Centro Cattolico di Documentazione di Marina di Pisa – Che fine hanno fatto i cristiani del Caucaso?

Vita e Pensiero n.4 luglio-agosto 2014


Fra esodi e ritorni, persecuzioni e tentativi di resistenza, la vicenda degli Assiro-Caldei è ancora sconosciuta in Occidente. Ma qualcosa si sta muovendo per un recupero della memoria, una rinascita delle comunità e un’unità fra le Chiese.


Claire e Joseph Yacoub

Nel centenario della Prima guerra mondiale e del genocidio armeno e assiro-caldeo del 1915, chi conosce l’esistenza degli Assiro-Caldei del Caucaso vittime di quella tragica storia? Chi è a conoscenza del fatto che gli Assiro-Caldei, Cristiani della Chiesa d’Oriente detta nestonana, conosciuti dai russi con il nome di Aissor, parlano ancora oggi l’aramaico, la lingua di Cristo, in regioni caucasiche di grande fascino?

Quando si parla di Assiro-Caldei si pensa immediatamente all’Iraq, alla Turchia, all’Iran, alla Siria, al Libano e alla diaspora. La destinazione russa e caucasica (Geòrgia, Armenia, Azerbaijan, Caucaso del nord), invece, è largamente sconosciuta, e ancor meno lo sono i legami con i russi e la Chiesa ortodossa. Eppure, questa pagina di storia, per molti aspetti dolorosa e largamente rimossa, merita di essere chiarita.

Vivendo alla periferia degli imperi turco e persiano, in un ambiente ostile sconvolto dalle guerre e in uno stato di costante insicurezza e indigenza economica, gli Assiro-Caldei cercarono protezione in vista di un futuro migliore. La trovarono presso i russi. A partire dal 1770 legarono infatti il loro destino alla Russia, potenza cristiana e Paese a loro così vicino. Questo spiega la facilità con la quale, secondo le circostanze politiche, a partire dal 1830 molti passarono all’ortodossia.

La loro presenza in questa regione era visibile al punto che fu notata da diversi viaggiatori occidentali, come il polacco Jan Potocki, gli inglesi Eli Smith e Harisson G.O. Dwight, i francesi Ernest Chantre, Paul Mùller Simonie e Henry Hyvernat.

Una successione di guerre e trattati.Dopo sei guerre, quattro con l’impero ottomano e due con la Persia, tra il 1774 e il 1878, la Russia siglò con questi Paesi alcuni trattati. Motivate da spirito di conquista, quelle guerre produssero effetti consistenti nell’esodo degli Assiro-Caldei in Russia e nel Caucaso. Una migrazione che sarà ancor più visibile e continua dopo i trattati di Turkmenchay (1828) e Adrianopoli (1829). Si era ormai aperta la strada verso i territori russi, dove molti si stabilirono definitivamente. Nello stesso periodo, missionari occidentali di ogni obbedienza cominciarono progressivamente a insediarsi nelle loro zone in Iran, a Urmia e Salmas, e in Turchia. Saranno testimoni oculari del loro esodo.

Nel 1859 i missionari lazzaristi stimano che nel villaggio di Siacout, a sud di Erevan (Armenia), ci siano 30 famiglie caldee cattoliche e un prete. Nel 1872 il numero di migranti è aumentato. I documenti dei lazzaristi lo mostrano: «Ogni anno l’emigrazione è di grande entità. Tutte le primavere diverse migliaia di cristiani si dirigono in Russia per guadagnare qualcosa nel corso dell’estate e tornano in autunno».

La colonia assira residente a Tiflis (Tbilisi) nel 1898 contava più di 2000 persone. Alcuni Assiro-Caldei si insediarono a Batumi e a Odessa, sul Mar Nero, dove formarono delle colonie a partire dal 1902, al punto che il lazzarista Paul Darbois suggeriva, per contrastare la propaganda ortodossa russa, la pubblicazione di qualche testo elementare in cirillico. Lo stesso padre Darbois scrive che ogni anno, a partire dalla primavera, dalla piana di Urmia «circa 5000 cristiani, generalmente i più robusti, lasciano il Paese e si dirigono al di là dell’Aras per guadagnare qualche soldo per l’inverno, che passeranno di nuovo a casa».

Anche il 1906 vide una migrazione dai numeri senza precedenti. Nel solo Kuban nel 1920 si contavano circa 25.000 rifugiati Assiri, di cui 15.000 scesi dalle montagne e 10.000 provenienti da Urmia o Salmas.

