Così la laica Francia ha legalizzato la cristianofobia | La Nuova Bussola Quotidiana

di Massimo Introvigne  16-09-2014

Molto dei nostri lettori ricordano chi sono le Femen: un’organizzazione di attiviste antireligiose e pro-gay ucraine, specializzate in chiassose e violente provocazioni anticattoliche e con ambigui legami con il mondo della pornografia e della prostituzione internazionali, oltre che con «poteri forti» anticristiani assortiti. Il volto della leader delle Femen, Imma Shevchenko, è stato scelto addirittura dalla Francia per rappresentare il simbolo nazionale della Marianna sui più comuni francobolli della posta francese.

Fra le aggressioni anticattoliche delle Femen si contano l’irruzione a seno nudo nella cattedrale parigina di Nôtre Dame, il 12 febbraio 2013, per celebrare le dimissioni di Benedetto XVI al grido «Nessun nuovo Papa!», e quella nella chiesa della Madeleine, sempre a Parigi, del 20 dicembre 2013, quando una di loro è salita sull’altare, ha tolto anche le mutandine (presentarsi senza reggiseno per il gruppo ucraino è normale), e ha mostrato ai fedeli attoniti le sue parti intime, da cui sono usciti pezzi di carne animale per simulare un aborto e deridere la posizione antiabortista della Chiesa Cattolica.

La settimana scorsa, il 10 settembre, le Femen protagoniste della bravata di Nôtre Dame sono andate a giudizio di fronte al Tribunale di Parigi, per il reato di danneggiamento di tre campane antiche esposte nella cattedrale nel quadro della mostra per l’850° anniversario dell’edificio. La procura della Repubblica aveva rinunciato a perseguirle per altri reati – argomentando che nella Francia laica non esiste un reato di oltraggio alla religione -, chiedendo la pena, modesta per un’organizzazione milionaria, di 1.500 euro per ogni attivista coinvolta nell’episodio. Il tribunale ha invece assolto le Femen, ma non si è limitato a questo. Dal momento che tre responsabili della sorveglianza di Nôtre Dame avevano espulso le Femen dalla cattedrale, applauditi dai fedeli, li ha condannati ad ammende rispettivamente di 300, 500 e 1.000 euro per avere «aggredito» le ragazze. La procura aveva chiesto la condanna anche dei sorveglianti, ma l’ammontare delle multe comminate ha superato quello richiesto dal procuratore, aumentandolo fino al doppio. La stessa procura ha presentato appello, senza troppo ottimismo, così com’è difficile prevedere una condanna seria per l’episodio della Madeleine, la cui protagonista andrà a giudizio per atti osceni in luogo pubblico il prossimo 15 ottobre.

La motivazione giuridica dell’assoluzione è che non si può sapere quali fra le imputate hanno partecipato al danneggiamento delle campane, e le testimonianze relative al concitato episodio sono contraddittorie. Qualche giurista ha paragonato la sentenza di Parigi a una emessa di recente dal Tribunale di Angoulême, il quale ha assolto un branco di giovinastri che ha violentato una disabile dichiarando che non era possibile accertare chi fra i teppisti avesse effettivamente partecipato alla violenza. Un giurista ha commentato che ormai in Francia per essere assolti è sufficiente mettersi in venti per aggredire due persone. Sarà difficile accertare chi tra i venti ha davvero colpito i due malcapitati, mentre se questi ultimi reagiscono sarà invece facile identificarli e condannarli a loro volta per la partecipazione alla rissa.

