Cassazione: figli a coppie gay | Tempi.it

gennaio 12, 2013 Luigi Amicone

L’ultimo caso è quello della Cassazione che ha deciso che si può affidare un figlio a due lesbiche. Ma, in Italia, vale su tutto. Ecco perché la riforma della giustizia è la più importante.

La sentenza n. 601 della Suprema Corte di Cassazione ha confermato l’affidamento esclusivo di un bimbo alla madre convivente con un’altra donna. Il padre del bambino reclamava l’affido per sé, contestando «l’idoneità sotto il profilo educativo della famiglia composta da due donne legate da una relazione omosessuale» in cui il minore era stato inserito.
I giudici hanno respinto il ricorso paterno affermando che «alla base della doglianza del ricorrente non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza», ma solo «il mero pregiudizio che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale». In tal modo, dice la Suprema Corte, «si dà per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino»

Dunque, anche in Italia viene rimosso l’ostacolo all’adozione di bambini da parte delle coppie gay. La Cassazione rappresenta infatti il vertice della giurisdizione ordinaria. La sua funzione è quella di orientare la giurisprudenza. Assicurando, tra l’altro, «l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale». Questa sentenza perciò farà “scuola”.
Ora, qualunque opinione si abbia pro o contro le adozioni gay, non è singolare che, ancora una volta, si debba registrare la prevalenza e lo sconfinamento del potere giudiziario rispetto a Governo e Parlamento ai quali la Costituzione italiana attribuisce la prerogativa di legiferare?
Di fatto, in Italia giudici governano e legiferano più del Governo e Parlamento. Possono modificare le leggi a loro piacimento, aggirando così la Costituzione. È successo con la Legge 40, dove un referendum popolare ha incontrato l’insormontabile opposizione nelle sentenze di giudici ordinari. Ed è successo con Eluana Englaro, dove l’interpretazione di una corte di Milano ha anticipato di fatto le linee di una legge sul fine vita sbilanciata sull’eutanasia.

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