I migranti erano contadini poveri, adepti della Chiesa d’Oriente, un tempo potente e ora in declino, che vivevano in uno stato di miseria fisica e avvilimento intellettuale. Stabilitisi lungo i confini dei due imperi, in regioni molto contese, la loro migrazione era legata all’espansione territoriale russa. Per questo motivo con il succedersi degli eventi giunsero in Russia, in Armenia, in Geòrgia e in Azerbaijan sempre in cerca di un impiego, o di migliori condizioni di lavoro, di vita, di maggiore stabilità. Gli uomini erano impiegati in lavori stagionali, giornalieri, come costruttori di strade o ferrovie, falegnami, carpentieri, facchini, muratori, calzolai, lustrascarpe, vetturini, portatori d’acqua, imbianchini o affrescatori, operai agricoli… Quanto alle donne, erano in gran parte lavandaie, guardarobiere o ricamatrici.

I massacri del 1915. . Detto questo, non c’erano solo motivi economici alla base della loro migrazione, in particolare quella del 1915. Nel 1915 la sorte degli Assiro-Caldei fu strettamente legata a quella più generale degli Armeni. Nella coscienza europea il 1915 rimanda al genocidio armeno, ma c’è anche il genocidio degli Assiro-Caldei. Numerosi sono i documenti, le testimonianze e i rapporti che testimoniano quel calvario. In particolare possiamo citare il Blue Book britannico del 1916, compilato dallo storico Arnold Toynbee, nel quale circa 21 documenti riferiscono delle atrocità commesse su questo popolo. Possiamo citare anche il libro dell’abate Joseph Naayem, Les Assyro-Chaldéens et les Armeniens massacrées par les Turcs, pubblicato a Parigi nel 1920. Libro tradotto in inglese, a New York, con il titolo Shall This Nation Die?, e poi anche in arabo, nel 2006 in Iraq.

Nella coscienza assiro-caldea il 1915 è un condensato di sofferenze. In migliaia furono passati a fil di spada, violentati, rapiti, deportati, convertiti a forza all’islam o costretti a un esilio che troppo spesso significava la morte. Quell’anno, detto della spada (seyfo), ossessiona ancora oggi la loro memoria e rappresenta un punto di svolta nella loro migrazione.

Nuovo esodo nel 1918.La rivoluzione bolscevica del 1917 impone il ritiro dei militari russi da tutti i fronti. Ancora una volta gli Assiro-Caldei si trovano isolati e in balia delle truppe turco-curde. Dopo qualche mese di accanita resistenza presso Urmia, il 31 luglio 1918, nel panico generale, comincia il massiccio esodo dei cristiani. Più di 20.000 Assiro-Caldei troveranno di nuovo rifugio in Russia; altri, nella più totale disorganizzazione, si dirigeranno verso sud. Più della metà persero la vita sulla strada. Dei circa 16.000 cristiani restati a Urmia, molti, compresi alcuni sacerdoti e missionari, vennero massacrati. Tra loro monsignor Jacques-Emile Sontag, lazzarista e delegato apostolico, e il vescovo caldeo Thomas Audo insieme ai suoi sacerdoti. I Turchi rapirono molte donne e bambini.

II documento consegnato dal sacerdote caldeo Lazare George di Khosrava a Joseph Naayem ci informa sul numero di rifugiati stabilitisi nel Caucaso dopo quest’ultimo esodo: «20.000 were in the Caucasus, that is to say, 7000 at Tiflis [Tbilisi], 5000 in the surrounding villages as far as Koutai’s, 2000 at Elisabetpol, 6000 in the villages of Erevan. Ali these refugees were from Urmia and Salmas and from thè mountains of Turkey. More than 30.000 found refuge in the north of the Caucasus at Vladicaucasus, Armavir, Rostow, Novorossisk and Ekatherinadar».

In quelle terre si appropriarono progressivamente di spazi che ricordavano i loro Paesi d’origine. Fondarono villaggi, costruirono edifici e luoghi di culto i cui nomi, l’architettura e le decorazioni evocavano ampiamente le tradizioni e i villaggi abbandonati in Turchia o in Iran.

NASCITA DEGLI STATI-NAZIONE

Crollo dell’Urss. A partire dal 1921 il bolscevismo si è ormai imposto, e questo fino al 1989, alba di una nuova era. Per gli Assiro-Caldei del Caucaso e della Russia ciò significò non aver più scelta. Le loro chiese vennero chiuse, le libertà represse. Durante il terrore staliniano subirono una repressione feroce e diversi tra loro furono deportati in Siberia. Una pagina della loro storia che resta ancora oggi largamente sconosciuta. Come si vede gli Assiro-Caldei hanno integralmente conosciuto la Russia zarista, l’Urss comunista, il suo smantellamento e le Repubbliche indipendenti.

