Dalla Nigeria al Kenya – Il filo rosso dell’odio

C’è un filo rosso come il sangue che lega il Kenya, la Nigeria e il Maghreb. Un filo tessuto dagli strateghi di morte dell’ideologia fondamentalista islamica che hanno identificato da tempo nell’Africa il loro nuovo e vero campo di battaglia.

E questo per un elemento principale e uno secondario. Prima di tutto, perché il Continente – dimenticato dall’Occidente, salvo ricordarsene quando ci sono in ballo corposi interessi – offre giganteschi spazi di manovra (e resistenze quasi nulle) ai predicatori della “guerra santa”; l’Africa infatti concede una possibilità di penetrazione nelle sue società con progressioni geometriche rispetto a quanto accade in Occidente (obiettivamente più difficile da colonizzare).

L’elemento secondario, naturalmente solo dal punto di vista strategico, è quello degli obiettivi. Partiamo da alcuni esempi. Tre giorni fa nel campo profughi di Dadaab in Kenya (il più grande del mondo, che ospita profughi provenienti dalla vicina Somalia), un commando di shabaab ha ucciso due persone e sequestrato quattro occidentali liberati solo ieri. Non è bastato per «finire sui giornali». Ancora qualche giorno prima, durante la partita del Campionato europeo Italia-Inghilterra, sempre in Kenya e sempre a opera degli shabaab, è stata consumata una strage in un locale pubblico: anche questa tra l’indifferenza generale dei media non africani. Il duplice raid di domenica a Garissa ha fatto invece notizia.

Cliccare sul link per leggere il resto dell’articolo →Il filo rosso dell’odio | Commenti | www.avvenire.it.

Print Friendly, PDF & Email
Questa voce è stata pubblicata in Africa e Medio Oriente. Contrassegna il permalink.

I commenti sono chiusi.