ESSERE FELICI/ Perché per Time avrei dovuto “salvare” i miei figli dal venire al mondo?

mercoledì 7 agosto 2013 –  Monica Mondo

Meno male che, con questa calura, il Corsera ci rammenta la refrigerante brezza assolutoria che viene dal settimanale americano Time. Copertina con lei, lui sotto il sole di una vita “libera”. Forse che laggiù non esistono magistrati superpotenti? Forse che la minaccia di Al Qaeda è un lontano ricordo? No, la libertà è autorealizzarsi senza genitorialità. Scusate il linguaggio aridamente tecnico, ma riporto lo scritto sapientemente riassunto dalla solerte e entusiasta giornalista di via Solferino. Anni di femminismo scatenato nel rifiuto della maternità, per occupare finalmente i posti riservati solo al maschio. Anni di battaglie, per metà sacrosante, per metà no. Perché si lotta per, non contro, soprattutto contro la propria identità. Perché poi il lato oscuro riaffiora, ahinoi, e allora ecco le donne che dall’essere ridotte a meri organi riproduttivi sono piombate nell’eccesso opposto, e si sono trovate a 50 anni sole, con lo struggente irrealizzato desiderio di maternità. Non importa se egoistico, di rivalsa, non generato da un amore di coppia. Un desiderio, spia di ciò che agita il fondo del cuore. E via al rimorso, al rimpianto, che l’ideologia utilizza per reinventare un neofemminismo che si riappropria della maternità come specificità femminile. Anche perché “la pressione sociale è fortissima”, ci avverte il Corriere, “c’è una sovraesposizione mediatica della maternità”…ma davvero? Qui da noi è l’opposto, basta accendere la televisione rapidamente per accorgersene. Non si trova una coppia con più di un figlio, anzi, non si trova più un coppia, soltanto coppie di fatto, di qualsiasi genere la fantasia suggerisca, anche nelle fiction formato famiglia. A voi pare che “la società” faccia sentire le donne egoiste e colpevoli perché non hanno messo su una famiglia regolare? Caso mai è il contrario. Restano le nonne con lo chignon grigio a rappresentare negli spot la funzione materna, e sfiorano sempre il ridicolo, o il sentimentale rétro. Sarà che gli americani sono troppo conservatori. Però finalmente anche lì, come da noi, ci spiegano, si sta toccando il più basso tasso di natalità mai raggiunto, e il numero di quarantenni senza figli raddoppia…”Non è detto che mettere al mondo un essere umano senza aver sciolto i nodi su se stessi sia meno irresponsabile che lavorare per trovare la propria strada, senza coinvolgere i figli nei propri disastri”.
Che allegria. Dunque: anni di terapia dallo strizzacervelli non sono serviti, i nodi restano. Quali? Mettiamo che tu sia bruttina, che non riesci a trovare uno straccio di uomo che ti sta accanto (chissà poi perché), che ti sia morto il gatto, capoufficio stronzo, se altri drammi che necessitano scioglimento di noi gordiani, appunto, senza arrivare a quelle tragedie più o meno comuni tipo malattie e morte. Qualcuno mi spieghi che significa lavorare per trovare la propria strada, soprattutto dove bisogna andare, per imboccarla, e che garanzie abbiamo sulla meta. Perchè andare per andare è da scemi. Ma poi: davvero la considerazione di sé è tanto bassa da ritenere di poter combinare solo disastri? La solita ipocrisia: si afferma di salvare i figli da un mondo deludente, o dalla propria meschinità, negando loro la vita. E’ il massino dell’egoismo. Che si paga, si paga sempre… Arrivate all’età dello chignon grigio, quando anche i lifting cedono e sono irripetibili, la pensione costringe a rinunciare a nottate da sballo, i polmoni limitano i vari tipi di fumo, il lavoro è un incubo così lontano da mancarti tantissimo, e ti resta solo quel grumo di tenerezza che ti annoda lo stomaco quando le tue amiche giocano coi nipotini. E’ la vecchiaia bellezza, arriva sempre, se vivi abbastanza. Allora avrai trovato la tua strada? Il sapiente articolo del Corriere (la Bibbia del pensiero moderno e presentabile, lo sappiamo) ci ricorda come modello esemplare il film Io viaggio da sola, con una Margherita Buy ancora più triste e depressa del solito. Ancora più sola. Ma no, per alcuni invece “esprime il piacere di una vita vissuta fino in fondo e piena di imperfezioni”. Io dopo averlo visto, annoiata e malinconica, ho rapidamente ripercorso le mie imperfezioni, e riepilogato tutte le declinazioni dei piaceri della mia vita. Luminosa, lampante come l’evidenza, mi è apparsa l’immagine dei miei tre figli, stronzissimi, ormai, faticosi, casinisti, sfiancanti. Il successo più grande della mia vita, l’unico che valesse la pena. Provate a dire che non è vero. Sinceramente, senza invidie nascoste. Provateci.

Fonte: ESSERE FELICI/ Perché per Time avrei dovuto “salvare” i miei figli dal venire al mondo?.

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