Eutanasia e suicidio assistito. Un racconto di Kurt Vonnegut | Tempi.it

Leggiamo su tempi.it (ah se non ci fosse Tempi!?!) del dottor Michael Irwin e della sua idea di aprile una clinica per il suicidio assistito e “razionale” in Gran Bretagna, il nome potrebbe essere die-alogue, sul modello della Dignitas elvetica.

Allora qui bisogna raccontare una storia.

Un tizio è seduto in quella che ha l’apparenza d’essere una sala d’aspetto ed è talmente evanescente che nessuno si accorge della sua presenza, come fosse invisibile. C’è lì anche un pittore che sta affrescando la stanza con i ritratti di quelli che poi scopriremo essere dei benefattori e, mentre lavora, scambia quattro chiacchiere con una signora, forse un’infermiera. Entra il dottor Hitz, un uomo di qualche centinaio d’anni, ancora pieno di energie. Dice che deve occuparsi di un padre la cui moglie sta per mettere al mondo tre gemelli. “Sono qui” dice l’uomo invisibile. Ha una faccia triste. Non è un uomo contento. Non gioisce per l’imminente paternità. Nel suo paese, infatti, non c’è più povertà, non c’è più fame, si vive a lungo e in salute, ma per fare posto ai nuovi nati è necessario che qualcuno, spontaneamente, accetti di togliersi di mezzo. Naturalmente con dignità e in modo indolore, come garantisce l’Ufficio Federale di Terminazione, la geniale creatura del dottor Hitz dove ci troviamo. Così Edward K. Wehling, questo è il nome del fantasma triste, deve trovare tre “benefattori” se vuole che i suoi figli vengano al mondo. “Ci sarebbe la nonna” – pensa; ma c’è anche un piccolo problema: “Io voglio questi bambini” dice Edward. “Naturalmente. È umano, questo”, replica il dottore. “Sì, ma non voglio che muoia la nonna” insiste lo spettro. “Così lei preferirebbe tornare a due secoli fa, quando io ero giovane e il mondo era un inferno? Non c’era acqua, né cibo, né spazio per tutti! E tutti pretendevano di riprodursi come conigli e di vivere, magari a lungo! Un inferno, le assicuro, di violenze, malattie, ingiustizie. Pensi al presente! Pensi ai suoi figli che, a prezzo di un sacrificio accettabile, vivranno in un mondo felice, spazioso, in pace! Per tanto tempo e senza preoccupazioni, neppure quella di guadagnarsi da vivere”.

Niente da fare, realizza Edward, non c’è alternativa al “suicidio etico”. Il fantasma si deve rassegnare. Allora decide che penserà lui stesso a fare spazio ai suoi figlioli. Estrae una pistola e uccide il medico, poi spara all’infermiera e infine si suicida. Tre morti. Tre posti.

Il pittore assiste sgomento alla scena; scende dalla scala, è tentato di farla finita pure lui, ma poi ci ripensa. Va al telefono e compone un numero strano: 2BR02B. In inglese: To be or not to be. Gli risponde il Federal Bureau of Termination e lui si prenota per morire, il più presto possibile.

“Grazie signore. La sua città la ringrazia. Il suo paese la ringrazia. Il pianeta la ringrazia. Ma soprattutto la ringraziano le future generazioni” , risponde la calda voce d’una signorina, all’altro capo del filo.

È un racconto, introvabile in italiano, del 1962 di Kurt Vonnegut, pacifista, illuminista, liberal, americano anti-americano, apocalittico, fantascientifico, nato a Indianapolis nel 1922 e morto nel 2007 a New York. Sopravvissuto al bombardamento di Dresda, ha raccontato la cosa nel suo libro più famoso, Mattatoio numero cinque (Feltrinelli).

L’ultimo numero del New York Review of Books ospita qualche brano del primo capitolo dell’ultimo libro dell’insigne giurista Ronald Dworkin, morto il 14 febbraio scorso, dal titolo Religion Without God, Religione senza Dio. L’idea riportata all’inizio e da molti condivisa è più o meno che le guerre di religione sono una maledizione della nostra specie, come il cancro. Gli uomini si uccidono tra loro perché ciascuno odia il dio dell’altro. Così se noi riusciremo a separare la religione da Dio, la temperatura dell’odio scenderà e diminuiranno misura e rilevanza delle guerre.

Il Papa, incontrando il 20 marzo i rappresentanti delle altre religioni e confessioni cristiane, dice esattamente il contrario: Sappiamo quanta violenza abbia prodotto nella storia recente il tentativo di eliminare Dio e il divino dall’orizzonte dell’umanità, e avvertiamo il valore di testimoniare nelle nostre società l’originaria apertura alla trascendenza che è insita nel cuore dell’uomo.

Che c’entra tutto ciò con la storia raccontata prima? Lo chiarisce lo stesso Francesco: …Dobbiamo tenere viva nel mondo la sete dell’assoluto, non permettendo che prevalga una visione della persona umana ad una sola dimensione, secondo cui l’uomo si riduce a ciò che produce e a ciò che consuma: è questa una delle insidie più pericolose per il nostro tempo.

Sarà ora che ciascuno decida cosa è davvero razionale, cioè cosa è davvero umano.

Fonte: Eutanasia e suicidio assistito. Un racconto di Kurt Vonnegut | Tempi.it.

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