Egitto, sangue sulla rivoluzione incompiuta | Mondo | www.avvenire.it

Sono passati due anni eppure il tempo sembra essersi fermato, al Cairo. Gli stessi slogan («Il popolo vuole la caduta del regime»), la stessa rabbia nei confronti del tiranno – almeno otto morti, tutti a Suez, e 252 i feriti in tutto l’Egitto – gli stessi volti di quel 25 gennaio 2011 in cui iniziò la rivolta contro la trentennale presidenza di Hosni Mubarak.

Ora, nei posti di potere ci sono i falchi della Fratellanza musulmana, puntellati dai movimenti salafiti, ma per la gente comune è rimasto ancora tutto come prima. D’altronde, impegnato a diventare il nuovo faraone egiziano, il presidente Mohammed Morsi ha speso i primi sei mesi del proprio mandato a eliminare i concorrenti politici – militari, liberali, riformisti, copti e persino colombe della Fratellanza a lui avverse – e ad assicurare al partito islamista Hurrìa ua adala (Libertà e giustizia), il controllo sull’Egitto nei decenni a venire. Con tanto di benedizione americana, dopo l’exploit diplomatico di Morsi nell’intermediazione fra Tel Aviv e Gaza. E mentre una commissione costituente svuotata di autorevolezza si affrettava ad approvare una Carta liberticida, il contesto economico peggiorava di giorno in giorno.

Un dato su tutti: l’industria del turismo, settore in grado di attrarre, a fine 2010, oltre 15 milioni di persone all’anno, continua a perdere ogni settimana 270 milioni di dollari. È quanto risulta da un rapporto del ministero del Turismo egiziano diffuso a metà dello scorso mese di dicembre. La povertà interessa ormai più del 40% della popolazione (complessivamente 90 milioni di persone), la disoccupazione si attesta al 12% (il 25% quella giovanile), l’inflazione al 13% e le riserve di valuta straniera si sono più che dimezzate (da 35 miliardi di dollari del 2011 agli attuali 15). Gli ingredienti di una nuova rivoluzione del pane, come quella tunisina che innescò il fenomeno su scala regionale, ci sono tutti: miseria, mancanza di prospettive, diritti calpestati. Se, poi, il governo di Hisham Qandil tagliasse i sussidi statali su alimenti di base e carburanti, come sta avvenendo in Giordania per ripianare il debito pubblico, allora davvero tutto potrebbe accadere. Il furore popolare esploso ieri ne è un assaggio: migliaia di manifestanti hanno assaltato i binari ferroviari nel governatorato di Beni Suef, di Suez, di Port Said e Alessandria.

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