«Signor investigatore, il maggior dono dell’uomo – dopo Dio, la salvezza dell’anima e la fede – è la libertà. La desidero anch’io, come ogni essere di questo mondo, più della stessa vita. Capirà che, se non accetto le sue condizioni per essere liberato, vuol dire che ho qualcosa cui tengo più della vita: la fede in Dio! Io so che la mia sorte è legata a quella della mia Chiesa. Fino a che la Chiesa non sarà libera, neppure io lo sarò, e sopporterò con gioia tale privazione, che è più dura della morte».
Colui che pronunciava queste parole aveva già assaporato il gusto mortifero e amaro delle prigioni della Romania comunista. Monsignor Ioan Ploscaru ha trascorso 14 anni nelle mani della Securitate, la polizia segreta del regime di Bucarest: privazioni, insulti, percosse, torture, inganni. Sostenuto sempre, però, da una fede cristiana e da una fiducia cristalline. Per la prima volta Ploscaru venne fermato il 29 agosto 1949; era vescovo ausiliare greco-cattolico di Lugoj dal 30 novembre dell’anno prima. Il giorno seguente il regime avrebbe messo fuori legge la Chiesa cattolica di rito bizantino (causando «un terrore che assomigliava a quello delle catacombe dei primi cristiani»). Motivo: questa comunità era colpevole dei suoi legami con il Vaticano, ma restava indomita nel non volersi unificare in maniera forzata con la Chiesa ortodossa. Ploscaru, rimesso in libertà nel 1955, venne rinchiuso di nuovo l’anno seguente. Subì una condanna a 39 anni complessivi di reclusione e lavori forzati per «tradimento della patria», «istigazione al tradimento della patria», «tentativo di tradimento della patria», «cospirazione contro l’ordine sociale». Fuor di linguaggio carcerario: «A tutti noi, sacerdoti e vescovi greco-cattolici, fu offerta la libertà in cambio del passaggio alla Chiesa ortodossa. A me personalmente proposero diverse volte questo scambio, fin dal mio arresto. Ma non si può patteggiare con la propria coscienza». En passant, la Chiesa greco-cattolica romena conta numerosi martiri per la fede, ad esempio i vescovi Afenie, Frentiu, Suciu, Chinezu, Balan e il cardinal Hossu.
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