Padre Stefano Giudici, comboniano in Kenya: noi non scappiamo.
Giacomo Galeazzi
“Da un lato i terroristi jihadisti mettono le bombe ai terminal degli autobus o lanciano granate nelle chiese, dall’altro la maggioranza musulmana acquista case e terreni accalappiando i cristiani indigenti come manovalanza»”.A descrivere la «tenaglia» islamica nella quale è preso il 30% della popolazione del Kenya è padre Stefano Giudici, il comboniano che dal 2009 guida a Nairobi la missione San Giovanni Battista nella baraccopoli di Korogocho, uno degli angoli più disperati dell’Africa. Il continente nero è nel mirino delle sette fondamentaliste (come Boko Haram in Nigeria) che, con migliaia di morti, cercano di imporre la Sharia. Il «contagio» è un incubo.
Cosa minaccia i cristiani?
«L’islamizzazione strisciante ha due volti: quello violento degli estremisti e quello legale dei possidenti che, come i coloni israeliani nei Territori, occupano zona su zona. A Capodanno abbiamo organizzato una marcia pacifica per la libertà religiosa e contro l’uso strumentale della fede per obiettivi di potere politico ed economico. Soffriamo le crescenti tensioni in vista del voto di marzo, ma qui la nostra azione pastorale è ben accolta dalla gente. Al vertice ci sono incomprensioni e nelle varie comunità di credenti i fondamentalisti lavorano alla radicalizzazione. Noi restiamo qui, non abbiamo paura, non scappiamo.»
C’è ancora dialogo con l’Islam?
«Sì ma l’appartenenza islamica si sta ideologizzando e le divisioni sono tribali. Siamo tra gente che apprezza il nostro impegno e comprende il senso della nostra presenza in un posto così carico di problemi, emergenze, sfide ma anche potenzialità di bene. purtroppo ognuno si ritira in posizioni di intransigenza e le frange integraliste manipolano le coscienze. Gli incentivi per lo sviluppo sono un modo per attirare gente. Quando non si ha da mangiare si accetta tutto e molti diventano islamici per necessità. Sia una strategia oppure una dinamica spontanea, la tendenza è ormai generale. Persino gli immigrati indiani fanno così nei loro quartieri di Nairobi per propagare la fede indù. Soldi case, terreni, posti di lavoro».
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