Editor di Gallimard fa di Breivik la vittima della perdita d’identità – [ Il Foglio.it › La giornata ]

Roma. Fino al 24 agosto, Richard Millet era per tutti uno dei più blasonati e ricercati editor letterari di Francia, il curatore, presso la casa editrice Gallimard, di vincitori del premio Goncourt come Alexis Jenni e Jonathan Littell. Millet inoltre non era nuovo alle provocazioni intellettuali, agli attacchi al “perbenismo”, alla “doxa immigrationniste” e all’antirazzismo come “terrore letterario”.

Ma da una settimana questo cinquantanovenne storico “lettore” di Gallimard, autore di una cinquantina di opere fra cui “Il sentimento della lingua”, vincitore del premio della saggistica dell’Accademia francese, è diventato una strega ideologica, una iena dattilografa, un petainista, un antirepubblicano e un islamofobo. La sua colpa è aver scritto “Eloge littéraire d’Anders Breivik”, un pamphlet di appena diciotto paginette pubblicato per le edizioni Roux in coda al libro “Langue fantôme”. Nel libello Millet decifra il massacro compiuto un anno fa nell’isola norvegese di Utoya come un sintomo del suicidio e dell’angoscia dell’occidente multiculturale. Millet rigetta il discorso sulla “follia” dell’assassino, Anders Breivik, e gli strali pubblicati sull’“innocenza perduta” della pacifica e placida Norvegia, che avrebbero a suo dire gettato nella più ipocrita noncuranza le ragioni profonde del massacro di Utoya.

Nel pamphlet, uscito proprio il 24 agosto, giorno della condanna a ventuno anni di carcere del norvegese autore della strage, Richard Millet afferma di non approvare ovviamente il massacro in cui morirono ottanta persone, ma ne evoca la “perfezione formale”, una perfezione che Millet vede tipica del “male” e che farebbe di Breivik la punta di diamante della “disperazione europea” di fronte al “nichilismo multiculturale”, alla “perdita di identità”, alla “denatalità”, all’“illusione di un ‘islam moderato’” e alla “irénique fraternité”, l’irenismo delle democrazie alla prova dell’immigrazione di massa dal mondo musulmano. “L’Europa muore d’insignificanza e di consenso”, sentenza Millet, che accusa anche i “droits de l’hommisme”, cioè i diritti dell’uomo trasformati nei diritti del bambino viziato. Ce n’è abbastanza per bruciare lo scrittore in effigie, come è successo ad altri “nouveaux réactionnaires” da Michel Houellebecq a Eric Zemmour, passando per Alain Finkielkraut e Robert Redeker. Facendo la tara a un certo snobismo intellettuale tipico del milieu da cui proviene l’autore, quello di Millet è il primo pamphlet a rovinare la festa politicamente corretta sulla strage di Utoya. Una operazione intellettuale simile a quella che il compianto Gore Vidal fece con Timothy McVeigh, l’autore della strage di Oklahoma City.

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