Don Salvatore Lazzara : L’urlo del suicidio

L’urlo della disperazione
 
Gli sciacalli sono sempre in agguato. Cercano di usare episodi di vita strazianti per rafforzare le loro idee. Accostare l’approvazione DDL contro l’omofobia o meglio legge bavaglio al suicidio del giovane quattordicenne è una grossa forzatura che genera solo mostri. L’episodio accuduto è di inaudita gravità. I ragazzi,  necessitano di vivere serenamente nell’ambiente educativo scolastico e familiare. Non si possono tollerare compagni , amici, che puntano il dito e discriminano. Formare le coscienze al rispetto dell’altro eviterebbe tante difficoltà. Il problema non è l’omofobia, ma una crescente inciviltà e diseducazione che porta a giudicare l’altro per come appare e non per la persona che è. L’adolescenza è un’età della vita bellissima e drammatica. I giovani hanno bisogno di interlocutori capaci di ascolto e del dono di infondere coraggio. I punti di riferimento non possono passare attraverso la relatività umana e culturale. Diceva Benedetto  XVI: “Il Relativismo che, con la scusa del rispetto delle differenze, omogeneizza nella trasgressione e nella demagogia, consente tutto pur di non assumere la contrarietà che esige il coraggio maturo di sostenere valori e principi. Il Relativismo è, curiosamente, assolutista e totalitario, non permette di differire dal proprio relativismo, in niente differisce dal “taci” o dal “fatti gli affari tuoi”. Andrea Giacobazzi commenta: “Scusatemi anche questa volta ma alle idiozie ci deve essere un limite. Scrive il Corrierone: “Gay ed emarginato, 14enne si uccide lanciandosi dal terrazzo di casa a Roma. Il ragazzo ha lasciato due messaggi: “Mi prendono in giro, non ce la faccio più”.  No gente, no. A 14 anni si è presi in giro per tutto: le scarpe, la stazza, l’esser bravi a scuola, il non esserlo. Alla fine degli anni ’40 i figli dei fascisti erano derisi e maltrattati in pubblico, negli anni ’70 chi nelle scuole non si allineava al pensiero dominante era ghettizzato. Embè? Chi ferisce per il gusto di ferire è uno scemo ma da qui all’attribuire all'”omofobia” la libera scelta di lanciarsi dalla finestra ce ne corre. Parecchio. Fatto molto triste, ma ben più triste è la speculazione che si sta facendo”.
 
Partecipanti al “Gay pride”
 
Il Corriere della Sera del 10 agosto 2013, ha pubblicato la seguente riflessione di Ostello, che ripropongo alla vostra cortese attenzione: Stabilire per legge ciò che è «politicamente corretto» e ciò che non lo è significa teorizzare, e codificare, il reato di opinione. È quello che ho cercato di spiegare nell’articolo in cui ho definito inutile la legge contro l’omofobia. Pare, però, abbia sollevato la critica dei soliti «laici, democratici, antifascisti» in servizio permanente ed effettivo; che sono, poi, col fascismo storico — detto ironicamente, ma perspicuamente — l’altra forma di fascismo instauratasi dopo la caduta del primo e a seguito di una malintesa idea di democrazia. Insomma, che piaccia o no, molti italiani sono rimasti fascisti anche se non lo sanno e credono di essere progressisti. Ho scritto che, per me, picchiare qualcuno è un reato. Punto e basta. Per i promotori del progetto di legge contro l’omofobia, picchiare un omosessuale è, invece, un’aggravante perché rivela un’«intenzione omofobica». Mi rendo conto che sarebbe pretendere troppo che certi nostri parlamentari conoscano la crociana «distinzione» fra Etica e Politica e Etica e Diritto. Ma se, almeno, capissero che l’«intenzione omofobica» è un’opzione morale, che riguarda la soggettività delle coscienze, e picchiare qualcuno è un reato che riguarda, oggettivamente, il Diritto e che, confondendo l’una con l’altro, ci sia avvia su una china pericolosa, non mi parrebbe chiedere troppo da parte loro. Così, insisto.
L’«avversione per l’omosessualità» — ciò che chiamiamo omofobia — è un’opinione eticamente sbagliata e moralmente censurabile, ma non è un reato. Giuridicizzarla significa confondere Etica e Diritto e creare le condizioni del reato d’opinione. Una volta approvata la proposta di legge contro l’omofobia, salterebbe fuori, prima o poi, qualche Procuratore della repubblica troppo zelante che si sentirebbe in dovere di «raddrizzare il legno storto dell’umanità» incriminando per omofobia chi dicesse che non si farebbe mai vedere in giro con un omosessuale. Una opinione stupida, ma pur sempre, e solo, un’opinione. Se, inoltre, ciò comportasse anche il rischio di incriminazione dei credenti di religioni per i quali l’omosessualità è «un vizio», è una pratica «contro natura», saremmo nello Stato teocratico che assimila il peccato al reato. Sparirebbe la separazione fra Chiesa e Stato.
 
L’eccessiva regolamentazione dei comportamenti sociali, per non dire delle convinzioni morali, non è una virtù della democrazia, bensì è il vizio di ogni totalitarismo e di ogni autoritarismo. Non è neppure buona prassi democratica ritenerne l’indiscutibile applicazione del «governo della legge». Nella democrazia liberale, tutto è permesso, salvo ciò che è espressamente proibito, e ciò che è, a sua volta, proibito, non dovrebbe essere la conseguenza di una cieca adesione al positivismo giuridico. Così ragionavano i giuristi nazisti e comunisti. La legge, se non è temperata dal Diritto naturale — le libertà individuali e i diritti soggettivi che conferiscono all’Uomo la sacralità di Persona — minaccia facilmente di diventare liberticida. I nostri legislatori dovrebbero saperlo e darsi una regolata…
 
Manifestazione gay
don Salvatore Lazzara

Fonte: Don Salvatore Lazzara : L’urlo del suicidio.

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