Con la dissoluzione dell’Urss, e dopo che le Repubbliche del Caucaso hanno riscoperto la loro indipendenza, l’attenzione si è spostata su quelle minoranze ed etnie che, visto il dilagare dell’ondata di nazionalismo, cominciavano a preoccuparsi per il loro futuro. Spesso però si ignora che tra le molteplici nazionalità che popolano il Caucaso ci sono anche gli Assiro-Caldei. Conosciuti dai Russi e dai popoli caucasici, sono riconosciuti quale minoranza nazionale (Narod)

Gli Assiro-Caldei si stabilirono nelle numerose città dell’ex Unione Sovietica e in diversi villaggi. Oggi vivono nelle grandi città della Transcaucasia (Tbilisi, Erevan…) e in una quindicina di villaggi; ma anche in colonie nel Nord-Caucaso russo, nella stessa Russia, in Ucraina e in Kazakhistan. Li si ritrova praticamente in tutto lo spazio ex-sovietico. Tbilisi, in quanto città cosmopolita e centro nevralgico del Caucaso, offriva loro possibilità di lavoro e apertura al mondo, per questo fu scelta quale destinazione privilegiata.

Il loro insediamento in queste regioni si distingue in particolare per un processo di conversione all’ortodossia russa, i cui primi segnali risalgono agli anni Venti del XIX secolo e spiegano i legami particolari, talvolta conflittuali, con la Chiesa ortodossa in un territorio considerato “canonicamente” come ortodosso. Il fattore ortodossia è stato quindi determinante, considerando che, malgrado la parentesi sovietica, durante la quale il religioso conobbe un’interruzione forzata, esso non ha mai smesso, nemmeno con il ritorno delle libertà negli anni Novanta, di pesare sul destino degli Assiri.

Il periodo attuale, iniziato a partire dal 1990 con le indipendenze caucasiche, ha visto il ritorno in forza degli Stati-nazione, insieme a ciò che questo implica nella percezione del futuro per le minoranze.

Dove e quanti sono oggi?Sono numerosi in Russia, a Mosca (3000) e a San Pietroburgo (circa 2000 e la cui presenza risale al XIX secolo), a Volgograd, Tuia, Jaroslavl, Smolensk, Vladimir, Ivanovo, Kostroma, a Novopavlovsk (regione di Stavropol’), a Vladikavkaz, a Novorossijsk (regione di Krasnodar), a Voronez, Kursk, Oryol, Saratov, Taganrog, Groznyj, Gorki, Sverdlovsk, Penza, Perm, Maykop, Pjatigorsk, Ar-mavir (distretto di Kuban), a Novocherkassk (regione di Rostov), nel Tatarstan (Kazan)… Gli Assiri sono numerosi anche in Ucraina. Sono a Kiev, Vinnica [Vinnycja], Charkiv, Donetsk, Odessa, Kirovohrad, Leopoli, Poltava, Dnipropetrovsk, Zhdanov, Krivoj Rog [Kryvyi RihJ, Gorlovka [Horlivka], Kakhovka, Zaporizhia. In Bielorussia, sono a Minsk, in Asia centrale nel Kazakhistan a Almaty (50 famiglie), a Tashkent, a Askhabad…

Nell’insieme della Transcaucasia, della Ciscaucasia (Nord Caucaso) e della Russia, il loro numero raddoppia, se non di più. I censimenti ufficiali dopo il 1867 non sempre però riflettono la realtà. Alcuni stimano 30.000, altri oltre i 50.000, aggiungendovi i Paesi dell’ex Unione Sovietica. Nel 1987 il giornalista assiro Iliya Lazar proponeva la cifra di 100.000, insistendo sull’importanza della popolazione nei villaggi e nelle numerose città. La cifra può non essere eccessiva, se si considerano i matrimoni misti in aumento, coloro che semplicemente dichiarano una nazionalità diversa, russa in particolare, e in ragione delle conversioni all’ortodossia – elemento non privo di conseguenze sull’identità nazionale.

A questo proposito, il censimento del 1989, l’ultimo prima della dissoluzione dell’Urss, fornisce la cifra ufficiale di 26.160 Assiri sull’insieme del territorio sovietico. A seconda delle Repubbliche, erano così ripartiti: Russia: 9622, Geòrgia: 6206, Armenia: 5963, Azerbaijan: 646, Ucraina: 2759, Bielorussia: 163, Moldavia: 27, Kazakhistan: 472, Uzbekistan: 186, Kirghizistan: 18, Tajildstan: 28, Turkmenistan: 39. Sono poi stati fatti ulteriori censimenti ufficiali, in particolare: in Geòrgia nel 2002 (32.99 Assiri), in Armenia nel 2001 (3409 Assiri) e nel 2011 (2769 Assiri), in Russia nel 2002 (13.649 Assiri) e in Ucraina nel 2001 (3143 Assiri). Nel 2008, l’Assyrian International News Agency (Aina) pubblica, a sua volta, delle stime sul numero effettivo degli Assiri in Russia (70.000), in Geòrgia (15.000), in Armenia (15.000) e in Azerbaijan (1.400).

