Cristiani perseguitati per la propria fede in Egitto – Aleteia

© ARIS MESSINIS / AFP
Papa Francesco ha ricordato in varie occasioni i cristiani perseguitati per la propria fede in tutto il mondo, chiedendo la preghiera e l’azione per migliorare le condizioni di vita di questi fratelli oppressi.

Le Chiese orientali cattoliche in Paesi a maggioranza islamica soffrono anche per la violenza settaria. Aleteia ha intervistato monsignor Joannes Zakaria, vescovo di copti cattolici di Luxor (Egitto).

I cristiani pregano e digiunano per la pace nel Paese. La Chiesa locale difende la vita indipendentemente dal fatto che si tratti di musulmani o persone di altre religioni, ed è impegnata contro la pena di morte, come ha confermato il presule.

Monsignor Zakaria, perché i gruppi estremisti islamici stanno scaricando la propria rabbia contro la comunità cattolica?

Gli estremisti islamici sfogano la propria rabbia contro i cristiani egiziani – cattolici, ortodossi e protestanti – perché accusano i cristiani del Paese di essere contro la legge islamica e il governo dei Fratelli Musulmani. Li accusano di sostenere l’esercito egiziano e di aiutare ad abbattere il Presidente Mohamed Morsi.

Alcuni estremisti, in Egitto e in tutto il mondo islamico, ritengono poi i cristiani degli infedeli che devono essere convertiti all’islam: o lasciare il Paese, o pagare il tributo, o affrontare la morte.

Dall’altro lato, la Corte di Minya sta valutando la pena di morte per 529 persone che sostenevano i Fratelli Musulmani. Qual è la posizione della Chiesa locale sulla situazione dei prigionieri, che corrono il rischio di essere giustiziati?

Stiamo parlando di un giudizio di primo grado e non di uno definitivo o finale. C’è la possibilità che siano giudicati una seconda volta e anche una terza. Il numero dei condannati a morte è 529, ma quelli che si trovano in carcere sono 149, gli altri sono contumaci.

La posizione della Chiesa locale è la stessa della Chiesa universale. La Chiesa è sempre contraria alla pena di morte. Dal punto di vista della coscienza cristiana, la pena capitale non è il modo migliore per risolvere il problema della criminalità e della presenza dei malvagi al mondo.

I Paesi sviluppati trattano i criminali con programmi educativi per riscattarli e aiutarli a cambiare vita. Li aiutano a tornare alla normalità.

Qual è la situazione attuale in Egitto, e come influisce sulla vita quotidiana della comunità cattolica e in generale sulla pace nel Paese?

La situazione attuale non è buona. Ovunque in Egitto si verificano atti di violenza, furti, disordini, vandalismo e manifestazioni contro i cristiani, il Governo, l’esercito e le forze dell’ordine. Questa situazione tragica va avanti da tre anni, ma cerchiamo di agire con prudenza e di tenerci lontani da questi pericoli.

La comunità cattolica, cristiana, sta vivendo un momento di intensa preghiera e digiuno. Questo sta rafforzando la speranza dei fedeli, che chiedono al Dio della pace di far tornare la vera pace in Egitto e in tutto il mondo.

Sono state organizzate anche varie riunioni in diverse parrocchie per discutere su come vivere pacificamente insieme, cristiani e musulmani, e su come collaborare per il bene della società egiziana e per un futuro migliore. Nelle scuole cattoliche, i responsabili cercano di educare gli studenti e i bambini a vivere insieme in pace e armonia.

Al termine dell’intervista, il vescovo ha chiesto un ricordo nella preghiera per lui e per la comunità della diocesi.

Hanno collaborato a questo servizio Tony Assaf, editore dell’edizione araba, e Ary Waldir Ramos Díaz di Aleteia.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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