Chi pecora si fa lupo lo mangia (bis) | CulturaCattolica.it

domenica 16 novembre 2014

A proposito della contestazione omosessualista della richiesta dei responsabili dell’IRC della Diocesi di Milano, prontamente onorata dalle scuse dell’incaricato diocesano, ecco il Comunicato Stampa dei Giuristi per la Vita

Sua Santità Papa Francesco nel discorso alla Delegazione dell’Ufficio Internazionale Cattolico dell’Infanzia, tenuto l’11 aprile 2014, ha espresso questo giudizio durissimo: «Occorre sostenere il diritto dei genitori all’educazione dei propri figli e rifiutare ogni tipo di sperimentazione educativa sui bambini e giovani, usati come cavie da laboratorio, in scuole che somigliano sempre di più a campi di rieducazione e che ricordano gli orrori della manipolazione educativa già vissuta nelle grandi dittature genocide del secolo XX, oggi sostitute dalla dittatura del “pensiero unico”».
Se è vero che anche oggi quella che il Pontefice definisce la “dittatura del pensiero unico” tenta di impedire che si sappia cosa accade negli attuali “campi di rieducazione” (come avveniva con i lager, i gulag e i laogai), è altrettanto vero che una Chiesa fedele al mandato ricevuto da Cristo e attenta all’esortazione del Suo Vicario, non può farsi intimidire.
I genitori hanno diritto di sapere come lo Stato provvedere all’educazione dei propri figli, e la Chiesa non può nascondersi di fronte alla grave situazione denunciata dal Papa, ma anzi ha il dovere di compiere la propria missione portando la luce della Verità anche là dove il potere pretende di mantenere angoli bui e zone d’ombra.
La Storia ha insegnato che cedere dinanzi al volto intollerante di ogni dittatura – come quella che stiamo vivendo, magistralmente chiamata dal Santo Padre “dittatura del pensiero unico” – non ha mai pagato e continua a non pagare. I recenti episodi di assalto ala Duomo e ai locali della Curia milanese stanno lì a dimostrarlo.
IL PRESIDENTE
(Avv. Gianfranco Amato)

Riportiamo anche l’Editoriale de «Il Foglio»:

Non ci scusiamo. Vogliamo sapere

Il cardinale Scola si piega al diktat di media e guru ideologici, porge le sue scuse per l’inchiesta sulla pedagogia che insegna l’indifferenza del genere maschile o femminile. Schedatura: calunnia. Una mail.
Nel breve volgere di un giorno il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, la più grande diocesi cattolica del mondo, si è scusato per il comportamento di un suo funzionario di curia, don Gian Battista Rota. Don Rota nell’ambito del suo ruolo istituzionale in Arcivescovado aveva scritto agli insegnanti di religione che “gli alunni di alcune scuole italiane sono stati destinatari di una vasta campagna tesa a delegittimare la differenza sessuale affermando un’idea di libertà che abilita a scegliere indifferentemente il proprio orientamento sessuale”; dunque, aggiungeva, “per valutare l’effettiva diffusione dell’ideologia del gender… vorremmo avere una percezione più precisa del numero delle scuole coinvolte… per questo chiederemmo a tutti i docenti di riportarne il nome nella seguente tabella…”. Subito i giornali e le televisioni, organi della secolarizzazione compulsiva e inconsulta, hanno accusato la curia milanese di schedatura e discriminazione. Uno direbbe che è dovere deontologico del sistema dei media aiutare la comunità a “valutare l’effettiva diffusione dell’ideologia del gender” nelle scuole, e quindi le schede degli insegnanti di religione richieste da don Rota avrebbero dovuto essere lette con attenzione da giornalisti informati e coltivati, il loro contenuto pesato, divulgato e messo in discussione liberamente, senza l’ombra della discriminazione cosiddetta omofoba e senza pregiudiziale inchino all’ideologia omosessualista o omofila. Nelle democrazie liberali, quando conduce un’inchiesta su un tema di rilevanza universale un’istituzione che ha uno spazio sociale e pubblico autonomo, per non dire spirituale, sia essa minoranza o maggioranza statistica, i dati legittimamente raccolti vengono messi in circolo senza strepito, senza dannare alcuno, senza esclusioni dalla sfera della conoscenza sociale, culturale e civile.
Invece sono subito arrivate le scuse di Sua Eminenza il cardinale Scola. Avrebbe potuto rivendicare la liceità dell’interrogarsi sul criterio pedagogico prevalente in materia di ideologia del gender, cioè se gli allievi debbano essere messi o no, ed eventualmente in quale forma, di fronte al tema dell’identità sessuale secondo la cultura Lgbt, “il genere maschile o femminile come un dato naturale no, una scelta di civiltà consapevole sì”. Il cardinale di Milano non è don Abbondio. Di fronte a un’intemerata del circuito mediatico-culturale statale, “questa inchiesta non s’ ha da fare”, ci si sarebbe potuto aspettare una ribellione composta ma consapevole, una capacità di rovesciare in senso plurale e liberale l’impostazione civilmente e culturalmente “tirannica” del problema pedagogico. La tendenza a elaborare un’ideologia di stato dell’amore e del gender e del matrimonio e del sesso, cogente e eguale per tutti, in nome della libertà e della lotta alle discriminazioni, è europea e mondiale, ma nella diocesi cattolica più grande del mondo, lo ripetiamo perché si capisca il senso della cosa bene bene, un funzionario di curia e prete preoccupato di una svolta pedagogica di questa portata deve essere prontamente smentito. Piacere al mondo inchinandosi alle sue chimere, e aiutarlo a cancellare anche le ultime tracce di uno standard democratico e liberale di condotta, non dovrebbe essere il comportamento di una chiesa adulta nello spazio pubblico. Chi ha deciso che il genere maschile o femminile naturale non esiste, è un fatto di cultura e di civilizzazione e di libertà di scelta? Chi ha deciso di introdurre questa variante grottesca del secolarismo nell’epoca della gay culture dispiegata nelle scuole milanesi e italiane, europee e americane? Il cardinale Scola è persona informata dei fatti, sa che in Gran Bretagna il ministro dell’Istruzione vuole estendere la gender culture alle istituzioni pedagogiche cattoliche private. Sa che se parliamo di tirannia del politicamente e dell’ideologicamente corretto, e questa volta senza virgolette, non facciamo altro che registrare un atteggiamento mainstream al quale coloro che hanno abbandonato ogni capacità liberale di giudizio si sono ormai piegati, decretandone la diffusione obbligatoria quasi ovunque. E allora? Che cosa significano le pronte scuse del cardinale? Che cosa significa il silenzio di Papa Francesco e del suo Consiglio della corona su tutto questo? Che cosa significano le frasi ambigue, poi emendate e riscritte, contenute nella Relatio post disceptationem scritta da monsignor Bruno Forte a metà del Sinodo sulla famiglia? Perché i cristiani di confessione cattolica rinunciano ad essere elemento di felice contraddizione rispetto al conformismo e all’osservanza ideologica alle fesserie sull’indifferenza di genere?
Dove sono finiti i movimenti ecclesiali, con i loro carismi, capaci di opporre al pensiero dominante l’orgogliosa e sacrosanta reazione di uomini e donne di fede cattolica, con spirito universalistico e senza impostazioni minoritarie per principio, e magari illiberali nel metodo? Siamo obbligati all’indifferenza dei cattolici e della loro gerarchia apostolica e al proliferare di testimonianze condannate allo spirito secessionista e minoritario di piccoli movimenti eticizzanti o di vasti movimenti scollegati dalla realtà della chiesa? E’ tutto finito in interviste e lettere a Repubblica? Mi rifiuto di crederlo e invito chi non è d’accordo con questa assurda deriva a mandare una mail a [email protected] dal contenuto semplice: “Noi non ci scusiamo. Vogliamo sapere”. La mia, laica, la mando subito. Mi aspetto che i fedeli facciano altrettanto.

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