Un tempo si contavano più di 20.000 Assiri residenti in Azerbaijan, in particolare nei villaggi di Khanlar e di Shamokor e a Baku. La maggior parte di loro, ormai, si è stabilita nella regione di Krasnodar, nel Caucaso del nord. Non è semplice elaborare delle statistiche globali su una popolazione sempre in movimento e talvolta restia a dichiararsi assira nelle schede del censimento. Molto probabilmente le cifre esatte stanno tra quelle pubblicate dagli Stati e quelle raccolte dall’agenzia assira.

Dal 1990, alle prese con gli stessi problemi economici e di sicurezza di tutta la popolazione caucasica, si è assistito a un’emigrazione dalle Repubbliche del Caucaso verso la Russia e l’Ucraina. Un’emigrazione che ha avuto come effetto quello di accrescere la già numerosa popolazione assira in Russia. Comunque sia, quella cui assistiamo oggi è una rinascita al tempo stesso culturale, identitaria e religiosa che comporterà necessariamente conseguenze sui dati statistici. Prendiamo l’esempio della Geòrgia e dell’Armenia.

II CASO DELLA GEÒRGIA

Il loro status. La Chiesa georgiana aveva perso la sua libertà dal 1811 al 1917 e i suoi esarchi erano sempre stati russi, tranne il primo che era georgiano. Dal 19 novembre 1943 la Chiesa ortodossa di Geòrgia è riconosciuta come autocefala dal patriarca di Mosca. Il Santo Sinodo del patriarcato ecumenico a Costantinopoli, il 23 gennaio 1990, ha poi preso la decisione di accordarle l’autocefalia. Oggi questa Chiesa ha quindi proclamato e riaffermato la propria autocefalia riuscendo a imporsi con più forza al potere georgiano

II 14 ottobre 2002 è stato ufficialmente firmato un accordo costituzionale tra lo Stato georgiano e la Chiesa ortodossa di Geòrgia. Visti i privilegi accordati alla Chiesa georgiana ortodossa, quali sono le conseguenze sulle minoranze religiose non georgiane? Hanno lo status di Ong. A causa delle vive proteste della Chiesa ortodossa di Geòrgia, nel settembre 2003 non è stato possibile firmare un accordo tra lo Stato georgiano e il Vaticano. Il 13 luglio 2003 è stato però emanato un nuovo emendamento al Codice civile georgiano, il quale stipula che le minoranze religiose “storiche” possono essere considerate come personalità giuridiche pubbliche. Tale emendamento prevede l’attribuzione dello status di persona giuridica a cinque organizzazioni religiose, tra le quali la diocesi della Chiesa apostolica armena di Geòrgia. A questo punto la questione che si pone è la seguente: la Chiesa d’Oriente può essere considerata come una “minoranza storica”?

Sul piano politico, la Geòrgia ha ratificato la convenzione-quadro del Consiglio d’Europa per la protezione delle minoranze nazionali, così come la carta europea dell’autonomia locale. Non ha però firmato la carta europea delle lingue regionali o minoritarie. Anche per quel che riguarda l’aramaico, sarebbe auspicabile che essa passi da lingua liturgica a lingua a carattere civile, e quindi insegnata.

A Tbilisi e altre città, Gardabani e Randa. Per gli Assiro-Caldei Tbilisi fu al tempo stesso un luogo di passaggio, di insediamento e di emigrazione. All’inizio vi si recavano come lavoratori stagionali, poi, progressivamente, vi si stabilirono con le loro famiglie. Negli anni Ottanta del XIX secolo si è assistito a un incremento dell’emigrazione verso il Caucaso, parallelamente a quella verso gli Stati Uniti, il Canada e l’America Latina. Un flusso importante, che del resto caratterizza l’insieme della cristianità orientale.

Se nel 1850 i lavoratori stagionali rappresentavano la grande maggioranza, nel 1899 saranno più di 1600 le famiglie di diverse religioni (caldee, nestoriane, ortodosse) insediatesi, in particolare, nel quartiere di Vera e a Koukia. L’esodo del 1915 non fa che incrementare questo numero spingendo gli Assiro-Caldei a organizzarsi. Comincia a diffondersi un’intensa vita associativa e intellettuale.

Dal punto di vista religioso, numerosi sono gli Assiri passati alla Chiesa ortodossa. Intorno al 1880 nella chiesa di San Tomaso di Tbilisi, chiamata anche la chiesa degli Ai’ssor [Assiri], presta il proprio servizio il sacerdote ortodosso David Gurgenidze. Eppure, specie a partire dal 1915, alcuni si recano nella chiesa cattolica di Pietro e Paolo, dove esercitano il loro ministero sacerdoti caldei. Si tratta di sacerdoti quali padre Mirza, padre Abraham Goza e padre Lazare Georges e, a partire dal 1920, padre Stéphane Guiwaiguis, la cui memoria è onorata ancora oggi sia dai cattolici latini sia dagli Assiro-Caldei.

