Cosa chiediamo alle Istituzioni per ottenere il rispetto della “ Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità !

L’Assemblea Generale dell’ONU il 6 dicembre 2006 ha adottato la “Convenzione sui diritti delle persone con disabilità”  (Distr.General A/61/611 Sixty-first session ) strumento di valenza internazionale, sottoscritto dall’Italia il 30 marzo 2007 a New York da parte del Ministro della Solidarietà Sociale della Repubblica Italiana .

Chiediamo che l’Italia compia nel Provvedimento Legislativo non assunto nella ratifica della “ Convenzione” per malati mental, le “leggi appropriate” come sancisce l’art.4/1 della “Convenzione”, nella rideterminazione delle leggi 180/1978 e 833/1978 in una legge-quadro, riconoscendo i diritti e le necessità degli handicappati mentali per la tutela della salute, per le loro famiglie e per garantire la sicurezza di tutti i cittadini, assumendo :

  • meccanismi interpretativi uguali nell’universalità e nell’interdipendenza senza discriminazioni ;
  • adozione di servizi reali e specifici nell’ambito delle competenze economiche-organizzative di ciascun Stato Membro, nel pieno rispetto della dignità delle persone portatrici di handicap psichici, con cure adeguate in strutture ad alta tecnologia;
  • attivazione della ricerca scientifico-farmacologica e sviluppo tecnologico sulla malattia mentale come ogni altro comparto sanitario ;
  • formazione di un Fondo Economico Finanziario Speciale, anche con il sostegno dello Stato,per le persone indigenti, dove confluire quelle parti di patrimonio o risparmi che per legge naturale andranno in eredità al “malato”, Fondo amministrato da un Ente Pubblico che porti a quella naturale continuità che il singolo tutore, curatore od amministratore di sostegno non può garantire fisicamente e che costituisce una doloriosa preoccupazione che assilla le famiglie di questi “ malati”.

In conclusione una forte azione preventiva delle malattie mentali è opportuna ed urgente, anche perché la crisi di valori e l’affermazione di disvalori accrescono la solitudine, fanno cadere le tradizionali forme di coesione sociale, sfaldando i gruppi di aggregazione, in particolare sul piano culturale- come molto bene considera la “Convenzione” . 

Molti però si chiedono e noi con loro il perché non è stata redatta “con l’obiettivo di promuovere, proteggere ed assicurare pari diritti alle persone disabili nel rispetto della dignità di ognuno” come recita l’art.1 .

La disabilità viene comunemente considerata come unica condizione dello status della persona, riassumendo un gran numero di limitazioni fisiche, ignorando le imperfezioni, perché la persona può essere disabile per impedimenti fisici o sensoriali, non considerando la persona che possiede una  limitazione di partecipazione alla vita sociale, un handicap che limita di prendere parte alla vita della comunità.

In altre parole la disabilità nella generica interpretazione, ripeto, è comunemente considerata quale privazione della forza fisica, una menomazione funzionale fisico-mentale o di emarginazione che concerne tutti i disabili.

Sostanzialmente per disabilità si considera l’eliminazione delle molte barriere etico-sociali ancora esistenti nel consesso civile che potrebbero mettere in grado le persone disabili di svolgere le attività quotidiane e di partecipare attivamente e materialmente alla vita sociale come i normodotati.

L’handicap, invece, è da considerare come riferito ad una sua natura specificatamente e particolarmente psichica, come difficoltà psicologica, menomazione o involuzione della mente, ostacolo o svantaggio in origine manifesta inferiorità che impedisce di esprimere quel processo e complesso di efficienza globale e continua nel segno di una inferiorità autonoma di volontà intellettiva congenita od acquisita, come ritenuta dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla legge 104/1992.

Ora nella “Convenzione” non è stato sufficientemente stabilito il grado di differenza tra disabile, cioè di colui che è privato di una forza fisica e l’ handicappato cioè colui che ha ricevuto uno svantaggio in partenza, un ostacolo, un intralcio, una inferiorità interna che impedisce di manifestare il massimo della potenzialità meno fisica e più psichica.

A questo punto è quasi superfluo, ma ugualmente necessario, rilevare che l’handicappato psichico abbisogna, come paziente, di cure mediche, di attrezzature ad alta tecnologia atte alla prevenzione, alla cura ed all’eventuale inserimento sociale ed affettivo per ogni suo periodo di sofferenza e non di propositi lavorativi come afferma e contempla l’articolo 27 della Convenzione.

