E la Suprema Corte, per tutelare i “nuovi diritti”, finì col cassare il Diritto. Gay e bambini

I “nuovi diritti” ossia: l’ideologia gender che cassa la legge di natura mentre i gay cassano la famiglia naturale e la Corte di Cassazione cassa il diritto.

di Vincenzo Scarpello, da Papale Papale (18/01/2013)

Il clima pessimo che si è creato in questi strani tempi, e mi riferisco alle note vicende di Piazza San Pietro, che hanno oscurato quanto a visibilità mediatica, l’imponente e molto più rilevante manifestazione di Parigi, è stato alimentato apposta per abbassare il livello della discussione, senza entrare con serenità nel merito degli argomenti sui quali già infuria un accesissimo dibattito, nelle sedi politico-legislative e filosofico-giuridiche, a colpi di piazzate. Non bisogna cadere in questo tranello, perché innanzitutto non giova al livello della discussione, ma soprattutto perché rischia di creare pericolose polarizzazioni che inevitabilmente hanno la conseguenza di presentare una parte come quella che vuole distruggere i pilastri della civiltà ed imporre una perenne nuova Sodoma o Babilonia dir si voglia, e l’altra come una triste minoranza di bigotti, incapaci di leggere i mutamenti sociali e di provare rispetto per gli altrui sentimenti e per le altrui sensibilità. Sappiamo invece benissimo che non è così, che questo clima infame è stato fatto apposta per non affrontare mai il merito della questione e per procrastinarne nel tempo una serena trattazione. Purtroppo, ad alimentare il fuoco ci si è messa anche la prima sezione civile della Cassazione, che con la classica sentenza-grimaldello (la numero 601 dell’11 gennaio 2013), volta cioè a scassinare i presupposti ordinamentali di istituti giuridici non normati, ha recentemente, partendo da un caso-limite (madre di figlia che va a vivere con la compagna) avallato la possibilità che un minore possa rimanere affidato ad un nucleo “familiare” composto da persone dello stesso sesso, per di più compiendo il discutibile azzardo di formulare un giudizio di carattere etico, di merito ideologico, che va quindi ben oltre quel ruolo nomofilattico, che è essenzialmente il suo compito fondamentale nella Giurisprudenza, riguardo all’opinione di quanti ritengono che un bambino non abbia la sufficiente stabilità psicoaffettiva qualora crescesse allevato da persone dello stesso sesso.

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