Chi ha paura del presepe. | Da Porta Sant’Anna

Puntualmente riaffiora, da qualche parte della nostra penisola, la polemica sui presepi. C’è sempre una scuola o un luogo istituzionale in cui qualche mente brillante si produce nella più sofisticata avversione alla raffigurazione della nascita di Gesù. Normalmente si adotta il principio dell’uguaglianza di tutti i cittadini, che verrebbe messa in discussione dall’esibizione di un simbolo cattolico. Non ho mai creduto a questa motivazione. Non nego che qualcuno possa appellarsi alla laicità dello Stato perché si sente ferito dal presepe. Intendo qualcuno che non sia cattolico, e non necessariamente immigrato. Nulla di più patetico dell’italiano che si fa vindice di diritti universali e inalienabili, spesso esibiti quale trofeo di laicità, quando non vi è alcun’altra motivazione che il suo personale fastidio per la fede. Non sempre si deve pensare a ragioni di carattere ideologico; è sufficiente che il parroco abbia negato a Tizio di poter fare da padrino, perché in situazione irregolare dal punto di vista canonico, per avere una voce in più all’interno di quel coro osannante alla libertà. Non importa quale, purchè sia un segno di rottura contro la Chiesa. C’è, ovviamente, anche colui che cavalca una visione ideologica. Trova inutile la raffigurazione e tutto il suo contorno. Per alcuni è disdicevole cantare “Tu scendi dalle stelle”, ma non lo è affatto il poter consultare le stelle. Per altri è insensato credere ad un Dio che si faccia carne, ma non lo è la ricerca della comunione con il dio del silenzio o con la madre terra. Insomma, mi convince poco la storia del bimbetto musulmano che viene traumatizzato dal presepe allestito a scuola. Può darsi che la sua famiglia tenti di imporre una neutralità d’espressione, ma non penso che sia la norma costante.

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