Eritrea: dietro la tragedia di Lampedusa

La tragedia di Lampedusa attira l’attenzione dei media sulle oppressioni del popolo eritreo. Cerchiamo di spiegare perché in così tanti cercano la fuga da questo paese. In esso i cristiani evangelici vengono vessati e spesso imprigionati a causa della loro fede

I TG ci hanno mostrato le file di bare marroni adagiate al suolo con una rosa appoggiata sopra e ancora le immagini delle piccole bare bianche dei bimbi mancati nella triste tragedia di Lampedusa del 3 ottobre scorso. Soprattutto migrati eritrei e somali popolavano quel barcone, così come eritrei, somali e siriani popolavano la successiva imbarcazione colata a picco nel canale di Sicilia. Per qualche giorno dunque, le terribili oppressioni che subiscono gli eritrei in patria sono diventate oggetto dell’attenzione dei media: vorremmo focalizzarci su di esse in questo articolo.

 

Si stima che 3.000 eritrei circa al mese tentino di lasciare il loro paese nonostante gli immensi rischi a cui vanno incontro. Coloro che sopravvivono all’ordine del governo di sparare a vista contro chi fugge, si trovano ad affrontare un pericolosissimo viaggio nel deserto verso città come Khartoum. In pochi sfuggono alle razzie, ai rapimenti e agli assassini per il traffico di organi perpetrati da predoni e criminali di vario rango. Perché queste persone sono pronte a correre un rischio così grande?

 

Una risoluzione adottata dall’Assemblea Generale dell’Onu a giugno di quest’anno riguardo l’Eritrea condanna tra le altre cose: 1) violazione sistematica di diritti umani da parte delle autorità eritree; 2) severe restrizioni delle libertà fondamentali di opinione, espressione, coscienza e religione; 3) arruolamento forzato della cittadinanza per periodi indefiniti, con palesi ingiustizie ad esso connesse; 4) restrizioni della libertà di movimento con annesse detenzioni illegali; 5) violazione dei diritti dei bambini, con coscrizione forzata a campi militari; 6) ampio utilizzo di tortura e trattamenti inumani nelle carceri, compresi i famigerati container metallici (la storia di Helene Berhane ne è un esempio, il libro Non fermerete il mio canto ne è un esempio emblematico); 7) le fucilazioni di coloro che tentano la fuga in altri paesi; 8) la mancanza di ogni collaborazione con entità internazionali per implementare il rispetto dei diritti umani fondamentali. E molto altro ancora.

In un contesto come questo, la Chiesa eritrea vive restrizioni e vessazioni di ogni tipo. Molti cristiani evangelici vengono oppressi e imprigionati a motivo della loro fede in Gesù e del loro desiderio di condividerla. E’ una barbarie che continua da anni. L’Eritrea infatti occupa il 10° posto della lista dei paesi dove esiste la persecuzione (WWList 2013).

Fonte: Eritrea: dietro la tragedia di Lampedusa.

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