Ecco la strategia internazionale dell’Isis, tra ferocia e bluff | No Cristianofobia

Siria 3Ormai è guerra aperta. Pro e contro l’Isis. Ovunque nel mondo. Naturalmente in Siria, dove ormai i terroristi islamici sono giunti a controllare ben 16 villaggi curdi, a Nord. Ad affermarlo, è stato l’Osservatorio siriano per i diritti umani. Continuano io ntanto i massacri contro i civili, organizzatisi per far fronte al feroce nemico, grazie anche ad altri gruppi giunti in loro soccorso.

Secondo quanto riferito dal giornale al-Qabas, in Kuwait invece sono stati arrestati numerosi individui sospettati di appartenere all’Isis: in manette sono finiti tre kuwaitiani e diversi sauditi, consegnati a Ryad. Molti anche coloro che vengono tenuti sotto costante controllo dai servizi d’intelligence.

Un’operazione analoga è stata condotta anche in Australia, dove la minaccia di un attacco terroristico ha suggerito di effettuare 15 fermi. In particolare, nel mirino delle forze dell’ordine, secondo quanto dichiarato dal primo ministro Tony Abbot, è finito un leader dell’Isis, che stava lanciando un appello ai suoi sostenitori del posto. Chiedeva loro omicidi dimostrativi nel Paese.

Sempre più concreti i dubbi, intanto, circa la genuinità della decisione assunta dal Qatar di espellere 7 leader dei Fratelli Musulmani: il provvedimento, infatti, non contiene per loro il divieto di rientrare nel Paese, dove possono dunque tornare attraverso visite continue o periodiche. Anche il loro addio non è stato realmente tale: hanno accolto bene la notizia d’esser messi al confine e ringraziato il Qatar dell’accoglienza loro riservata. Il sospetto è che in realtà, al di là dei proclami, Qatar, Stati Uniti e Fratelli Musulmani stiano recitando un copione condiviso.

Emergono intanto nuovi particolari circa il “gran rifiuto” opposto dalla Turchia, decisa a non prender parte alla grande coalizione occidentale contro l’Isis in Iraq, pur concedendo la base di Incirlik per un sostegno logistico e umanitario. D’altro canto non può opporsi frontalmente agli Stati Uniti, vecchi alleati, né all’Unione Europea, che finanzia già, a suon di miliardi, progetti di integrazione. La decisione di non aderire direttamente è assolutamente in linea con le prudentissime parole del ministro per gli Affari Esteri, Ahmet Davutoglu, che lo scorso 7 agosto si era ben guardato dal condannare apertamente i terroristi islamici, chiamandoli col loro nome. Anzi, nel corso di un intervento all’emittente Ntv, ha sostanzialmente legittimato l’operato degli jihadisti.

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