Diritto al figlio? È una mostruosità | La Nuova Bussola Quotidiana

di Tommaso Scandroglio

Profumo di incenso sale da una pagina del Corrierone di ieri dedicata alla fecondazione artificiale. A firmare l’articolo celebrativo della provetta dal titolo “Fecondazione assistita, diritto da difendere” è Giorgio Lambertenghi Deliliers, emerito di ematologia presso l’Università Statale di Milano.

 

Saltiamo a piè pari, seppur a malincuore, molte delle argomentazioni offerte dal professore che vanno dalla tesi che la Fivet non sia contro natura ma una tecnica che la perfeziona a quella che confonde la genitorialità putativa con quella propria dell’adozione e con quella derivata da fecondazione eterologa, dall’affermazione che il vero dramma di oggi è l’aborto (ma il professore sa che la fecondazione extracorporea prevede il sacrificio di circa il 95% degli embrioni per avere qualche chance di successo?) a quella che i figli della provetta sarebbero immuni da problemi psicologici et similia.

 

Sotto al microscopio della Bussola posizioniamo invece questo passaggio: «Una volta generare un figlio veniva considerato un dono, oggi invece, alla luce del progresso scientifico, diventa un diritto, che può essere soddisfatto».

 

Pare dunque che laddove qualcosa si possa fare diventi un diritto. Quando invece la tecnica non ci dà una mano a soddisfare i nostri desideri possiamo solo sperare nella fortuna, che nella prospettiva di Lambertenghi prende il nome di “dono”. Questo in buona sostanza si concretizza allorché ogni sforzo umano è risultato inutile. Il dono perciò si realizza al di là delle possibilità tecniche-scientifiche e assume le vesti di un miracolo o di un alea. Se al contrario la meta è raggiungibile allora è giusto pretendere che la scienza o lo Stato ci forniscano quanto richiesto. Perché se qualcuno vanta un diritto ci deve essere per forza di cose anche il corrispettivo dovere in capo a qualcun altro di soddisfare questo diritto.

 

La prospettiva enunciata sa di stantio, di vecchio positivismo scientista di fine Ottocento: se qualcosa è realizzabile allora è lecito sotto il profilo morale e legittimo sotto quello giuridico.

L’argomentazione però ha i piedi d’argilla. In primo luogo perché non si può predicare un diritto al figlio, dal momento che la persona non può mai essere oggetto del diritto altrui. Una persona può vantare un diritto in relazione alle prestazioni di un altro soggetto – diritto di credito, diritto di cura etc. – in relazione all’agere, al fare dunque. Ma affermare che la stessa esistenza del figlio è il termine di una pretesa giuridicamente tutelata, significherebbe reificare il figlio, ridurlo a cosa, supporre che un essere umano possa essere oggetto del dominio assoluto altrui. Gli schiavi venivano qualificati come res, come cose e dunque si poteva predicare in capo a loro il diritto di proprietà, o di vita e di morte.

 

Il figlio invece non può che essere un dono. Cosa è un dono? Potremmo definirlo come un bene che noi riceviamo al di là dei nostri meriti. Benedetto XVI nella Caritas in Veritate scriveva: “Il dono per sua natura oltrepassa il merito, la sua regola è l’eccedenza” (34). Se il diritto può venire indicato come una pretesa giuridicamente tutelata, quindi un esigere, il dono non può essere preteso. E non può venire preteso a motivo della non quantificabile preziosità intrinseca del bene donato che supera di gran lunga i nostri meriti e talenti. Quale padre o madre potrebbe arrogarsi il diritto di dire: “Io mi merito un figlio”? Nessuno, proprio perché la preziosità intrinseca della persona (chiamasi “dignità”) esorbita di gran lunga le nostre seppur eccelse virtù. Ed è per questo che il dono va al di là della giustizia, cioè quella virtù che impone di dare a ciascuno il suo. Per giustizia nessuno di noi potrebbe essere padre o madre perché il figlio non può essere riconosciuto per dovere di giustizia a nessuno. Se lo siamo è perché Qualcuno ce lo ha concesso.

 

Perché quando un’opera d’arte passa in modo definitivo da un museo ad un altro in genere si dona e non viene conclusa una compravendita? Perché quel capolavoro vale troppo ed ogni cifra seppur alta squalificherebbe il suo valore, la svaluterebbe. E in modo analogo dobbiamo così riferirci al figlio, non soggetto a nessun diritto riproduttivo perché esistenza di inestimabile valore.

 

Gli ordinamenti internazionali vietano il commercio di organi, proprio perché – tra le altre motivazioni – significherebbe mercificare l’uomo se parti di esso fossero oggetto del diritto di proprietà. Ma se questo vale per un pezzo di noi a maggior ragione vale per la totalità della persona umana. La persona umana non si può ridurre e degradare secondo logiche mercantili ad interessi di carattere giuridico. E’ il dono la sola condizione adeguata alla nascita di un figlio perché unica condizione consona alla sua preziosità. La fecondazione artificiale annulla quindi la dimensione del dono – anche perché annulla la donazione corporea dei coniugi – offendendo in tal modo il nascituro.

 

Nel dono è quindi celato un bene di incommensurabile valore, un valore impossibile da stringere nella mani del “diritto”, ma invece da accogliere nelle mani aperte della gratitudine. Il dono è infatti atto gratuito proprio perché non esigibile.

 

Oltre a tutto ciò, comprendere che il figlio rappresenta un dono, significa capire che papà e mamma non sono altro che genitori, non creatori. È solo Dio che ci crea e unicamente il Creatore può vantare dei diritti sulla propria creatura, proprio perché posta nell’esistenza dal nulla. I genitori avranno dei diritti sui figli – es. educazione, tutela etc., però mai un diritto sulla persona in sé – non perché siano i proprietari dei loro figli bensì perchè custodi di un qualcuno che appartiene invece solo a Dio.

Il figlio non è dunque un diritto né un privilegio delle coppie fertili – come scrive Lambertenghi – ma una grazia e come tale può essere lecitamente intesa come il termine ultimo dei nostri desideri e speranze, ma non potrà mai essere imbrigliata nelle strette maglie delle pretese giuridiche tutelate dallo Stato

Fonte: Diritto al figlio? È una mostruosità.

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