Eluana e l’Ilva Due decreti, due misure

La differente valutazione del capo dello Stato 

Di fronte a una situazione potenzialmente esplosiva, il Governo Monti è intervenuto sull’Ilva di Taranto mettendo di fatto in mora la magistratura. La vicenda è complessa e mobilita temi di grande interesse generale, quali tutela della salute, del lavoro e del territorio. Si tratta di problemi che per la loro portata travalicano la situazione locale dei lavoratori Ilva e della città di Taranto, investendo l’economia nazionale, la politica industriale, la salvaguardia dell’ambiente, i rapporti tra le istituzioni. E la ricerca di un equilibrio tra le diverse esigenze che si contrappongono è quanto mai difficile.

Il Governo, consapevole della difficoltà a trovare una sintesi, ha scelto di intervenire con lo strumento del decreto e anch’io ritengo che abbia ben operato. Non vi erano infatti altri strumenti per intervenire d’urgenza, prima che le tensioni sociali diventassero incontrollabili, senza tuttavia rinunciare al dovere di difendere la salute e l’ambiente. A questo scopo, mentre viene assicurata la continuità della produzione, il decreto impone alla proprietà dell’azienda una precisa roadmap per il risanamento del sito industriale. Allo strumento del decreto legge si è fatto crescente ricorso da parte dei Governi che si sono succeduti negli ultimi anni, fino a farne un vero e proprio abuso, come più volte lamentato dalle opposizioni parlamentari e dallo stesso capo dello Stato. Il decreto legge tuttavia resta uno strumento insostituibile per i casi in cui l’intervento legislativo riveste carattere d’urgenza. Ferma restando l’opinabilità delle scelte adottate, è certo tuttavia che nel caso dell’acciaieria Ilva sussistessero tutti gli elementi atti a qualificare l’urgenza dell’intervento.

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