Nel 1937 la repressione staliniana pone un freno brutale a questa vita associativa, culturale e religiosa. Intellettuali, insegnanti e molti altri membri della comunità vengono deportati. Vengono chiuse le chiese, alcune addirittura bruciate. Solo dopo il 1950 muoverà i primi passi un rinnovamento culturale, associativo e letterario, tanto che a Tbilisi sarebbero ancora oggi circa 2500, con personalità quali David Adamov a promuovere nuove associazioni. Gli Assiro-Caldei sono presenti anche in altre città, come Kutasi, Batumi, Senaki, Zugdidi, Akhaltsikhe, oppure Zestaponi. Secondo la Chiesa d’Oriente ci sarebbero 50 famiglie a Kutaisi e Senaki, 7 a Zugdidi e 60 a Batumi.

Gli Assiro-Caldei sono tuttora presenti a Dzveli Kanda e a Garda-bani. A Dzveli Kanda si trovano tre piccole chiese costruite all’arrivo degli Assiro-Caldei. Quella di Mar Zaya è oggi in restauro. Il suo diacono, un assiro appartenente alla Chiesa ortodossa georgiana, si occupa dei lavori. Quella di Mar Audichou è posta nei pressi di un cimitero dove ancora si trovano delle pietre tombali con iscrizioni siriache. Quella di Mart Maryam, invece, è stata completamente restaurata dalla Chiesa ortodossa georgiana.

Se si escludono le sue dimensioni ridotte e i suoi altrettanto ridotti punti di accesso, che evocano ancora le antiche chiese dell’Hakkari, nessun’altra traccia indica l’antica appartenenza dei suoi membri alla Chiesa d’Oriente. Va aggiunto che è in costruzione una nuova, grande chiesa georgiana. Porterà il nome dei tredici padri siriaci che nel VI secolo hanno diffuso il monachesimo in Geòrgia.

A Gardabani gli Assiri sono riusciti a trasmettere la loro lingua ai propri figli e formano una comunità di 165 famiglie, venute principalmente da Tbilisi. Una piccola cappella, Mar Oraham, è stata da poco restaurata.

II CASO DELL’ARMENIA

Il loro status. Così come la Geòrgia, l’Armenia fu indipendente dal 1918 al 1921. Dopo il lungo periodo sovietico, proclamò di nuovo la sua indipendenza il 23 settembre 1991. L’Armenia è un Paese etnicamente quasi omogeneo (96% della popolazione). Undici le minoranze, tra le quali quella assira. Dal 1979 le autorità armene consentono l’insegnamento della lingua assira (soureth) a scuola. Nel luglio del 2009 è stata adottata una legge sull’educazione nazionale che riguarda anche le minoranze nazionali.

È del febbraio 2004, invece, la legge sui media. Facendo seguito alla carta europea delle lingue regionali o minoritarie, il 15 febbraio 2008 l’Armenia ha fornito il suo secondo rapporto, che chiarisce quale sia la situazione della minoranza assira in materia educativa e linguistica.

La maggior parte degli Assiri risiedono nelle zone rurali. Dei 3409 Assiri censiti nel 2001, 524 vivono in città, in particolare a Erevan. Sono disseminati tra le regioni di Arat, Armavir e Kotayk. Hanno quattro scuole. Per l’insegnamento delle prime classi, sono stati loro forniti libri nel 2005 e nel 2007. Questi alcuni titoli: The Classical Assyrìan (di A. Hakobyan) e The Assyrìan Alphabet distribuiti a Verin Dvin, Dimitrov (Koilassar), Arzni e Erevan.

Le proprietà della Chiesa assira, sequestrate sotto il regime comunista, sono state restituite alla comunità nei villaggi di Arzni e di Verin Dvin. Nell’ambito di una cooperazione tra il Comitato sul genocidio assiro (Seyfo) e la Federazione delle organizzazioni d’Armenia “Kha-yadta”, dal 28 ottobre al 6 novembre 2011 una delegazione assira si è recata nella Repubblica Armena. Il 25 aprile 2012, il giorno successivo alla commemorazione del genocidio armeno, si è verificato un avvenimento senza precedenti, ossia l’erezione di un monumento nel cuore della capitale Erevan, all’incrocio Moskovyan-Nalbandyan, dedicato «alla memoria degli Assiri innocenti, vittime del 1915».

