E se abrogassimo «le leggi ingiuste»? | CulturaCattolica.it

Ci sono delle volte in cui alla domanda sulle ragioni di certe affermazioni non riesco a dare alcuna risposta. Come quando un interlocutore, a cui ho spiegato quanto scritto nel recente editoriale, così mi ha risposto: «Quanto all’argomento principe dei suoi testi (lo espongo rozzamente: per farsi ascoltare bisogna gridare) mi appare sgradevolmente simile a quello di Pannella e dei radicali: se non attiviamo un gay-pride, se non facciamo scioperi della fame, se non beviamo urina ecc. ecc., non ci daranno mai spazio in TV. Vedo che, almeno mediaticamente, lei non ragiona in modo molto diverso (ma almeno è consapevole della dimensione paranoica – mi scusi, ma qui ci vuole un po’ di parresia – di questo modo di pensare e di agire?)».
Dico la verità: mi ha sorpreso vedere paragonare l’azione che da tempo conduciamo con i Giuristi per la Vita, in sinergia con tante persone e con tanti siti internet, alle sconcezze e alle illegalità dei radicali. Come se chiedere che la legge sia applicata equivalga alla sua infrazione. Sorpreso e addolorato, al punto da farmi pensare a queste considerazioni: «Lasciamo pure stare lo stile e il garbo. Che significherebbe la definizione di paranoico rispetto alle affermazioni motivate?
Non ho – e con me gli amici «Giuristi per la vita» – il problema dello «spazio in TV». Quello che è in gioco mi pare la libertà di espressione, la dignità della persona, la possibilità di educare liberamente la gioventù, senza indottrinamenti omosessualisti né scandali e sconcezze che non hanno spazio neppure nei più disgustosi bordelli (lì, almeno nel passato, c’era il senso del rispetto dei minori).
Come equiparare la richiesta di un rispetto delle leggi vigenti con le violente e illegali manifestazioni di Pannella e compagni? La comune tradizione cristiana ha sempre chiesto di agire con fermezza per difendere ciò che è proprio dell’uomo, e le parole illuminanti di Papa Francesco al Regina Coeli della Pentecoste non danno adito ad alcun equivoco: «La Chiesa di Pentecoste è una Chiesa che non si rassegna ad essere innocua, troppo “distillata”. No, non si rassegna a questo! Non vuole essere un elemento decorativo. È una Chiesa che non esita ad uscire fuori, incontro alla gente, per annunciare il messaggio che le è stato affidato, anche se quel messaggio disturba o inquieta le coscienze, anche se quel messaggio porta, forse, problemi e anche, a volte, ci porta al martirio».
Tra poco festeggeremo San Tommaso Moro, che San Giovanni Paolo II ha indicato come patrono dei politici. È stato il martire della coscienza e della difesa della Chiesa.
Vorrei essere sempre e solo all’altezza della sua testimonianza. Non ho altro intendimento.
E credo anche che le azioni vadano giudicate dalla intenzione e dai frutti; se c’è buona coscienza (e posso garantire che tale è il mio caso) e ci sono frutti desiderati (come ha affermato il ministro Giannini) allora credo che la parresia chieda un sincero atto di umiltà e riconoscimento».
Per grazia c’è Papa Francesco (e mi riferisco al Papa Francesco della Chiesa, non certo a quello dei media!) che non cessa di ricordarci le linee fondamentali della Dottrina sociale cristiana. Se il suo stile è diverso da quello dei suoi predecessori (ma quando mai è lo stile a denotare i contenuti della dottrina?) non lo sono i contenuti, così spesso invisi ai commentatori, vicini e lontani. E non voglio qui ricordare quanto abbiamo sempre scritto sul nostro sito – solamente l’affermazione cancellata dai più secondo cui compito di un politico è anche quello di «abrogare le leggi ingiuste» – bensì ricordare che non ci rassegneremo mai ad essere «innocui», «distillati». Ecco perché ci spiace quando leggiamo personalità autorevoli della Chiesa che dicono che bisogna «chiedere scusa ai non credenti perché tante volte il modo in cui viviamo la nostra esperienza religiosa ignora completamente le sensibilità dei non credenti, per cui facciamo e diciamo cose che molto spesso non li raggiungono, anzi li infastidiscono».
Quello che sta accadendo nel mondo, da un lato mostra che c’è una posizione che sta toccando i cuori degli «uomini di buona volontà», al punto che si muovono e che sta rinascendo un popolo, il popolo dei «liberi e forti» che non si rassegna, che prende iniziativa, che sa riconoscere i compagni di viaggio, un popolo che è movimento (e mi commuove profondamente il Papa che incontra la responsabile della «Manif pour tous» di Francia e che promette una lettera); d’altra parte è evidente l’opera del diavolo che vuole distruggere la famiglia, e che ha tanti collaboratori (anche chi tace, si ritrae, oppure teorizza una posizione che non ha più bisogno di “opporsi” per “porsi” si mette dalla sua parte).
Grazie, allora, Santità, per queste parole della Pentecoste: sono proprio il soffio dello Spirito che guida la nostra Chiesa e ci suggerisce l’esperienza della libertà.

Fonte: E se abrogassimo «le leggi ingiuste»?.

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