Nel Preambolo si richiamano i principi proclamati dalle Nazioni Unite, comprensivi di quanto ha affermato la “Dichiarazione dei diritti dell’handicappato mentale” del 20 dicembre 1971 dell’ONU dove si sostiene che “ l’handicappato mentale deve godere di tutta la misura possibile degli stessi diritti degli altri esseri umani”.

Quella evidente “inferiorità psichica” può portare a gravi conseguenze per la famiglia e per la società se non si danno misure sanitarie-etico-sociali-legislative specifiche per ridurre, citiamo alcuni riferimenti, “i rischi dell’esclusione sociale senza discriminazione come anela giustamente la Convenzione stessa agli artt. 3, 5, “riconoscendo la disabilità un concetto in evoluzione” nel Preambolo lettera e) “riconoscendo inoltre la diversità” nel Preambolo lettera i), “ nel rispetto per la differenza” nell’art.3 lettera d).

Ora come può un “soggetto handicappato” non riconosciuto espressamente mentale compiere “ proprie scelte” art.3 lettera a), che richiedono coesione di intelletto o responsabilità, oppure “ controllare i propri affari finanziari ed avere uguale accesso a prestiti bancari, mutui ipotecari” art.12 lettera 5), “ compresa la veste di testimoni” art.13/1, la “ piena capacità mentale” art.26/1 , ed “il diritto a mantenersi attraverso il lavoro comprensivo ed accessibile”art.27, quando la “Convenzione” non pone alcuna distinzione sulla natura delle minorazioni o menomazioni consentendo di godere della “capacità giuridica” art.12/2, non valutando l’incapacità di agire delle persone che non possono rappresentarsi da sole, quelle che hanno una disabilità psicosociale, che ancora nella maggioranza dei Paesi porta ad essere rinchiusi in manicomi e privati della rappresentanza legale.

Ora la “Convenzione” non considera specificatamente l’handicappato mentale, perché l’uso del termine malato come sinonimo di persona con disabilità non è quello promosso dalla stessa che segna un distacco molto chiaro da un approccio medico-assistenziale ad un approccio legato ai diritti umani.

Sarebbe opportuno sperare che la “Convenzione” nel quadro della strategia mondiale di salute pubblica che si è preposta, adottasse specifiche normative in favore del malato mentale ed esortasse gli Stati aderenti ad abolire forme di discriminazione, specialmente in riferimento ai Paesi in via di sviluppo.

Quindi è evidente una trasformazione radicale dei sistemi di tutela e di presa in carico delle persone che non possono rappresentarsi da sole o che sono ritenute tali a vivere in maniera indipendente, come invece riconosce l’art.19, auspicando che l’Italia “adotti appropriate misure legislative” come recita l’art.4/a e seguenti.

In ultima analisi ove si negasse al rapporto de quo il diritto al riconoscimento dell’handicappato mentale, ma si capirebbe cosa esso in realtà sia, si compirebbe una discriminazione di cui, ripeto, agli artt.5. ed all’articolo 13 del Trattato dell’Unione Europea, a meno di non creare una nuova figura giuridica al pari, mi sia consentito il paragone, di un fantasma senza nome e senza volto che si aggira nell’ambito delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea e di cui tutti cercano di liberarsi o di sottovalutare.

Ancora una volta debbo ricordare la mancata valutazione di questo Documento, sottovalutandolo nella sua profonda essenza a cominciare dal rispetto alla vita .

Ritornando alla “Convenzione”, inerente le sofferenze insopportabili, con la scusa di lenire il dolore la così “detta pietà”, potrebbe essere un possibile strumento che oltre che portare all’eliminazione della vita,( art.23 e 25), potrebbe coinvolgere malati terminali, Alzheimer, psichici, disabili fisici, anziani non autosufficienti, applicazione di sterilizzazione onde frenare la diffusione di handicap genetici, forme di eutanasia per evitare la vita senza senso, applicazione dell’aborto selettivo per eliminare figli imperfetti, limitazione delle nascite.