Oggi, in Armenia, sono presenti a Verin Dvin, Dimitrov e Nor Artagers, così come nella capitale. A Erevan si è registrata una presenza continua e attiva fino ai nostri giorni. Vivace la vita associativa. Nel 1989 è stata creata l’associazione assira Ator, diretta per molto tempo da Paul Vassili Tamrazov. Oggi è guidata da Arsen Mkhitaryan, mentre il presidente dell’Unione degli Assiri è l’artista e attore Razmik Khosroev. Nel 1998 è stato fondato il centro per la gioventù assira Ashour e, nel 2003, è stato inaugurato il centro socio-culturale Beth-Nahrain. Al 2008 risale invece la pubblicazione di alcuni manuali in lingua assira. Esistono dei programmi radiofonici in assiro. L’attuale presidente della Federazione delle organizzazioni assire d’Armenia Khayadt è Irina Gasparyan, insegnante di aramaico.

Nel 2012 la Fe derazione ha giocato un ruolo importante nella scelta di far erigere, a Erevan, il monumento di commemorazione del genocidio assiro-caldeo del 1915.

Ad Arzni la comunità assira, composta da circa 1800 persone, si occupa essenzialmente di agricoltura. Attualmente la scuola elementare di Arzni è guidata da Susanna Alexanova, un’assira, mentre una maestra, Stella Ishoeva, vi dispensa corsi di lingua in assiro. Il viceministro è assiro. Si parla correntemente l’aramaico e le iscrizioni sono trilingui: russo, armeno e aramaico.

A Verin Dvin, che oggi conta più di 2700 abitanti, di cui 2000 Assiro-Caldei, risiede la più grande comunità assira d’Armenia. Dal 1992 nella scuola elementare Pusldn si insegna l’aramaico a circa 350 giovani. Gli abitanti hanno preservato la loro lingua, le loro tradizioni, il loro folclore e la Chiesa d’Oriente è molto attiva. Nel villaggio di Koilissar si contano circa 1200 abitanti con una maggioranza di Assiri. La compianta Lina Yacubova (1976-2011), produttrice di talento e autrice di film documentari, di padre assiro e madre armena, proveniva da questo villaggio. Shahriyar, oggi Nor Artagers, nei pressi di Nalbandyan, è una comunità rurale. Un piccolo villaggio di circa 900 anime nel quale convivono Assiri e Armeni. Gli Assiri non vi insegnano più la loro lingua, cosa che minaccia, a termine, la loro identità. Prendiamo adesso l’esempio del riallacciarsi dei legami con le gerarchle religiose della Chiesa d’Oriente.

LA RINASCITA DELLA CHIESA D’ORIENTE

Dopo diversi decenni di rottura (1920-1980), di abbandono senza un pastore, a partire dal 1982 i contatti con la Chiesa d’Oriente nelle sue due branche assira e caldea si sono progressivamente rinnovati. Per primi quelli con la Chiesa assira dell’Est, in seguito a due decisioni sinodali, a due anni di intervallo tra loro: 1994 per la Chiesa assira e 1996 per la Chiesa caldea.

La Chiesa assira dell’Est. Nel 1998, a Mosca, in occasione della consacrazione della chiesa assira dell ‘Est Mart Maryam (Vergine Maria), un giornalista assiro di Mosca, con l’accordo delle autorità civili e religiose ortodosse russe, scriveva: «Com’è possibile? Nonostante un lungo periodo di isolamento, la comunità assira di Russia è ancora molto viva».

Tutto è iniziato nel 1982. L’apertura verso la Russia e il Caucaso, in effetti, è avvenuta sotto Mar Dinkha IV, patriarca dal 1976. Figura importante della Chiesa, le preoccupazioni di Mar Dinkha riguardano tanto l’eternità della sua Chiesa quanto la sua nazione assira. Su invito del patriarca Pimen, compie la sua prima visita in Russia e in Ucraina nel giugno-luglio 1982, in occasione del Congresso internazionale di tutte le Chiese tenutosi a Mosca e Kiev. Nell’apprendere la notizia, gli Assiri, come scrive Ilyia Vartanov, si scoprirono «folli di gioia», e organizzarono degli incontri con lui, che consideravano «il loro vero patriarca». La loro speranza era di poter assistere alla costruzione di chiese, alla nomina di sacerdoti e all’ottenimento di libri religiosi. Osservando le reazioni della sua comunità, Vartanov comprende quanto la Chiesa ortodossa russa «non avesse radici nel cuore degli Assiri». In quell’occasione Mar Dinkha incontrò i fratelli Giuvarguis e Marounna Arsanis, figli del celebre scrittore Benyamin Arsanis, e discusse con loro le misure da prendere per la costruzione di una chiesa assira a Mosca.

La seconda visita, nella quale fu accompagnato da Mar Melis Zaya, vescovo d’Australia, risale al 1 luglio 1988, sempre su invito della Chiesa ortodossa russa e in occasione del millenario della cristianizzazione della Russia. Come nella precedente visita, fu accolto molto bene dalla comunità assira. In quell’occasione incontrò ancora i fratelli Arsanis e partecipò a una riunione con i responsabili della comunità, presente Ilyia Vartanov, per la costruzione di chiese in Unione Sovietica.

