Cosa fare dell’Europa? | unioeuropaea.eu

Per trovare le giuste risposte alla domanda, bisogna necessariamente focalizzare la questione sulla piena integrità, politica e soprattutto culturale, dell’Unione Europea.
L’Unione Europea, come si sa, è un soggetto politico a carattere sovranazionale e intergovernativo comprendente ventotto Stati indipendenti del Vecchio Continente. Essa non è una semplice organizzazione economica, come lo sono state le comunità europee preesistenti, ma non ha i poteri di uno Stato sovrano seppur i Paesi membri vi hanno delegato determinate materie. Esiste un mercato comune, caratterizzato da una moneta unica, ma manca una vera unione politica che sappia affrontare (e risolvere) i problemi inerenti, i quali vengono sistematicamente elusi dalla commistione di competenze fra gli organi istituzionali della stessa UE (divisi tra quelli emanati direttamente dai cittadini europei come il Parlamento Europeo e quelli emanati dagli Stati Nazionali come il Consiglio dell’Unione Europea).
Di fatto, i Paesi aderenti, partiti da una condizione di logorata indipendenza, sono tuttora ancorati a una condizione di transitorietà politica non riuscendo a raggiungere quella solidarietà di fatto che avrebbe garantito loro il giusto ruolo all’interno della comunità. Invece, si stanno trovando come una barca che, nell’attraversare le due rive contrapposte di un fiume, è rimasta coinvolta nel mezzo di un pericoloso vortice senza decidere se è preferibile tornare indietro o raggiungere la destinazione. Per cui gli Stati Nazionali (e i cittadini che vi prendono parte), se non vogliono affondare, hanno ora il compito di scegliere se abbandonare l’Unione Europea o se rimanervi con l’implicito rapporto che essa debba essere completata politicamente.
Completare politicamente l’Europa significa dare all’istituzione che ne rappresenta la parte già predisposta, ovvero l’Unione Europea, uno status giuridico ben preciso con la definizione inequivocabile della propria sovranità (sia nei rapporti fra i Paesi membri e sia a livello intercontinentale). A differenza di un “Superstato” europeo o di una semplice Federazione in cui tutto è ridotto a un burocratico sistema amministrativo, si deve puntare su un modello confederale in cui la UE rappresenti gli interessi degli Stati che da soli, per via degli epocali mutamenti storici degli ultimi decenni, non sono più in grado di gestire (politica estera, economica e finanziaria) e lasciare alla competenza nazionale le loro peculiarità attitudinali (come, per esempio, è stata l’Austria-Ungheria che era unita dalla figura del monarca e da una politica estera, militare e finanziaria comune, ma era divisa da amministrazioni e parlamenti separati, la cui disgregazione, travolta dalla “valanga della storia”, ha profondamente segnato due guerre mondiali). Questo progetto non ha nulla di nuovo (era già in parte presente nel Trattato di Maastricht), ma non essendo stato portato a termine, anche per colpa delle anacronistiche rivalità nazionali, non è stato attuato, facendo rimanere l’Unione Europea in quell’ibrido istituzionale che, come detto in precedenza, sta causando la sua atrofizzazione.
Altrimenti vi è la possibilità di sciogliere l’Unione Europea e di ritornare alla piena sovranità degli Stati Nazionali come lo erano prima della Seconda Guerra Mondiale. Ma proprio perché le rivalità nazionali hanno condotto alla guerra, si è voluto intraprendere nel dopoguerra il cammino dell’integrazione europea che ha consentito ai Paesi dell’allora Comunità Economica di avviare la loro ricostruzione. Si deve inoltre ricordare che all’epoca l’Europa stava già iniziando a perdere la propria centralità (nei cinque secoli precedenti il progresso culturale, scientifico e tecnologico è stato appannaggio del nostro continente e gli Stati europei con le loro colonie lo avevano diffuso in tutto il Mondo), schiacciata dai due blocchi contrapposti degli Stati Uniti d’America e dell’Unione Sovietica, mentre oggi, finita la Guerra Fredda e in un contesto multipolare per la prepotente ascesa di giganti usciti da un lungo letargo (in primis Cina e India), essa rischia addirittura di essere travolta e spazzata via dalla globalizzazione. La situazione odierna deve far tornare in mente ciò che è accaduto nell’Alto Medioevo quando, per fermare l’alluvionale invasione islamica, Carlo Martello dovette unire le proprie forze per batterli a Poitiers (732) e in seguito suo nipote, Carlo Magno, trasformando il regno ereditato dal padre nel Sacro Romano Impero, fece nascere il moderno concetto politico, culturale e spirituale di “Europa” (non a caso il nucleo centrale del suo Stato era composto dalle odierne Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo e Italia, ovvero i Sei Paesi fondatori nel 1957 della Comunità Economica Europea, antesignana dell’attuale UE).
Ed è proprio sugli indissolubili vincoli culturali e spirituali, già alla base della formazione delle Nazioni e quindi degli Stati, che gli Europei potranno trovare quella coesione e quella solidarietà di fatto in grado di completare l’unità politica dell’Europa, affinché essa continui a esistere anche nel Terzo Millennio se non vuole essere relegata a una obsoleta espressione geografica.
Questi temi, per essere approfonditi, sono discussi nel libro “Come ricostruire la nostra Europa” di Gianluca Sementilli disponibile in tutte le librerie italiane.

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