EGITTO – LIBIA Laici e musulmani moderati si oppongono alla sharia voluta dagli islamisti

In Egitto i salafiti premono per l’introduzione nella costituzione di riferimenti più espliciti alla legge coranica. Ma incontrano il no di Al-Azhar, istituzioni e forze moderate. Studioso musulmano sottolinea la perdita di consenso degli islamisti fra la popolazione, che non vuole tornare al medioevo. In Libia le forze progressiste rifiutano l’interferenza della religione nella politica.

Il Cairo (AsiaNews) – Per oltre 40 anni costretti a vivere nell’ombra, gli islamisti tentano ora di imporre la loro visione radicale dell’Islam nei Paesi della primavera araba. In Egitto i salafiti membri dell’Assemblea costituente, stanno facendo di tutto per modificare i primi tre articoli della costituzione, mettendo riferimenti diretti alla sharia che trasformerebbero lo Stato civile in uno Stato religioso. Al congresso di Ehnnada, partito dei Fratelli musulmani tunisini, Hamadi Jebali, primo ministro, ha confermato che la nuova costituzione si baserà sui valori islamici, ma la Tunisia manterrà comunque il suo Stato civile e democratico. Unica eccezione è la Libia. Qui i progressisti della National Forces Alliance di Mohammed Jibril, vincitori parziali delle elezioni per la costituente, hanno rifiutato in modo categorico l’entrata della religione nel dibattito politico, sottolineando la necessità di costruire uno Stato democratico, civile, basato sulle istituzioni e non sui giudizi delle autorità religiose. La posizione della Nfa divide gli ex leader del Consiglio nazionale di transizione. Pochi giorni fa Mustafa abudl Jalil ex capo del Consiglio Nazionale di transizione libico ha affermato che la nuova Libia farà comunque riferimento alla sharia e al Corano.

Tale situazione preoccupa le minoranze religiose, in particolare i cristiani, che rischierebbero con l’applicazione della sharia di divenire cittadini di serie B, ma anche gli stessi musulmani. In Egitto e Tunisia, la maggior parte della popolazione ha votato i Fratelli musulmani come una reazione contro i regimi “laici” di Mubarak e Ben Alì, ma ora guarda con paura alle derive radicali che rischiano di far piombare  i Paesi protagonisti della Primavera araba in un profondo medioevo islamico.

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