Nel 1989 e nel 1992, il vescovo dell’Arizona e del sud della California Mar Aprim Khamis visitò gli Assiri di Russia, Geòrgia e Armenia. Mar Guivarguis, metropolita dell’Iraq, visitò invece per la prima volta Mosca nel maggio del 1994. In occasione del 5 Sinodo della Chiesa assira dell’Est, tenutosi a Sydney (Australia) dal 18 al 29 luglio 1994, i padri del Sinodo avevano deciso di inviare un sacerdote iracheno in Russia, in virtù del canone 21 che stipula: «Riguardo agli adepti della nostra Chiesa in Russia: è stato deciso che sua Beatitudine Mar Guivarguis sia in carico ai fedeli della nostra Chiesa in quel Paese. È necessario che egli ordini e organizzi dei giovani di quel Paese affinchè essi imparino, studino e ottengano il rango di sacerdote. Per completare questo lavoro verrà inviato laggiù un sacerdote iracheno». Dando seguito alle decisioni del Sinodo, Mar Guivarguis, metropolita dell’Iraq, accompagnato da padre Khamis, dal 18 al 29 luglio visitò i tre Paesi in questione realizzando quanto stabilito.

Nel 1996, con l’approvazione delle autorità della città di Mosca e l’autorizzazione del patriarca della Chiesa ortodossa russa Alessio II, cominciò la costruzione della chiesa di Mar Maryam a Mosca, poi solennemente consacrata nel 1998 dal patriarca Mar Dinkha IV. Sempre nel 1998, Mar Guirvaguis pone la prima pietra della chiesa di Mar Guivarguis (San Giorgio) a Kransnodar, nel sud della Russia.

In Armenia, nel 2001, all’indomani del 1700 avversario dell’adozione del cristianesimo, è stata restaurata la chiesa assira di San Tommaso di Verin Dvin, ridotta in rovine. In seguito, la comunità assira ha preso contatto con la Chiesa assira e, nel 2002, padre Isaac Tamraz, di origini irachene, è stato incaricato di servire quella parrocchia. Un diacono di quel villaggio, shamasha Nicodemo, è stato recentemente ordinato sacerdote ed esercita oggi il suo ministero a Verin Dvin. Quanto invece a padre Isaac Tamraz, il suo ruolo è risultato fondamentale per consolidare la comunità.

Dinamico, al contempo pastore e intellettuale, è riuscito a stringere legami efficaci con le autorità locali e nazionali, con le istituzioni e le università. A Batumi, per esempio, la Chiesa d’Oriente ha ristabilito le relazioni con gli Assiri della città. Padre Tamraz ha cercato anche di restaurare la chiesa Mart Maryam di Arzni, mentre a Koilassar i legami tra la Chiesa d’Oriente e la Chiesa russa locale risultano ancora difficili.

La Chiesa d’Oriente, d’altra parte, ha riannodato i rapporti con l’Ucraina. Padre Tamraz ha visitato la comunità assira, in particolare a Kiev e Donetsk, nell’ottobre 2011.

La Chiesa caldea. Il ritorno della Chiesa caldea nel Caucaso inizia nel 1996. Nel corso del Sinodo tenutosi a Bagdad sotto l’autorità del patriarca Raffaele I Bidawind, Mgr. Ibrahim Ibrahim, vescovo dei Caldei degli Stati Uniti, viene nominato visitatore apostolico dei Caldei d’Europa. L’obiettivo era di fare il punto sulla loro situazione religiosa e sociale, di rafforzare i legami con la loro Chiesa-madre e di «preservarli dalla loro dispersione in Occidente». Al fine di prendere le decisioni appropriate, si chiedeva al visitatore di redigere un rapporto sulla sua missione al patriarca e al Sinodo. Mgr. Ibrahim intraprese quindi un viaggio di un mese e mezzo, dal 16 settembre al 1 novembre 1996, durante il quale fece visita a nove Paesi europei, tra i quali la Geòrgia, accompagnato da padre Suleiman Dinka. Restò in Geòrgia una settimana, a partire dal 19 settembre 1996, riuscendo a visitare la sua comunità a Tbilisi, Kanda e Gardabani.

Al termine del viaggio, redasse un rapporto poi apparso sulla rivista del Patriarcato caldeo di Bagdad «Nagm al-Mashriq» nel quale constata come i fedeli della Chiesa d’Oriente siano emigrati in quella regione dalla Turchia e dall’Iran. Più di 1000 famiglie, caldee e assire, ripartite come segue: 300 famiglie nella capitale Tbilisi, 450 a Kanda e 300 a Gardabani. E, come scrive, ciò che maggiormente lo riempie di gioia è che tutti, grandi e piccoli, parlano il soureth. E poi aggiunge: «Hanno conservato le nostre tradizioni e i nostri valori orientali».

