Europa senza famiglia?

Piotr Mazurkiewicz – Sir Europa (Polonia)
Miniatura

Quest’anno si celebra il 30° anniversario della Carta dei diritti della famiglia, uno dei grandi doni di Papa Giovanni Paolo II. Nel testo si ricorda, in particolare, che la famiglia è fondata sul matrimonio, unione intima di vita nella complementarità tra un uomo e una donna e che è aperta alla trasmissione della vita. “Il valore istituzionale del matrimonio – si legge all’articolo 1 della Carta – deve essere sostenuto dalle pubbliche autorità: la situazione delle coppie non sposate non deve essere messa sullo stesso piano del matrimonio debitamente contratto”.
Oggi l’Europa è travolta dall’onda delle diverse iniziative per la ri-definizione del matrimonio, oppure per il riconoscimento legale delle unioni delle persone che non vogliono, o non possono sposarsi. Penso a Francia, Inghilterra, ma anche alla Polonia dove il governo di centro-destra intende rilanciare l’iniziativa del riconoscimento giuridico delle coppie dello stesso sesso. Questo nonostante che la Costituzione polacca abbia firmato una definizione legale di matrimonio come unione di una donna e un uomo.
Recentemente ho avuto l’opportunità di parlare con un avvocato francese, che sostiene fortemente l’idea di “ampliare la definizione del matrimonio” ben sapendo che non si tratta di una piccola correzione del diritto, ma di un profondo cambiamento della civiltà. Questa conversazione mi ha aiutato a capire l’essenza del problema dibattuto oggi in molte parti d’Europa.
Il mio interlocutore ha sostenuto che nel mondo non ci sono maschio e femmina, ma ci sono solo esseri la cui identità è vagamente collegata con il corpo. Questi “angeli” senza volto e senza sesso hanno il diritto di scegliere liberamente la propria identità di genere, utilizzando una vasta gamma di possibili opzioni. Il fondamento di queste “identità” non è la corporeità, ma i fluidi stati mentali. E però difficile immaginare una società costruita secondo questa antropologia. Quale, infatti, potrebbe essere la stabilità dei rapporti costituiti se qualcuno “si sente” un uomo o una donna, ma non è in grado di garantire la sostenibilità di “sentirsi” uomo e donna?
Un altro tema della conversazione con l’avvocato francese è stato la definizione del matrimonio. Secondo il mio interlocutore, il matrimonio è un’istituzione che regola sola la materia di proprietà, senza alcuna connessione con la procreazione. L’avvocato è stato sorpreso quando ha sentito che il matrimonio – dal punto di vista sociale – è l’istituzione per l’orientamento dell’attività sessuale con l’obiettivo di garantire la successione delle generazioni. Così definita la finalità del matrimonio non è culturalmente, storicamente o economicamente condizionata, ma è inscritta nella stessa natura umana. Il suo essere un anello della catena di generazioni è evidente a tutti, anche se non si ha l’intenzione di avere figli, perché si è sempre un figlio o una figlia di genitori.
Il mio interlocutore, però, ha mantenuto la tesi che la procreazione non ha nulla a fare con il matrimonio quando ci sono figli nati fuori del matrimonio e – d’altra parte – vi è la possibilità di adozione o fecondazione in vitro. Gli ho allora chiesto se una società costruita su questa filosofia non tratti i bambini come una merce che deve essere fornita agli adulti in conformità con la logica del libero mercato.
La mia terza osservazione era che spesso nel mondo c’è la guerra di una parte per imporre a un’altra la propria visione della realtà. Con ragioni ideologiche si cerca di de-costruire la civiltà cristiana, a partire dal “tagliare a pezzi” istituzioni sociali di base e fondamentali come il matrimonio e la famiglia.
Dobbiamo a questo punto ammettere che il fenomeno del “deterioramento” delle parole privandole del loro significato autentico è la causa e la manifestazione di una crisi della democrazia. Prendiamo per esempio il termine “matrimonio”, che significa l’unione di un uomo e una donna. Se si tenta di utilizzare questo termine per descrivere le relazioni di tipo diverso tra le persone, lo si svuota di contenuto esplicito, fino a cancellarne il significato o sostituirlo con un altro .
Un esempio: negli anni ’50 nella Polonia comunista i giovani “progressisti” socialisti avevano organizzato all’università una conferenza per i docenti di diversa matrice culturale. Un giovane ed entusiasta oratore disse che il marxismo era la chiave che apriva tutte le porte. Kamizerz Ajdukiewicz, filosofo e logico rispose: “Per quanto ne so questo oggetto, la chiave, in polacco si chiama ‘grimaldello'”. Il tentativo di strumentalizzare il linguaggio è stato e rimane il tentativo di impoverire la vita intellettuale di un popolo. Mi auguro che, a proposito della famiglia, la gente che è a contatto ogni giorno con la realtà dica: “Basta! Per favore non ci trattate da idioti!” La Carta dei diritti della famiglia può essere, in questa prospettiva un importante punto di riferimento per tutti coloro che non vogliono perdersi nel labirinto dell’ideologia. Anche in Europa.

– GLI ALLEGATI
eur24.rtf (Allegato RTF)

Fonte: SIR EUROPA – Europa senza famiglia?.

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