E lo Stato si mise in cerca dell’anima | Commenti | www.avvenire.it

L a notizia potrebbe sembrare clamorosa. La Francia, campione della laicité neutrale e distante da ogni religione, introdurrà nelle scuole pubbliche l’insegnamento di «etica laica». E lo farà, dice il ministro Vincent Peillon a “Le Journal du Dimanche”, con obiettivi ambiziosi, contrastanti con i dogmi del relativismo.Per il ministro, lo Stato ha il dovere di formare buoni cittadini, perché i giovani imparino «cosa è giusto e cosa non è giusto», apprendano una morale «fondata su idee di umanità e di ragione». A scuola si deve acquisire la «capacità di ragionare, di criticare, di dubitare», perché «alcuni valori sono più importanti di altri: la conoscenza, l’abnegazione la solidarietà, piuttosto che i valori del denaro, della concorrenza e dell’egoismo». Precisa, il ministro, che non pensa alla tradizionale educazione civica ma a una morale impegnativa, che comporti non solo «una conoscenza delle regole della società, del diritto e del funzionamento della democrazia, ma anche di tutte le questioni che ci si pone sul senso dell’esistenza, sul rapporto con se stessi e con gli altri, su ciò che fa una vita felice o una vita buona. Se queste domande non sono poste, discusse e insegnate a scuola, lo saranno dai mercanti e dagli integralisti di ogni genere. Se la Repubblica non dice quali sono i vizi e le virtù, il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, altri lo faranno al suo posto».È bene precisare che nelle scuole pubbliche francesi non è previsto l’insegnamento religioso, ed è vietato agli alunni portare simboli confessionali (se non di piccole dimensioni) per evitare ogni violazione della laicità. Oggi, questo Stato autosufficiente e sicuro di sé sente quasi il bisogno di darsi un anima, di cercare una base etica che guidi il cittadino al bene, a scegliere le virtù e rifiutare i vizi, costruirsi secondo il linguaggio di Aristotele una vita buona. C’è molto da riflettere su una novità tanto sorprendente, e la prima considerazione è che siamo di fronte al fallimento del relativismo dominante.

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