Centrafrica, appello per la pace dei cristiani ma la guerra continua – Vatican Insider

L’Arcivescovo di Bangui guida una delegazione in visita nella diocesi di Bangassou, fra villaggi dati alle fiamme e gruppi di autodifesa

Davide Demichelis

Rompere l’indifferenza: è questo l’obiettivo dell’appello di Bangui, sottoscritto dalle chiese protestanti e cattolica della Repubblica Centrafricana. Il messaggio è indirizzato prima di tutto ai cristiani, al fine di favorire la coabitazione con i musulmani: “I diversi gruppi religiosi, convissuti pacificamente per secoli, vogliono continuare a portare la pace nel nostro Paese”.
Il documento auspica anche “un intervento della comunità internazionale, per garantire la sicurezza nella capitale e nell’entroterra del Paese”. In varie zone si continuano a registrare violenti scontri: almeno trenta morti nel nord ovest e dodici nella zona di Bangassou, vicino al confine con la Repubblica Democratica del Congo. In molti villaggi poi, si sono costituiti dei veri e propri comitati di autodifesa, che in occasione di attacchi e scontri armati si sono interposti fra la popolazione civile e gli uomini di Seleka (le milizie che appoggiano il governo salito al potere nel marzo scorso, in seguito ad un colpo di Stato).

A metà settembre una delegazione guidata dall’Arcivescovo di Bangui, Dieudonné Nzapalainga, si è recata in missione nel nord del Paese: “La situazione continua ad essere caotica fra Bossangoa e Bouca”, denuncia il rapporto stilato al rientro. In città le violenze sono scoppiate il sei settembre, con l’omicidio di un imam e dei suoi quattro figli. L’Arcivescovo ha lanciato un appello al governo: “Si assuma le sue responsabilità nel rispetto dei diritti dell’uomo e garantisca la libera circolazione in tutto il territorio nazionale”.

Nonostante gli impegni presi dai soldati della Seleka e dai leader religiosi, la situazione nella zona di Bossangoa resta molto critica. Gli scontri armati si sono susseguiti durante tutto il periodo della visita guidata da monsignor Nzapalainga. Nel rapporto i membri della missione riportano un lungo elenco di villaggi abbandonati, dodici per la precisione: “Nell’ultimo, Ndow Kette, più di cinquanta case erano bruciate”.
L’obiettivo del viaggio era incontrare la popolazione civile per  promuovere il dialogo, anche con le autorità. Fra riunioni, incontri e celebrazioni, la delegazione ha comunque registrato che i molti “atti di violenza perpetrati ai danni dei non musulmani creano delle tensioni comunitarie sempre più forti, che abbiamo percepito in tutte le città ed i villaggi dove siamo passati. Fortunatamente i leader religiosi lavorano incessantemente per calmare le tensioni”.

Mancano i farmaci. Molti dispensari, farmacie ed ospedali sono stati saccheggiati. In varie zone si rischia anche la fame, le scorte di cibo si stanno assottigliando mentre i campi ed il bestiame sono oggetto di razzie e le donne non possono più recarsi nei terreni di campagna dove hanno sempre lavorato, sarebbe troppo pericoloso.

La delegazione guidata dall’Arcivescovo di Bangui è stata scortata lungo tutto il viaggio dai soldati della Fomac, la forza multinazionale impegnata in Centrafrica. Il rapporto comunque si conclude con una nota di speranza: “La nostra missione a Bossangoa è andata bene, nonostante le condizioni di sicurezza molto preoccupanti”.

Fonte: Centrafrica, appello per la pace dei cristiani ma la guerra continua – Vatican Insider.

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