Giacomo Poretti con Camisasca e Lupi a Barzanò | Tempi.it

gennaio 21, 2014 Francesco Amicone

“L’imprevisto della vita. Dentro le cose, verso il Mistero”. Cronaca dell’incontro a Barzanò con il comico, monsignor Camisasca e Maurizio Lupi

poretti-lupi-camisascaBarzanò (lecco). «Per evitare equivoci, gli esseri umani hanno cercato di chiamare le cose con il loro nome. Da qualche tempo non è più così». Lo ha detto l’attore Giacomo Poretti, all’incontro “L’imprevisto della vita. Dentro le cose, verso il Mistero”, tenutosi ieri a Barzanò (Brianza) e organizzato dalla Fondazione Costruiamo il Futuro, in collaborazione con la Fondazione Tempi. L’attore del trio “Aldo Giovanni e Giacomo”, e Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, hanno dibattuto del tema davanti a un migliaio di persone nel gremito centro sportivo locale. Al loro fianco, c’era il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi, che per l’occasione si è ritagliato l’inedito ruolo di moderatore.

GENITORE 1 E 2. Secondo Poretti, il lavoro di un comico è, prima di tutto, capire le parole, conoscerle bene. E prima di parlare di un tema bisognerebbe capire che cosa le parole significhino. Ma da un po’ di tempo è più difficile farlo, ha detto attaccando scherzosamente la politica del presidente socialista francese Francois Hollande, «quello che va in motorino». «Per esempio, se prima, con la parola papà si definiva il genitore maschio e mamma la genitrice femmina, ora, giusto per svecchiare la lingua e i concetti, il papà e la mamma si è deciso di rinominarli con genitore 1 e genitore 2». «Resta da definire se il maschio indosserà la maglietta numero 1 o se invece verrà attribuita alla femmina», ha osservato il comico. «Ancora più complessa è la vicenda di quando entrambi i genitori saranno entrambi maschi o entrambi femmine. Forse si deciderà ai rigori o più democraticamente come per la presidenza della Ue, sei mesi a testa». «E i nonni come li chiameremo?», si è chiesto Poretti, «colui che vizia 1 e colui che porta sempre i regali 2?».

poretti-lupi-camisasca01L’IMPREVISTO. Dopo questa premessa, l’attore del trio comico Aldo Giovanni e Giacomo, ha parlato dell’imprevisto nella sua vita, e dell’incontro inaspettato con gli altri due «cialtroni», Aldo e Giovanni. «Vivevo in una famiglia di operai e non mi sarei mai aspettato di trovarmi a fare il comico», ha spiegato Poretti, che abitava a Legnano, in una zona che allora era una «immensa fabbrichetta». «La cultura dove sono cresciuto era questo: si doveva andare a lavorare e ciò era accettato benevolmente. Nessuno si vergognava di fare l’operaio. E anch’io avrei dovuto esserlo, quello era il mio orizzonte di vita», ha raccontato. Sarebbe stato il suo destino andare a lavorare in fabbrica, ma dopo un aver cambiato vari impieghi, compreso quello di facente funzione di infermiere, si accorse di provare un desiderio che lo portava verso tutt’altro mestiere, l’attore teatrale. E lo seguì, andando a recitare nella compagnia teatrale del suo oratorio: «Tutto nacque perché un prete mi aveva messo addosso questa doppia malattia, il calcio e il teatro», ha confessato Poretti.

poretti-lupi-camisasca03L’INCONTRO CON ALDO E GIOVANNI. «La scuola di teatro poi mi ha portato a conoscere quei due cialtroni che sono i miei soci», Aldo e Giovanni, ha proseguito Giacomo. L’imprevisto accadde in un locale di Legnano, dove il futuro terzo uomo del noto trio stava assistendo a uno spettacolo di cabaret. «A un certo punto arriva in scena un comico – Aldo non era pelato all’epoca, aveva la chierica – che parlava in bolognese». Non sembrava stesse andando bene l’esibizione: «Il pubblico si guardava,ma che cazzo vuole sto qui”, diceva». «Evitammo di mandarlo a quel paese solo per pietà», ha raccontato Poretti. «Poi, dopo quasi un minuto, apparve sulla destra, come se fosse un disturbatore, quest’altro, che sembrava un vecchietto , Giovanni».  «Si creò un imbarazzo terribile», ha ricordato Poretti, «il pubblico diceva: “Cosa vuole questo vecchietto? Quello che parla in bolognese sta già andando malissimo da solo”». «Sudavamo dall’imbarazzo», finché a un certo punto, «il vecchietto, come se avesse visto il demonio, è saltato in braccio a quello che parlava bolognese. Da lì hanno cominciato a fare una scena esilarante: il vecchietto che tentava di arrampicarsi sul bolognese, il bolognese che cercava di scacciarlo, come se fosse un gatto». «Il pubblico ha capito che stava assistendo a qualcosa di surreale e di comicissimo», ha continuato Poretti. «Alla fine di questa esibizione, il vecchietto è arrivato in cima, ha messo una gomma da masticare in mezzo alla chierica del bolognese, ci ha infilato uno stuzzicadenti con la bandierina e ha gridato “Ho scalato il machu picchu”». Fu allora, ha concluso Poretti, che pensò: «Io con questi qua ci voglio lavorare».

poretti-lupi-camisasca02CAMISASCA: IL MISTERO DEL MALE. All’incontro organizzato da Costruiamo il Futuro, è intervenuto anche il vescovo di Reggio Emilia e Guastalla, Massimo Camisasca, che ha sondato il tema del “mistero”. Quello più grande, secondo il vescovo, è la creazione dell’uomo. «Perché Dio ha avuto bisogno dell’uomo? La teologia nei secoli passati si è posta questa domanda con qualche difficoltà a rispondere, perché parlare di un Dio bisognoso mette qualche tremito», ha spiegato Camisasca. «Io me la sono posta da un altro punto di vista, quello di Gesù che si siede accanto al pozzo di Giacobbe e che dice alla samaritana “ho sete, dammi da bere”. Questo è Dio. Dio ha avuto bisogno di un nuovo interlocutore». Il vescovo ha poi citato Dante, il quale parla di Dio e del suo rapporto con gli uomini come dell’«eterno amore» che «si aperse in altri amori». «A un certo punto, Dio, nel suo concerto ha sentito il bisogno della nostra voce, della nostra musica. Ha sentito il bisogno dei nostri volti. E ha voluto che noi ci fossimo».
Camisasca si è soffermato anche sul mistero della presenza del male nel mondo. «Il male fa parte di quelle cose che non hanno risposta», ha aggiunto. «Cristo – ha detto il vescovo citando Paul Claudel – non è venuto a spiegare la croce; è venuto a distendersi sulla croce», ciò perché il male rimane un mistero per l’uomo, e nonostante tutto Dio, che «sa essere impassibile, ma non è senza compassione», non lo abbandona. Dunque, ha concluso il vescovo, come insegna la croce, «se c’è qualcosa che ci è chiesto è quello di dare il proprio contributo con la carità personale, con il sacrificio».

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