Eutanasia: é licenza di uccidere ?

Si parla, oggi 2013, con troppa enfasi di eutanasia !

Ma cos’è ? E’ il procurare intenzionalmente la morte all’individuo, alla persona, al malato la cui vita è compromessa da una patologia disgregante, da una menomazione grave, da una condizione di natura psichica.

Nell’antichità il vocabolo eutanasia è inteso quale morte dolce, cioè senza sofferenze atroci, mentre oggi viene definita, nel bene o nel male, intervento della medicina diretta ad attenuare i dolori della malattia e dell’agonia.

La parola eutanasia, oggi viene intesa, quanto può procurare la morte per pietà, allo scopo di eliminare le sofferenze per bambini anormali, malati terminali, “azioni” definite a non prolungare una vita infelice.

Ma “togliere” la vita ( non è uno scherzo !) per noi cristiani è contro la morale cattolica, contro ogni forma di attivazione di snaturare la vita, per “altri” è voglia di vita, della vita e del vivere, un valore che va difeso e se indifeso si può andare incontro a discriminazioni inique o distruttive.

In Italia il cammino verso l’eutanasia e la sua eventuale legalizzazione, salvo il ricordo della Germania nazista che ne ha proposto il triste primato, l’ha introdotta la teoria social-liberale con una proposta di legge dell’On. Loris Fortuna.

Essa mirava a disciplinare la sospensione delle terapie straordinarie destinate a prolungare inutilmente una vita.

Il diritto a far valere l’affermazione del si e del no all’eutanasia, al di fuori dei singoli avvenimenti, è una manifestazione della volontà che l’uomo ha di se stesso, della vita, della sofferenza e della morte.

Tra legge dello Stato e legge che ogni persona porta nella propria coscienza potrebbe portare alla considerazione che ciò che è ritenuto legale, come la possibile emanazione di una legge sull’eutanasia, non è morale per l’uomo.

Oggi insiste nella politica l’accanimento terapeutico, che sarebbe una serie di interventi medici sul malato in fase terminale, mentre il testamento biologico è la dichiarazione anticipata di volontà, cioè il consenso informato e l’autodeterminazione del paziente, a garanzia di cure palliative e tutte le terapie del dolore disponibili.

Ma da molto tempo, se ne parla troppo, siamo di fronte ad una superficiale cultura che sottrae alla ragione il perché si soffre e si muore ed è necessario, quasi impellente, affrontare con la logica le motivazioni di ricorso all’eutanasia.

E’ inconcepibile e stranamente contraddittorio che una società come la nostra, che continua a riaffermare, giustamente, il valore della vita (no alla guerra, no alla pena di morte, no al terrorismo) nega questa vita attraverso il tentativo di instaurare quel presunto “diritto” di “ licenza di uccidere” .

E’ necessaria, ancora, la partecipazione di noi tutti, cristiani o non cristiani, di considerare il nostro prossimo, perché il dolore e specialmente la solitudine non condannino nessuno alla disperazione.

Le ragioni antropologiche ci portano ad incontrare storie od episodi che chiedono una pietà senza limiti .

Legalizzare l’eutanasia si configura come ingiustizia, come una fuga ed una rinuncia ad affrontare i reali e prioritari problemi, come quello che da oltre 35 anni attendono i portatori di turbe psichiche dal Parlamento una legge-quadro di riforma dell’assistenza psichiatrica, come i disabili fisici che attendono migliorie alle loro situazioni .

Ancora una volta dobbiamo ribadire alle Istituzioni che vi sono altre priorità rispetto ad atteggiamenti di accanimento terapeutico, di considerazioni di future iniziative per testamenti biologici o quant’altro !

Potrebbe esse un monito, ma si corre il rischio di andare dalla pietà per le sofferenze insopportabili, alla vita senza valore, come episodi quasi giornalieri che si verificano, situazioni che potrebbero coinvolgere innocenti, malati terminali, anziani non autosufficienti, bambini o disabili psico-fisici :

http://digilander.libero.it/cristianiperservire/pdf/Petizione%20al%20Parlamento%20Italiano.pdf 

Per le persone in fase terminale, con tutta la considerazione ed il rispetto per questo “evento”, occorre aiutarli all’accettazione aspettando che la natura compia il suo ciclo, mentre gli psicologi dicono che la richiesta di morire è un forte grido di non essere lasciati soli nella drammaticità della vita che termina.

1.)     L’eutanasia, che si può distinguere in attiva, cioè con azione diretta, passiva quale omissione di soccorso, comunque essa sia applicata va contro quel profondo senso umano che mostra ripugnanza qualora il medico abbia un qualunque ruolo nell’uccisione di un paziente. Il medico è quella persona alla quale il paziente si affida ed Ippocrate, padre della medicina, adottava il principio che “ l’uomo è ministro ed interprete della natura, se ad essa non obbedisce, ad essa però non comanda”.

2.)    Ad un medico non si chiede di decidere chi deve vivere o morire,questi deve essere per la vita. Non vorrei essere nei panni di quel medico che guardandosi le mani che hanno tolto la vita debba dire : “ maledetti mani”.

3.)     L’eutanasia può porre il rischio di diminuire o spegnere la ricerca medica in determinati ambiti sanitari dal momento che la soluzione è quella della soppressione della vita.

4.)    L’eutanasia non sarà mai la risposta adeguata al malato grave.

5.)     Nessuno può autorizzare l’uccisione di un essere umano innocente, feto od embrione, che sia bambino od adulto,vecchio, ammalato incurabile od agonizzante.

6.)    Nessuno può chiedere questo gesto omicida per altri.

7.)     Nessuno può acconsentire esplicitamente od implicitamente il gesto omicida.

8.)    Nessuna autorità può legittimare, imporre o permettere l’omicidio.

E’ un’offesa alla dignità della persona umana! E’ un crimine contro la vita! E’ un’attentato contro l’umanità!

Nel rispetto dei valori etici e sociali, che una quasi giornaliera diffusa psicopatia vuole distruggere il concetto della vita considerandosi autonoma e svincolata da ogni rapporto umano e sociale ritenendo la persona un oggetto da buttare, il mondo civile la singola persona la ragione e la logica non chiedono di morire , ma di vivere.

La famiglia tradizionale, “martellata” oggi purtroppo in maniera pressante, densa di stress” ingovernabili, continua a mantenere la promessa di fedeltà dei coniugi, a farsi carico dei figli, ad aiutare i propri genitori anziani, soprattutto a curare i propri membri malati e disabili, a dispetto di questo mondo egoista ed amorale.

Una “parola di speranza” è e resta quella che si instauri o si restauri per il bene di tutti quell’istituzione naturale che è la famiglia , motore universale della continuazione dell’uomo .

Ed un “segno di speranza” ci è venuto dal Cardinale Dionigi Tettamanzi con la parola “non parliamo solo di speranza, ma anzitutto con speranza” perché prevalga la voglia di non essere a favore di un tecnicismo innovativo e di un relativismo distruttivo.

Solo il Creatore ha diritto di vita o di morte !

Parafrasando le parole del Beato Giovanni Paolo II°:”Andiamo avanti con speranza !”

Previte

http://digilander.libero.it/cristianiperservire 

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