«Ci restituiranno le chiese: è un passo storico per la Chiesa cattolica turca»

Intervista al portavoce della Conferenza episcopale turca Rinaldo Marmara: «Per la prima volta nella storia, il governo ha ricevuto una delegazione della Chiesa cattolica in Parlamento. Abbiamo chiesto di ottenere la personalità giuridica per non intestare più le chiese ai santi».

«È un passo storico per la Chiesa cattolica in Turchia e speriamo che finisca bene. Anche perché se non ci permettono di tenere le chiese, alla lunga scomparirà la libertà religiosa. Ma il governo questa volta è aperto». È raggiante il portavoce della Conferenza episcopale turca Rinaldo Marmara, che tre giorni fa ha partecipato alla delegazione della Chiesa cattolica che è stata ricevuta ad Ankara dalla commissione parlamentare che sta riscrivendo la Costituzione del paese. Obiettivo? «Ottenere per la Chiesa il riconoscimento della personalità giuridica – dichiara a tempi.it Marmara, che è anche direttore della Caritas turca – farsi restituire i terreni e le proprietà requisite, fermare i processi dello Stato che confisca le proprietà della Chiesa, ottenere un indennizzo economico per tutto quello che ci è stato tolto e ricevere l’autorizzazione a intestare le nostre proprietà alla Chiesa». Sarebbe un passo avanti enorme, «storico» appunto, per la comunità cattolica, chiesa di minoranza che gode di ben pochi diritti in Turchia, paese dove «i missionari sono considerati terroristi», come raccontava il giornalista turco İsmail Saymaz a tempi.it, dove «il proselitismo di fatto è vietato», dove nel 2006 il sacerdote Andrea Santoro è stato ucciso in chiesa con un colpo di pistola da un ragazzo di 16 anni e dove il 3 giugno 2010, a Iskenderun, l’allora 26enne Murat Altun, ha tagliato la gola al vicario apostolico dell’Anatolia Luigi Padovese inneggiando ad Allah.

Perché parla di incontro «storico»?
Non era mai stata fatta una visita al Parlamento da parte di una delegazione della Chiesa cattolica. Mai ci eravamo parlati faccia a faccia per trattare questo argomento.

Che cosa avete chiesto?
Abbiamo domandato di inserire in Costituzione una clausola perché alla Chiesa venga riconosciuta la personalità giuridica. Noi la chiediamo da anni, ogni ambasciatore turco alla Santa Sede ha ricevuto questa richiesta dal Papa. E ora credo che questo governo ce la farà ottenere, perché ci hanno risposto che non è neanche necessario un cambiamento della Costituzione: basta che venga approvata una semplice legge. Ed è un passo che non dovrebbe essere difficile perché il Vaticano ha già rapporti diplomatici con la Turchia, è già riconosciuto, quindi non dovrebbero esserci motivi per non riconoscere anche noi.

Perché avete bisogno della personalità giuridica?
Perché attualmente la Chiesa non esiste, non abbiamo uno status. Tutti i nostri stabili, come ad esempio le chiese, sono intestati a persone fisiche: alcune ai preti, altre addirittura ai santi. Il problema è che non si può dimostrare chi sia l’erede di san Giuseppe o santa Maria e anche i preti ad un certo punto non hanno più discendenza. Per questo le chiese finiscono nelle mani del Tesoro. Appartengono a noi, ma secondo la legge non possiamo averne la proprietà perché non abbiamo personalità giuridica.

Quali altre richieste avete fatto al governo turco?
Che ci vengano restituite le proprietà che ci hanno confiscato, di potere registrare le proprietà attuali sotto la nuova denominazione, quando l’avremo, di non aprire nuovi processi per confiscarci altre proprietà e di darci un risarcimento concordato per le 200 unità, senza contare Istanbul, che ci sono state requisite fino ad oggi.

Cosa intende quando parla di unità?
Un’unità è più di un edificio o un immobile. Ogni unità può includere una chiesa, un terreno, un palazzo o una casa. A volte si tratta di colline intere. Ad esempio, c’è un solo terreno a Istanbul che vale oltre 30 milioni di euro, ed è solo una parte di una unità. Noi non chiediamo una cifra precisa, come risarcimento. Come diceva il presidente della Cei, l’arcivescovo Franceschini, «troveremo una soluzione». Ora speriamo che ci siano altri incontri e che rispondano in modo positivo alle nostre richieste.

Perché dovrebbero se non l’hanno fatto fino ad ora?
Perché il governo ha dimostrato un’apertura, sono più religiosi e quindi più attenti alle istanze e ai bisogni delle religioni. Il governo vuole trovare una soluzione e la dimostrazione è che ha già iniziato a riconoscere la persaonlità giuridca alle altre religioni. Anche se il nostro problema è un po’ diverso: le altre minoranze, non essendo chiese “straniere”, possono avere delle fondazioni e intestare le loro proprietà alle fondazioni. Questo secondo un accordo del 1936. Invece tutte le nostre proprietà riconosciute con un accordo fatto con l’Impero Ottomano nel 1913, prima della Prima guerra mondiale, non possono essere registrate.

Qual è la condizione della Chiesa cattolica in Turchia?
Siamo pochissimi, 15 mila su 70 milioni di abitanti. La libertà di culto c’è ma rischia di scomparire, se non ci fanno intestare e mantenere gli stabili. Noi dobbiamo avere i mezzi per potere praticare il cattolicesimo. Se si prendono le nostre chiese alla lunga non ci sarà più libertà di culto, e quindi neanche quella religiosa.

Come pensa che reagirà la società turca a un’eventuale restituzione di quanto vi è dovuto?
Spero che reagisca bene. Certo, mi rendo conto che non tutti saranno contenti ma quello che conta per noi è che il governo voglia trovare una soluzione.

Com’è presente la Chiesa nella vita della società turca?
Cerchiamo di essere presenti attraverso gli eventi culturali. Venerdì ad esempio presentiamo un libro pubblicato dall’università di Besiktas, con documenti inediti. Ci sarà anche il nunzio, sarà un evento importante. Un incontro che verrà replicato a Roma il 24 maggio. Noi mostriamo così che la Chiesa è viva in Turchia. Non c’è altro modo perché il proselitismo, anche se non ufficialmente, di fatto non è permesso. Gli eventi culturali, quindi, sono davvero importanti per noi.

twitter: @LeoneGrotti

Fonte: Tempi.

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