la risposta dell’Ordine dei Giornalisti che, invece di reagire con durezza, gli dà addirittura ragione. È lo stesso atteggiamento che – come abbiamo scritto ieri – ha portato in una città dell’Inghilterra a tollerare per 15 anni violenze sessuali di ogni tipo a danno di migliaia di bambini e ragazzi per paura che una eventuale denuncia facesse scattare accuse di razzismo e islamofobia.

Anche noi siamo su questa strada: quale giornalista si sentirà incentivato a fare il proprio mestiere raccontando la verità su certe comunità islamiche sapendo che per questo rischierà la sospensione dall’Ordine dei Giornalisti e anche sanzioni penali e pecuniarie (di giudici zelanti per il politicamente corretto è piena l’Italia)?

Molto meglio sparare sul Papa e sulla Chiesa cattolica, che tanto non si rischia nulla. In questi anni si è detto di tutto su Papi, vescovi e gruppi ecclesiali: commenti velenosi e notizie inventate, accuse di ogni genere e spettacoli blasfemi, sacerdoti accusati dei peggiori misfatti – con il contributo di giornalisti – e poi risultati innocenti. Mai qualcuno è stato, non dico portato in tribunale, ma almeno segnalato al Consiglio di disciplina dell’Ordine dei Giornalisti? Mai.

Fatto sta che oggi il pericolo più grave per il nostro paese, per l’Europa, non viene neanche dal fondamentalismo islamico per quanto minaccioso esso sia. Il pericolo mortale è in questo nulla che esprime la nostra (non) cultura, questo odio di noi stessi che ci porta ad avere paura di tutto e di tutti, questa tendenza al suicidio culturale che spalanca le porte a qualsiasi invasore e favorisce e incentiva qualsiasi violenza. Si comincia con il non parlare del Natale a scuola per rispetto delle minoranze e si finisce con l’applaudire alle decapitazioni degli infedeli e con l’approvazione della sharia in Europa. È ciò a cui stiamo assistendo.

E l’Ordine dei Giornalisti, tristemente e vergognosamente, è lì davanti a segnare la strada.

Fonte: Caso Allam, il suicidio del giornalismo.

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