Il nunzio apostolico a Tbilisi, in effetti, aveva chiesto a Mgr. Ibra-him Ibrahim di nominare per questi cristiani un sacerdote. La Chiesa caldea inviò allora un giovane prete, Benyamin Bet-Yadegar, originario di Urmia, ordinato negli Stati Uniti nel settembre del 1994. Raggiunse la sua sede a Tbilisi, dove esercitò il suo ministero in favore dei Caldei nella chiesa cattolica latina di Pietro e Paolo, in attesa della costruzione di una chiesa per la comunità caldea. Sin dall’inizio padre Benyamin si è consacrato al servizio della comunità assiro-caldea, senza distinzioni tra cattolici e non cattolici.

Sabato 17 ottobre 2009 il patriarca della Chiesa caldea, il cardinale Emmanuel III Delly, venuto da Baghdad, ha consacrato la chiesa caldea di Tbilisi. Situata in prossimità dell’avenue Alexandre Kasbegi, è anche un centro cultuale e culturale, ha una capacità di 300 posti ed è costruita nello stile dell’architettura babilonese. I numerosi fedeli, talmente felici da non riuscire a credere che fosse davvero la loro chiesa, continuavano a ripetere: «Questa è la nostra casa». La chiesa è stata finanziata al 75% dall’Eparchia caldea di San Tommaso apostolo, degli Stati Uniti.

L’architettura babilonese di questa bella chiesa ricorda il Paese d’origine, la Mesopotamia. Porta il nome del patriarca cattolico Mar Shi-moun Bar Sabé (328-341) che, condannato a morte, subì il martirio in Persia, sotto il re Shapur II, il 14 aprile 341, Venerdì Santo. L’interno di questo luogo di culto è al tempo stesso religioso e identitario. La rivista «CEuvre d’Orient», che aveva contribuito alla costruzione della chiesa, commentava in questi termini: «All’inizio del XX secolo, fuggendo il genocidio, i Caldei si sono insediati a migliaia nella regione del Caucaso e dell’ex Unione Sovietica. I 6 o 7000 Caldei della Geòrgia si sono in qualche modo integrati in quel Paese molto povero vittima del regime comunista. Sono riusciti a preservare la loro lingua, la loro fede, e il tutto nonostante l’assenza di strutture culturali e cultuali caldee».

Il giorno dopo, domenica 18, padre Benny Bet-Yadegear è stato promosso vicario episcopale della Chiesa assiro-caldea di Geòrgia. Nello stesso giorno si è assistito al primo battesimo e alla prima comunione di 22 ragazzi e ragazze.

Padre Benny Bet-Yadegear promuove diverse attività. La chiesa sembra un vero e proprio formicaio. Il Messale caldeo (1988), che consente ai fedeli di seguire la messa, è in tre lingue: aramaico, georgiano e russo. Nel 2003 ha fatto anche pubblicare un manuale di insegnamento della lingua aramaica per principianti.

GUARDANDO AL FUTURO

Le due gerarchie religiose hanno oggi legami abbastanza sviluppati e, insieme, ricercano l’unione. Anche a livello locale la comunità assiro-caldea cerca l’unità e non fa alcuna differenza di ordine etnico o religioso. Le parrocchie georgiane e armene collaborano, insieme, visto quant’è difficile distinguere chi è veramente caldeo e chi assiro. Parallelamente, sono progressivamente apparsi altri segni di risveglio identitari e rinascita nazionale, che si sono manifestati insieme ai cambiamenti democratici, al ritorno delle libertà e alla maggiore facilità nelle comunicazioni e nei trasporti. Si sono moltipllcate le associazioni e le organizzazioni, così come i legami con gli Assiro-Caldei della madrepatria e della diaspora. Poiché identità nazionale e religiosa sono molto intrecciate, le si è associate strettamente nelle varie attività. Si sono sviluppati i corsi di lingua. Si festeggia ormai il Nuovo anno assiro, il 1 aprile di ogni anno, e si restaurano le chiese. C’è da sperare che questo respiro nuovo consentirà alle comunità assiro-caldee di restare su queste terre, dove da più di due secoli sono radicate, e che, malgrado le difficoltà, sia consentito loro di conservare la loro lingua materna.

(Traduzione di Davide Frontini)

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Claire Yacoub, ricercatrice, diplomata in Diritti dell’uomo, è autrice di Le rève brìsé des Assyro-Chaldéens (2011).

Joseph Yacoub è professore onorario di Scienze Politiche all’Università Cattolica di Lione. La sua ultima opera è L’humanisme réinventeé (2012)

viaRassegna stampa – Centro Cattolico di Documentazione di Marina di Pisa – Che fine hanno fatto i cristiani del Caucaso?.

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