Al di là delle bizzarrie giudiziarie – di un genere che conosciamo bene anche in Italia – si deve rilevare che con la sentenza di Parigi è stata assolta, insieme alle Femen, la cristianofobia. Anche una piccola ammenda relativa al solo danneggiamento delle campane non sarebbe stata sufficiente. Quelli delle Femen si chiamano infatti tecnicamente «crimini di odio», provocazioni e offese contro un’intera categoria, quella dei cattolici. È vero, la laicissima Francia non ha una legge contro le offese alla religione. Ma le Femen avrebbero potuto essere perseguite comunque – molti commenti lo hanno notato – perché la Francia ha sottoscritto le convenzioni internazionali e ha leggi che puniscono i «crimini di odio» e le aggressioni rivolte contro una specifica minoranza etnica o religiosa (certamente i cattolici sono ormai una minoranza in Francia). Le leggi speciali non sono necessarie, anzi spesso complicano le cose. Ma le leggi generali vanno sempre applicate.

I lettori mi scuseranno un riferimento personale. La sentenza relativa alle Femen è venuta due giorni prima del terzo anniversario del vertice di Roma sulla cristianofobia dell’Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) del 12 settembre 2011, cui parteciparono 56 Paesi e che fu da me organizzato nella veste, che avevo in quell’anno, di Rappresentante dell’Osce per la lotta al razzismo, alla xenofobia e all’intolleranza e discriminazione contro i cristiani e i seguaci di altre religioni. Quel vertice fu molto lodato dalla Santa Sede perché introduceva per la prima volta negli atti della maggiore organizzazione internazionale che si occupa di diritti umani la nozione di cristianofobia, distinguendone tre livelli – l’intolleranza come fatto culturale, la discriminazione come fatto giuridico e i veri e propri crimini di odio -, e impegnava gli Stati partecipanti all’Osce a prendere nota della gravità del problema e a intervenire.

Nella riunione finale dei Ministri degli Esteri dell’Osce del 5-6 dicembre 2011 a Vilnius, in Lituania, mons. Dominique Mamberti, sotto-segretario di Stato vaticano per i rapporti con gli Stati, ebbe a lodare l’«opera eccezionale svolta per combattere l’intolleranza contro in cristiani» dalla stessa Osce in quell’anno, riferendosi in particolare al vertice organizzato a Roma che definì «un evento positivo e incoraggiante», auspicando che gli venisse dato adeguato seguito. A distanza di tre anni, non è successo gran che. Molti Stati avevano chiesto all’Osce che mi fosse affidato un secondo mandato annuale – non consueto, ma non vietato – proprio per proseguire nel lavoro avviato a Roma. Ma la presidenza dell’Osce nel 2012 era affidata all’Irlanda, che avevo bacchettato per la minaccia di abolire nel proprio Paese il segreto della confessione sotto la spinta emotiva dei casi dei preti pedofili, e che fosse proprio l’Irlanda a conferirmi – la decisione spettava a lei – un secondo mandato era politicamente inverosimile. Anzi, l’Irlanda nominò un’anziana signora magistrato che si era occupata principalmente di pedofilia. Le feci i miei auguri, mi astenni rigorosamente da ogni critica, e debbo dire che non cercò, come molti temevano, di smantellare quello che avevamo fatto io e il mio eccellente predecessore, anche lui italiano, Mario Mauro: forse anche a causa dell’età avanzata, più semplicemente non fece quasi nulla.

Alla presidenza irlandese hanno fatto seguito quella ucraina e ora quella svizzera. L’Ucraina ha scelto per il ruolo che avevo a suo tempo occupato la sua ambasciatrice presso la Santa Sede, persona eccellente ma che ovviamente non poteva occuparsene a tempo pieno, e la Svizzera un giurista russo. Ci sono ora certamente dei passi in avanti rispetto all’anno quasi perduto con la presidenza irlandese. Ma ucraini e russi hanno i loro problemi internazionali, e la situazione è difficile. I rapporti dell’Osservatorio dell’Intolleranza e Discriminazione contro i Cristiani di Vienna – un’organizzazione privata, ma autorevole e bene informata – ci dicono che i crimini di odio contro i cristiani sono in aumento. La scandalosa vicenda delle Femen ci dice pure che, in molti Paesi, non si fa nulla per fermarli.

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