Queste “metodologie” che richiamano l’eugenismo, che è ritenuta una antica corrente di pensiero volte al perfezionamento del genere umano e le teorie di selezione della razza tristemente note durante la guerra 1940/45, sono pratiche biomediche che hanno spianata la strada alle terribili selezioni della razza e del genere umano avvenute nel secolo passato, per le quali la Chiesa Cattolica, come altre Confessioni Religiose, si sono sempre opposte con giuste argomentazioni .

A questo punto si domanda e ci si domanda “dove sono coloro che dicono, oggi, di difendere i disabili, siano essi fisici o psichici, in Conferenze, Giornate, Convegni o che si affacciano negli schermi televisivi ad ammannirci di belle parole ? Forse fanno come Penelope, moglie di Ulisse, che resisteva nobilmente alle istanze dei Proci, serbando la fede al marito andato all’assedio di Troia, promettendo che avrebbe sposato uno di loro appena terminata la tela che di giorno tesseva e la notte la disfaceva ?

Siamo in sintonia con il Vaticano per le decisioni assunte in tema di rivedere le giuste decisioni di non firmare la “Convenzione” ONU ( vedi pag.12 speciale dossier ) .

La Santa Sede pur considerando la “Convenzione” ottima ed importante per il miglioramento della qualità della vita dei 650 milioni di persone con disabilità del mondo ( l’80% dei quali vivono in Paesi in via di sviluppo), quegli articoli 23 e 25 autorizzando l’accesso ai servizi riproduttivi, avrebbe favorito l’aborto, l’eutanasia, la limitazione delle nascite, lo stesso concetto non responsabile dei rapporti sessuali, l’espandersi dell’epidemia dell’HIV/AIDS disattendendo la procreazione responsabile, metodologie di sterilizzazioni che offendono la dignità della  persona, specie per quelle popolazioni più povere e più vulnerabili.

Bisogna considerare che la natura giuridica della Santa Sede è speciale in quanto comprende la Città del Vaticano, che è anche Governo Centrale della Chiesa Cattolica e l’eventuale ratifica offrirebbe un sostegno morale ad un provvedimento in contrasto con la Morale Cattolica, specifica azione nella catechesi della Santa Chiesa.

A nostro modesto avviso la riproduzione e la pianificazione familiare ( ripeto art.23 e 25) sono in netto contrasto, oltre con  i principi della Chiesa Cattolica ed i Trattati Internazionali, sul diritto alla vita, con l’art.10 della “Convenzione” dove “viene garantito il diritto inalienabile alla vita; con l’art.15 “dove nessuno dovrà essere sottoposto ad esperimenti medici scientifici”; e con l’art.16 dove si protegge “ogni forma di sfruttamento, violenza od abuso”.

E’ veramente inconcepibile e profondamente contradditorio, mi spiace ripeterlo da anni, che una società civile e globalizzata che tende costantemente e giustamente a riaffermare il valore della vita ( no alla guerra, no al terrorismo, no alla pena di morte), la si neghi attraverso il tentativo di ”imporre” norme che inducono alla soppressione radicale della funzione generatrice e procreatrice del genere umano.

Inoltre il voler associare il malato con minorazioni fisiche ( esempio precaria deambulazione, difficoltà motorie degli arti, cecità ) con il malato mentale, ( sofferente dalla depressione-primo disordine funzionale della persona- alla schizofrenia o dissociazione mentale ), non è ammissibile in quanto mentre per il primo sussistono possibilità di inserimento sociale e lavorativo, per il secondo si possono attuare cure specifiche, ma non si possono prevedere né tempi di recupero, né proposizioni lavorative, come recita la “Convenzione” all’art.27, dove viene richiesto coesione d’intelletto e responsabilità.

Quindi il valutare la disabilità fisica, che lo stesso Preambolo attesta “un concetto in evoluzione” ( lettera e), non può essere considerato handicap mentale, per la sua natura specificatamente e particolarmente psichica ( vedere pag. 9 del speciale dossier. ).

Comunque la “Convenzione” è stata elaborata con l’intento di sostituire le politiche caritatevoli, difformi, come in Italia carente di una vigorosa Legislazione, e di welfare nei vari Paesi obbligati ad abolire Legislazioni che costituiscono discriminazioni nei confronti de diversamente abili, fermo restando il diritto ad ogni Paese ad applicare norme migliorative rispetto alla stessa “Convenzione” sancite dall’art.4.

