Confronti.net: Mito e menzogna della «primavera araba»

Cosa vogliono le popolazioni dei paesi islamici? Ce l’hanno o no con noi? Chi li guida, chi li inganna, chi li sobilla? Vogliono la democrazia e la «modernità»? Ma quale? La nostra? Quella che abbiamo tentato di «esportare» in Iraq e in Afghanistan? L’analisi dello storico Cardini su ciò che accade in quelle realtà.

Nel febbraio del 2011 mi trovavo per alcuni giorni in Marocco, insieme con alcuni colleghi europei ed arabi. Leggevo i giornali europei e constatavo che molto suonava falso, che molto non tornava. Si parlava della «primavera araba», là non ancora arrivata. Qualche giorno prima del 20 febbraio, mi avvertirono che in quella data si sarebbero mossi anche i marocchini: a Rabat, a Fez, a Casablanca, forse anche a Marrakesh e a Tangeri. Tutto si sarebbe svolto, mi si assicurava, con maggior ordine e con minor durezza che non altrove. «Il Marocco non è l’Egitto», mi dicevano: qui la gente è più disciplinata e la situazione sociale, politica ed economica migliore. Ma era anche gente più dura, e la situazione etnica era e resta complessa – come in tutto il Maghreb – per via delle minoranze berbere. Quel che noi abbiamo semplicisticamente colto come tensione politica e religiosa, in buona parte del Nordafrica era ed è anche etnica e tribale: lo si è visto in Libia. Ma insomma: che cosa è successo, che cosa sta forse ancora succedendo?

Da noi, i media sono stati in evidente difficoltà nel comprenderlo e, peggio ancora, nello spiegarlo. I due elementi che parevano emergenti si mostravano altresì, quanto meno se tradotti nel linguaggio divulgativo con cui si cerca di affrontare la politica internazionale, contraddittori. Da una parte, si diceva, questa gente ha voglia di «democrazia», di «entrare nella Modernità». Dall’altra, si temeva che essa si facesse plagiare e conquistare dai «fondamentalisti» o addirittura cedesse alla violenza o al ricatto di al-Qaeda.

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