Cosa succede a Istanbul? ~ CampariedeMaistre

di Andrea Virga

Visti i miei interessi in ambito geopolitico, ho seguito fin dall’inizio le notizie provenienti dalla Turchia. Una breve intervista [link: www.granews.info/content/turkish-revolution-interview-andrea-virga ] chiestami da Natella Speranskaya, del sito Global Revolutionary Alliance, mi ha costretto ad approfondire e analizzare la situazione. Va premesso che è ancora presto per trarne delle indicazioni certe, specie per quanto riguarda il futuro. Tuttavia, ci sono già dati sufficienti per tracciare, almeno a grandi linee, gli scenari possibili. Mi sento quindi di poter ribadire quanto già affermato nella suddetta occasione.

Come spesso accade, i tumulti in Turchia si sono espansi da una piccola protesta ambientalista in Istanbul fino ad una rivolta nazionale, con centinaia di migliaia di partecipanti. Le violente reazioni da parte delle autorità hanno solo dato vita ad una coalizione spontanea di forze antigovernative, in marcia nelle strade. Le ragioni della rivolta stanno principalmente nella crescente intolleranza verso l’islamizzazione della società turca da parte di Erdogan, come pure per la sua politica estera di sostegno ai ribelli islamisti in Siria. I partiti d’opposizione, dal kemalista CHP (Partito Popolare Repubblicano) alle formazioni nazionaliste e comuniste, si sono uniti alle proteste, all’apparenza senza scontri intestini. Le filiali delle banche e delle multinazionali straniere sono state vandalizzate, il che suggerisce la presenza di forze anticapitaliste e antiglobalizzazione. D’altra parte, le forze di polizia civili e militari sono state coadiuvate apertamente da militanti ed elettori dell’AKP (Partito per lo Sviluppo e la Giustizia), con l’effetto di confermare i manifestanti nelle loro posizioni antigovernative. Comunque, anche nel partito di governo, sono stati sollevati dubbi riguardo alla brusca condotta da parte delle forze di sicurezza e alla risposta di Erdogan alla crisi.
Se guardiamo a questo conflitto da una prospettiva più ampia, geopolitica, va notato che le Forze Armate Turche, storicamente il principale sostegno ad una posizione atlantista, sono state indebolite dalle politiche di Erdogan. D’altra parte, la sua cosiddetta dottrina “Neo-Ottomana” in politica estera, che consiste nel promuovere la Turchia come la nazione islamica guida nel Medio Oriente, è chiaramente vista con ostilità dalle forze d’opposizione. Tra di loro, mentre ci sono forze che potrebbero assumere una linea eurasiatista, come i nazionalisti laici panturanisti o i comunisti antimperialisti, le posizioni liberali e democratiche sono probabilmente più ampiamente rappresentate. Infatti, media e politici, sia europei che americani, hanno cominciato a mostrare un po’ di sostegno ai manifestanti turchi, nel nome dei diritti umani e della democrazia. Sicuramente, proveranno a mantenere la loro influenza sull’opposizione.
 
Almeno al momento, Erdogan non sembra sicuro riguardo alla sua posizione. Potrebbe scegliere di farsi da parte, lasciando la sua carica ad un altro membro dell’AKP, o potrebbe provare a resistere, facendo forza, col risultato di peggiorare la situazione e rischiare un conflitto civile, senza essere certo della fedeltà delle Forze Armate. La sua caduta potrebbe costituire un’occasione per le forze atlantiste per instaurare una Turchia laica e socialdemocratica, capace di sganciarsi dalla sconfitta islamista in Siria, e che miri all’integrazione in Europa, restando un valido alleato della NATO nel Medio Oriente, più affidabile di prima. Ad ogni modo, ci sono possibilità anche per le forze d’opposizione effettiva. Anche una Turchia neo-kemalista, relativamente moderata, potrebbe essere persuasa più facilmente a fare affidamento sulla Russia e sull’Iran per una cooperazione nella regione.
In più, dal nostro punto di vista, è il caso di vedere quali ripercussioni ciò possa avere sulla libertà religiosa in Turchia. Nel Paese, sono presenti pochissimi cristiani di rito orientale (circa 80.000, tre quarti dei quali Armeni), più qualche migliaio di protestanti e cattolici latini. In teoria, Greci e Armeni sono minoranze religiose riconosciute che godono di particolari diritti (come scuole proprie), e la laicità dello Stato, opera di Kemal Ataturk, consente sia la libera espressione del culto, sia il proselitismo (libertà rara nel Medio Oriente), pur limitando l’ostentazione di simboli religiosi nei luoghi pubblici, analogamente a quanto avviene in Francia. Tuttavia, le minoranze cristiane hanno spesso subito ostracismo e discriminazioni, culminati a volte in fatti di sangue come l’assassinio del sacerdote italiano Don Andrea Santoro (5 febbraio 2006), del giornalista armeno Hrant Dink (19 gennaio 2007) e la strage di tre cristiani a Malatya (18 aprile 2007). Le ragioni di ciò vanno ricercate non solo nell’islamismo, che durante il governo dell’AKP ha ripreso forza, peggiorando la situazione, ma anche nel nazionalismo turco, ostile nei confronti delle minoranze etniche e religiose, in particolare quelle autoctone, superstiti ai terribili genocidi perpetrati un secolo fa.

Per questo, un’eventuale sconfitta di Erdogan dovrebbe far diminuire la pressione sui Cristiani in Turchia, oltre ad avere ripercussioni positive anche sulla Siria, dove la Turchia ha dato grande sostegno politico agli insorti islamisti, massacratori di Cristiani. D’altra parte, la società turca resta sufficientemente conservatrice per impedire una vera e propria deriva progressista. Nondimeno, bisogna ricordare che in Turchia, la laicità non è sinonimo di tolleranza verso le minoranze etnoreligiose, dato che è tipica anche del nazionalismo, il quale include addirittura frange anti-islamiche e neopagane. Inoltre, occorre constatare che le minoranze cristiane sono troppo piccole per avere un peso politico in sé. Infine, va tenuto conto del fatto che i diritti dei cristiani non sono davvero una priorità per l’Occidente, ma al massimo un pretesto per i propri interventi. Purché si tengano presenti questi caveat, va comunque ammesso che il quadro generale lascia intravedere un miglioramento, seppur limitato, della situazione.

Fonte: Cosa succede a Istanbul? ~ CampariedeMaistre.

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