EGITTO – «Il braccio di ferro tra esercito ed islamisti»

di Luca Fiore

27/06/2012 – Le debolezze dei Fratelli Musulmani. E un neopresidente “commissariato”. Ma l’obiettivo dei militari non sembra un regime autoritario: «Vogliono limitare il potere della Fratellanza». Intervista a Tewfik Aclimandos, specialista di politica egiziana

L’Egitto dopo la proclamazione della vittoria di Mohamed Morsi, il candidato alla presidenza dei Fratelli Musulmani, resta un Paese pieno di enigmi. D’ora in poi assisteremo alla dialettica tra islamisti ed esercito: un braccio di ferro che potrebbe generare un regime democratico, uno religioso, o una dittatura militare. In qualsiasi caso, passerà “in nome” della rivoluzione di piazza Tahrir.
Per Tewfik Aclimandos, egiziano melchita, ricercatore di Storia contemporanea del mondo arabo al Collège de France di Parigi e attento osservatore degli equilibri di potere al Cairo, i Fratelli Musulmani non sono stati capaci di dare sufficienti garanzie al Paese della loro affidabilità. Ed è per questo che l’esercito ha reagito “commissariando” il loro presidente.

Oggi l’Egitto ha un presidente dei Fratelli Musulmani, la giunta militare ha sciolto il Parlamento e si è assunta il potere legislativo. La situazione è molto incerta. Come si è arrivati a questo punto?
Morsi ha vinto delle elezioni libere. Il Parlamento è stato sciolto perché la legge con la quale è stato eletto è stata giudicata incostituzionale dalla Corte suprema. Ma che fosse incostituzionale era noto. Gli osservatori occidentali forse non se ne sono resi conto, ma si sapeva.

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