Faenza si stringe attorno al prete martire del Perù – Vatican Insider

Si chiude domenica, con una celebrazione in cattedrale, la fase diocesana del processo di beatificazione di padre Daniele Badiali, ucciso nel 1997, all’età da 35 anni, da alcuni banditi in una missione sulle Ande

GEROLAMO FAZZINI

 

 

Non capita spesso, di questi tempi, di vedere pregare tanti giovani, insieme. Accadrà domenica 19 ottobre, a Faenza, per la celebrazione di chiusura della fase diocesana del processo di beatificazione di padre Daniele Badiali, un giovane sacerdote sequestrato da un gruppo di banditi e assassinato il 18 marzo 1997, sulle Ande del Perù. Padre Daniele vi era arrivato solo 6 anni prima ed era parroco di un piccolo paesino sperduto. Eppure era riuscito, in poco tempo, a contagiare della sua fede, della sua carità concreta e della sua gioia di vivere molti dei ragazzi del posto e tanti volontari dell’Operazione  Mato Grosso, che con lui condividevano quell’avventura missionaria.

 

 

A quasi vent’anni da quella morte improvvisa, in tanti si stringeranno idealmente intorno a lui, nel giorno in cui la Chiesa della sua diocesi affida a Roma il verdetto sulla santità (e, forse, sul martirio) di questo suo giovane figlio.

 

 

Nato nel 1962 in una famiglia contadina (lui stesso farà l’Istituto agrario), fin da giovane Daniele si era buttato nell’Operazione Mato Grosso, l’organizzazione di volontariato missionario creata dal valtellinese padre Ugo De Censi. Dopo il servizio civile con la Caritas presso una parrocchia di Faenza, Daniele parte una prima volta in missione per due anni a Chacas, sulla sierra andina. Tornato in Italia, entra nel seminario regionale di Bologna. Una volta ordinato prete, nel 1991, riparte per il Perù, sempre con l’Omg.

 

 

Lì si impegna soprattutto nell’educazione dei ragazzi e dei giovani, sfoderando le sue qualità migliori: la passione per le persone e l’amore per il canto (molte foto lo ritraggono con l’inseparabile chitarra, con cui ha composto molte canzoni).

 

 

Amava profondamente i poveri, «e per loro – testimonia chi l’ha conosciuto – era disposto ad affrontare grandi sacrifici, cominciando dalle lunghe ore di cammino per raggiungere i villaggi più sperduti». Nelle sue lettere c’è una forte traccia di questa attenzione, che non sconfinava mai nell’assistenzialismo o nel paternalismo. «Vi supplico di lasciarvi sempre commuovere dai poveri», diceva ai suoi giovani, con accenti che ricordano quelli dell’attuale Papa quando parla dei poveri come “carne di Cristo”.

 

 

Pur così amante della vita, padre Daniele ripeteva: «Imparate a guardare in faccia alla morte, solo così capirete quale direzione dare alla vostra vita». In una lettera, che oggi suona profetica, scrive: «Nella Chiesa il sangue dei martiri è stato sempre considerato come un tesoro prezioso. Gesù ha premiato Giulio (Rocca, un volontario trentenne dell’Omg ucciso da Sendero Luminoso nel 1992 – ndr) con una morte violenta; vicino alla sua. Chissà che tutto questo non sia successo per dire ad ognuno di noi: “Coraggio, il nostro cammino porta alla santità più perfetta, al martirio”».

 

 

Quando scriveva queste parole, non poteva certo immaginare che di lì a poco, una domenica sera, mentre ritornava in jeep dalla celebrazione della Messa in un villaggio vicino, alcuni malviventi lo stavano aspettando. In un primo momento fecero cenno a una ragazza italiana, Rosamaria Picozzi, di scendere dalla jeep; ma lui si offrì al suo posto. Il cadavere fu ritrovato pochi giorni dopo, con i segni di colpi di pistola al capo.

 

 

Sono passati 19 anni da allora, ma la memoria di questo giovane sacerdote dallo sguardo buono non s’è spenta. Anzi: una grande croce artistica, realizzata dall’Omg in Perù e che sarà portata a spalla come in un’ideale Via crucis nei luoghi cari a padre Daniele, verrà posta in suo ricordo in una casa per i giovani in ricerca vocazionale, a lui intitolata per volere del vescovo. «Padre Daniele è alla radice di tante vocazioni sacerdotali di questi ultimi dieci anni, e una pietra bagnata dal suo sangue è custodita proprio qui», spiega don Mirko Santandrea, vicerettore del seminario regionale di Bologna. Il sacerdote, che è pure vice postulatore della causa di beatificazione di padre Badiali, spiega che il lavoro di indagine è partito nel marzo 2010: in quattro anni sono stati ascoltati più di 100 testimoni fra Italia e Perù e vagliate molte sue lettere e scritti.

 

 

Ora la parola passa a Roma. Ma già, a Faenza come sulle “sue”Ande del Perù, in tanto lo pregano come un santo dei nostri giorni. Gemma Angeli, 49 anni, volontaria comasca dell’Omg da 19 anni, al settimanale “Credere” che l’ha intervistata questa settimana, ha dichiarato senza esitazioni: «Il mio cuore sente d’aver conosciuto un santo»

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