D&G fanno discutere il mondo russo ortodosso | Tempi.it

marzo 6, 2013 Angelo Bonaguro

Premetto che di moda non capisco nulla e i jeans me li compro al mercato. Ma la discussione che nell’ortodossia russa si è scatenata dopo la presentazione a Milano della collezione donna autunno-inverno di Dolce e Gabbana, ispirata soprattutto ai mosaici di Monreale, è sintomatica del variegato panorama religioso russo.

Già un paio d’anni fa qualcuno aveva lanciato l’idea di un vero e proprio dress code per la «moda ortodossa», accompagnata da relative sfilate. Ora si è aperta anche la discussione sulla moda occidentale. Uno dei primi interventi è stato quello della studiosa e docente Irina Jazykova, secondo la quale D&G hanno fatto un uso improprio delle immagini sacre. L’idea di fondo è che immagini di questo tipo servano per elevare lo spirito e non per un uso profano, essendo «raffigurazioni adatte ai paramenti liturgici» e non a passeggiare per la strada. Altri commentatori, proiettando un giudizio moderno sul mondo antico, preferirebbero che un Braghettone correggesse anche i mosaici di Ravenna, sulla base della critica mossa dai Padri del VII Concilio ecumenico alla raffigurazione dell’adorazione dei Magi, visibile sull’abito dell’imperatrice Teodora in San Vitale.

Un sacerdote si dichiara «dispiaciuto più che offeso», e al contempo osserva che è inutile rimproverare Dolce e Gabbana per la pagliuzza della loro collezione quando sulle bancarelle ortodosse si vende la trave della paccottiglia religiosa (cinture che riportano preghiere, iconette da appendere in auto «che continuano a penzolarti davanti agli occhi», ecc.): «L’icona è un’immagine che ha un forte significato dogmatico, documenta che Dio si è veramente incarnato, è diventato visibile e, conseguentemente, è raffigurabile in sembianze umane». Alla maggior parte degli opinionisti russo-ortodossi la collezione di D&G piace, ne lodano colori, tessuti e ricami, si riconosce che «la moda è arte, è come dipingere un quadro, è l’espressione della propria identità perciò non tutto ha un significato funzionale». Ma se è vero che in Russia si vendono t-shirt con simboli religiosi, «così stilisticamente al di sotto di questa collezione e che buttiamo in lavatrice con gli asciugamani da cucina», quel che proprio non va giù è l’uso delle croci, piuttosto vistose, e dei «sacri volti» su borsette e scarpe. Del resto non gli si può dare torto: per un credente educato nella tradizione orientale «i sacri volti sui vestiti e sulle borse sono un evidente eccesso; qualcosa dentro di te si ribella».

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