Cristiani necessari al Medio Oriente | Chiesa | www.avvenire.it

“Sembra che si sia persa la consapevolezza del valore della vita umana, sembra che la persona non conti e si possa sacrificare ad altri interessi. E tutto ciò, purtroppo, nell’indifferenza di tanti”. Con queste parole il Papa ha aperto questa mattina il Concistoro nel quale 86 tra cardinali e patriarchi di tutto il mondo si sono confrontati sulla situazione del Medio Oriente per sostenere i cristiani perseguitati, vittime di brutalità e violenze “inimmaginabili”. Il Concistoro, presieduto dal Papa, è stato indetto per la canonizzazione dei beati Giuseppe Vaz (sacerdote dell’Oratorio di San Filippo Neri, fondatore dell’Oratorio della Santa Croce Miracolosa a Goa e apostolo di Sri Lanka e India) e di Maria Cristina dell’Immacolata Concezione (fondatrice della Congregazione delle Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato). Al Concistoro però hanno partecipato anche i patriarchi del Medio Oriente per informare i membri del Collegio Cardinalizio sull’attuale situazione dei cristiani in questa regione.

Ci accomuna – ha detto il Papa – il desiderio di pace e di stabilità in Medio Oriente e la volontà di favorire la risoluzione dei conflitti attraverso il dialogo, la riconciliazione e l’impegno politico. Nello stesso tempo, vorremmo dare il maggiore aiuto possibile alle comunità cristiane per sostenere la loro permanenza nella regione. Come ho avuto occasione di ribadire a più riprese, non possiamo rassegnarci a pensare al Medio Oriente senza i cristiani, che da duemila anni vi confessano il nome di Gesù. Gli ultimi avvenimenti, soprattutto in Iraq e in Siria – ha sottolineato – sono molto preoccupanti. Assistiamo ad un fenomeno di terrorismo di dimensioni prima inimmaginabili. Tanti nostri fratelli sono perseguitati e hanno dovuto lasciare le loro case anche in maniera brutale. Sembra che si sia persa la consapevolezza del valore della vita umana, sembra che la persona non conti e si possa sacrificare ad altri interessi. E tutto ciò, purtroppo, nell’indifferenza di tanti”.

“Questa situazione ingiusta richiede – ha affermato – oltre alla nostra costante preghiera, un’adeguata risposta anche da parte della Comunità Internazionale. Sono sicuro che, con l’aiuto del Signore, dall’incontro odierno verranno fuori valide riflessioni e suggerimenti per potere aiutare i nostri fratelli che soffrono e per venire incontro anche al dramma della riduzione della presenza cristiana nella terra dove è nato e dalla quale si è diffuso il cristianesimo”.

Al cardinale Piero Parolin è stata affidata la relazione introduttiva. Il Segretario di Stato ha analizzato la situazione (LEGGI ARTICOLO). “Nel caso specifico delle violazioni e degli abusi commessi dal cosiddetto Stato islamico la Comunità internazionale, attraverso le Nazioni Unite e le strutture che si sono date per simili emergenze, dovrà agire per prevenire possibili e nuovi genocidi e per assistere i numerosi rifugiati“, è stato uno dei passaggi più forti della sua relazione.

Sullo “sfondo” del Concistoro per il Medio Oriente, “oltre alle condizioni per le ingiustizie subite e le gravi difficoltà in cui si trovano i cristiani, c’è il grande dilemma di andare o restare”. Lo ha riferito il direttore della sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, nel briefing di oggi.

Tra i 25 e i 30 gli interventi per due ore di dibattito: tutti e 6 i patriarchi delle Chiese mediorientali, presenti al Sinodo, hanno preso la parola, manifestando innanzitutto “grande gratitudine per il Papa e i suoi frequenti interventi sul tema”, nonché per il “vero sostegno e la partecipazione calorosa” delle altre Chiese alla loro situazione. I patriarchi hanno “passato in rassegna la situazione dei loro rispettivi Paesi”, ha riferito il portavoce vaticano.

Iraq, Siria, Egitto, Terra Santa, Giordania, Libano: questi alcuni Paesi che hanno fatto sentire la loro voce in Aula del Sinodo. In generale, sono stati ribaditi alcuni principi: “L’esigenza della pace e della riconciliazione in Medio Oriente, la difesa della libertà religiosa, il sostegno alle comunità locali, la grande importanza dell’educazione per creare nuove generazioni capaci di dialogare tra loro, il ruolo della comunità internazionale”.

Il Medio Oriente, in altre parole, ha un bisogno urgente di ridefinire il proprio futuro: a partire dall’importanza di Gerusalemme come “capitale della fede” per le tre grandi religioni monoteiste e dalla necessità di arrivare a una soluzione dei conflitti israelo-palestinese e siriano. Di fronte alle violenze perpetrate dall’Is, è stato ribadito che “non si può uccidere in nome di Dio”. In particolare, è stata evidenziata l’esigenza che “ai cristiani siano riconosciuti tutti i diritti civili degli altri cittadini”, soprattutto nei Paesi in cui attualmente la religione non è separata dallo Stato. Riguardo, inoltre, al sostegno per le comunità locali della regione, è stato ribadito che “un Medio Oriente senza cristiani sarebbe una grave perdita per tutti”: di qui la necessità di “incoraggiare i cristiani affinché restino in Medio Oriente” e che i profughi possano tornare alle loro case, anche attraverso apposite “zone di sicurezza”.

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