Genitore 1, genitore 2: non è vero che la Costituzione legittima l’abolizione di padre e madre

di Maria Laura Faccini

Venezia ha preceduto la capitale: al liceo classico Mamiani di Roma, frequentato dai giovani progressisti, roccaforte del “68, i libretti scolastici verranno firmati da “genitore 1” e “genitore 2”. Intervistata dal TG1 del 14 novembre, la neopreside Tiziana Sallusti ha infatti spiegato che la Costituzione parla di “genitori”. Ma cosa pensavano i (padri) costituenti quando hanno scelto il termine “genitori” nel lontano 1947? Possono illuminarci in merito le relazioni di due membri della Commissione dei 75, relatori per gli articoli sulla famiglia: Camillo Corsanego scriveva di “naturale gerarchia della famiglia … dove il padre deve condividere con la madre diritti e obblighi “ e proseguiva “… proteggere la donna nel delicato momento della maternità”. Nilde Jotti, donna allora non certo conformista, proponeva che la Costituzione si ispirasse a principi di riconoscimento dell’eguaglianza giuridica dei coniugi  ove “la donna viene tolta da quello stato di inferiorità che non corrisponde alle esigenze di una società moderna”. Umberto Tupini, Vicepresidente, spiegava che “quando si dice che la Repubblica si preoccupa della famiglia, evidentemente nella famiglia ci sono i rapporti dei padri verso i figli ed anche dei figli verso i padri”. È dunque arduo sostenere che i Costituenti vagheggiassero già di genitore 1 e genitore 2 prefigurando coniugi non di sesso diverso o famiglie non composte da padre, madre e figli. In tempi recenti, nel 2010, i Giudici costituzionali hanno ritenuto inevitabile concludere che i costituenti “riferendosi al matrimonio nel significato tradizionale di detto istituto”… “tennero presente la nozione di matrimonio definita dal codice civile entrato in vigore nel 1942 che stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso”. Una diversa interpretazione, hanno osservato i Giudici, sarebbe “creativa” come appare creativa l’interpretazione del termine “genitori” da parte della preside romana e di taluni rappresentanti politici veneziani. La Costituzione dunque, come recita il refrain progressista, non si tocca, anche nel senso che non deve venire piegata “al punto di incidere sul nucleo della norma, modificandola in modo tale da includere in essa fenomeni e problematiche non considerati in alcun modo quando fu emanata”.
I diritti dell’individuo – inteso come uomo a prescindere da sesso e cittadinanza – sono riconosciuti e garantiti dalla Repubblica; compete alla espressione politica della società coglierne le istanze e codificare il relativo trattamento nell’ambito di una disciplina contemporanea ma sempre rispettosa dei valori etici che caratterizzano la nostra cultura. La circostanza che nell’attuale momento storico e politico il Legislatore non sia in grado di intervenire per adeguare alla modernità la Costituzione – che è di tipo rigido e necessita di un apposito procedimento di revisione – non giustifica la relativizzazione delle norme fondamentali  fino a stravolgerle se non a privarle del loro contenuto.
Forse, al liceo Mamiani come alle scuole comunali di Venezia, invece di una fuga in avanti, di un’interpretazione creativa della Costituzione, sarebbe bastata una semplice revisione storica del libretto scolastico, ricordandosi di quando sul riquadro per la firma era stampato “firma del genitore o di chi ne fa le veci”.

Fonte: Genitore 1, genitore 2: non è vero che la Costituzione legittima l’abolizione di padre e madre.

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