Dopo Delly. Luci e ombre sul futuro dei caldei – Vatican Insider

Le dimissioni del cardinale Emmanuel Delly dall’ufficio di Patriarca di Babilonia dei caldei aprono scenari nuovi per la Chiesa cattolica d’Oriente più penalizzata dalle convulsioni mediorientali degli ultimi anni

Roma

Nel dicembre 2003, a Roma, l’allora 76enne Emmanuel Delly – ordinato sacerdote nel 1952 nel Pontificio Collegio Urbano di Propaganda fide – era stato eletto come Patriarca “di transizione”, dopo che una precedente assemblea elettorale del sinodo caldeo convocata a Baghdad era finita nel nulla. Lì si erano contrapposti – senza ottenere i due terzi dei voti necessari all’elezione – il gesuita Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo, e Sarhad Jammo, vescovo di San Diego in California, uomo forte della ricca diaspora irachena in Usa. Nel corso della disputa elettorale non erano mancati i colpi bassi, come le accuse indegne di connivenza col partito Baath rivolte contro il siriano Audo.  Al sinodo elettorale di Roma, la Congregazione dele Chiese orientali – guidata allora dal cardinale Ignace Moussa I Daoud, già patriarca siro-cattolico – aveva espresso l’auspicio che fosse scelto come Patriarca un vescovo residente in Iraq e non all’estero. Lasciando intendere che, davanti a una nuova situazione di stallo, il Papa avrebbe avocato a sé la scelta. La soluzione di compromesso aveva “richiamato” in servizio Delly, il vescovo ausiliare ormai emerito di Baghdad, che un anno prima per raggiunta età pensionabile aveva rinunciato al proprio ufficio assunto trent’anni prima, già sotto il Patriarca caldeo Paul II Cheikho, mantenendolo nel tempo del Patriarca Bidawid.

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