Com’era il Mali prima di Al Qaida

Intervista con padre Arvedo Godina, nel Paese africano dal 1968

Padre Piero Gheddo, PIME

ROMA, Wednesday, 30 January 2013 (Zenit.org).

Sono stato in Mali nel 2006 e ho visto confermata l’opinione comune che il Mali e il Senegal erano i due paesi migliori dell’Africa occidentale. Ne scrivo per far capire come l’arrivo di Al Qaida e la guerra dell’estremismo islamico contro quello moderato sta procurando danni enormi a questo paese di gente pacifica, accogliente, tollerante. E’ vero che il cristianesimo è in crisi nel mondo occidentale, una crisi di fede, di speranza e di carità, che diventa crisi dell’uomo, della famiglia, delle società, delle nazioni. Ma il mondo moderno, o meglio la cultura dominante nel mondo moderno, secolarizzata e materialista, ha messo in crisi l’islam in una misura abnorme, mostruosa, nemmeno paragonabile alla nostra. Basti dire che le guerre e i terrorismi presenti oggi nel mondo sono quasi tutti causati dalla reazione di minoranze islamiche al mondo moderno che, nel tempo della globalizzazione, avanza ovunque e porta gli uomini e i popoli lontani da Dio. Noi cristiani cerchiamo di reagire ritornando a Cristo e al Vangelo. Per i fedeli dell’islam questo è molto più difficile, di qui la reazione delle minoranze fanatiche di usare “la violenza per Dio”, “la guerra santa per Dio”.

In Mali sono stato ospite dei Padri Bianchi e ho potuto visitare varie realtà del paese al 90% islamico, i cristiani sono piccola minoranza del 3-4%. Dal 1991 il Mali è un paese democratico, con libere elezioni e alternanza al potere, libertà di stampa, pluralismo politico, libertà religiosa, islam molto tollerante. E’ un paese povero, con poche risorse naturali, i 15 milioni di abitanti hanno un reddito medio pro capite di 669 dollari Usa, analfabetismo al 68,9%, un medico e un posto letto in ospedale ogni 10.000 abitanti (in Italia uno ogni 300). Il Mali è esteso 1,5 milioni di kmq, cinque volte l’Italia, attraversato dal grande Niger e diviso praticamente in due parti: il Sud più piccolo e più evoluto, è territorio di steppa e foresta, il grande Nord è in buona parte desertico è abitato da popoli nomadi e pastori, fra i quali si è diffusa l’ideologia di Al Qaida. Il 22 marzo 2012 un colpo di stato militare ha destituito il governo e sospeso la Costituzione, prendendo a pretesto la difficile situazione nel Nord del paese, dove la ribellione tuareg (gli “uomini blu” del Sahara), sostenuta dai movimenti islamisti e fondamentalisti aveva preso il controllo della parte nord del paese. Nei mesi seguenti, il governo è tornato ai civili, ma anche per la debolezza dell’esercito nazionale i ribelli sono avanzati e stavano per occupare la capitale Bamako, quando il 14 gennaio la Francia è intervenuta a fermare la loro avanzata e il 28 gennaio francesi e maliani hanno rioccupato Timbuktu in pieno deserto, una città catalogata dall’Unesco tra i luoghi “patrimonio dell’umanità” per le sue biblioteche con decine di migliaia di testi antichi dell’islam, ben custoditi nel caldo secco del deserto.

Mi ha accompagnato il milanese padre Arvedo Godina di Barzanò (in Mali dal 1968), dei “Missionari d’Africa” (o Padri Bianchi), direttore del catechistato di Ntonimba, vicino a Kati, che mi diceva: “I cristiani in Mali sono circa il 3%, ma la Chiesa ha la grande stima del popolo e delle autorità. Quando sono arrivato nel 1968 avevamo sette preti maliani e un solo vescovo, mons. Sangaré, di origine maliana. Oggi 120 preti maliani e tutti i sei vescovi sono maliani. La Chiesa fa sentire la sua voce con autorità in tutti i settori della vita pubblica. Quando è morto Sangaré, l’11 febbraio 1998, il governo ha fatto i funerali nazionali nello stadio di Modibo Keita”.

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