In conclusione non vogliamo fare tra i due “aspetti di malati” una discriminazione, ma soltanto creare non dico una corsia preferenziale, ma diversa con Provvedimenti Legislativi da parte dell’Italia, nella ratifica, per la risoluzione di questo particolare, grave disagio sociale. 

Le motivazioni inoltrate dalla n/s Associazione ai Governi ed al Parlamento passati a sostegno , sono state : 

1.) la ratifica della “Convenzione” ai sensi dell’art.43 come consenso vincolante e nel rispetto della dignità umana con precise riserve, ai sensi dell’art.47 e tali da escludere ogni possibile riferimento all’aborto, ad ogni metodo o modalità di salute riproduttiva, modifiche non ancora avvenute ! ; 

2.) su proposta del Governo al Parlamento nella ratifica, il riconoscimento giuridico di handicappato mentale, perché l’Italia quale membro dell’ONU può proporlo in base all’art.47 della “Convenzione”, fermo restando il diritto ad ogni Paese ad adottare norme migliorative rispetto alla Convenzione” come recita l’art.4 lettera a) che l’Italia deve applicare in sostituzione delle leggi 180 e 833 del 1978 in conformità della legge n.104/1992, richiesta non avvenuta ! :

a.) rispetto della dignità della persona malata psichicamente Petizione 2013/2018 della n/s Associazione proposta ;

b.) autorizzazione al trattamento obbligatorio anche in assenza del consenso del paziente, almeno in determinate condizioni, con le garanzie di rispetto del paziente considerato persona non padrona delle proprie azioni e dei suoi familiari che, in caso di crisi, non sono in grado di interagire , che in Italia sarebbe la prima volta come richiesta;

c.) realizzazione di strutture territoriali di riabilitazione di lunga durata per i casi più difficili da riabilitare, onde evitare che sulle famiglie gravino un carico insostenibile di disagio, costi e pericoli ;

d.) la competenza di istituire, da parte delle Regioni. di Servizi di Riabilitazione territoriali che consentono di rilevare precocemente comportamenti anormali di pazienti conosciuti od ignoti. Ma l’aspetto sanitario è solo parte, perché quello sociale è altamente importante;

e.) il “dopodinoi”, cruccio delle famiglie le quali temono per il futuro dei loro parenti che un giorno erediteranno beni materiali ;

f.) con gli attuali euro 282,55 al mese consentono solo di sopravvivere : una vergogna ! ;

g.) prevenzione dei disturbi di comportamento e di psicopatie in età evolutiva, a tutt’oggi non ancora valutata, per consentire di affrontare le psicosi ed in particolare la schizofrenia in modo migliore ed efficace.

Tutto questo ed altro non è stato ancora esaminato da nessuna Istituzione perché a nessuno interessa questo problema sociale e nessuno se ne interessa !

Sul comportamento del mondo Cattolico in generale sulla malattia mentale bisogna riconoscere che è sempre stata data una necessaria, attenta e doverosa risposta cristiana ed un crescente spirito di servizio dalla Chiesa Cattolica in una unità d’intenti notevoli da parte delle diverse Gerarchie Ecclesiastiche, propensi a scuotere le coscienze considerando ed invitando il popolo cristiano e non cristiano al rispetto della dignità dell’uomo, uno dei pilastri dell’antropologia umana . 

In questo “momento”, pare, esistere una situazione molto delicata, importante e grave per la salute pubblica, che ho definito “ budget del ricoverato ” che tenderebbe ad abbandonare al loro destino cittadini malati , ma ancora più grave se disabili in tarda età od agonizzanti in quanto finito quel quid finanziario verrebbero dimessi dagli Ospedali senza una adeguata protezione alternativa, tanto da determinare il loro precario stato di salute, in pratica una eutanasia mascherata : budget del ricoverato * , richiesta nelle n/s Petizioni che il Parlamento ancora deve rispondere ! 

In conclusione, Dostoijevskij diceva che una società va giudicata a secondo come tratta i malati mentali !

In tutto questo noi speravamo assieme all’opinione pubblica, perché la speranza non costa niente e l’illusione aiuta a vivere ! 

Con le sagge parole del Santo Giovanni Paolo II° : ” Andiamo avanti con speranza !

Previte

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