Giornata mondiale dei diritti dell’uomo: senza diritto universale a nascere di che parliamo?

di Mirko De Carli per La Croce Quotidiano

Anniversario di contraddizioni, quello del 10 dicembre. Nel 1948, la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che veniva firmata proprio in questo giorno, sembrava avere solennemente sancito l’avvio di una nuova epoca per l’umanità. Dopo la catastrofe della guerra mondiale, nulla avrebbe dovuto più potersi frapporre all’affermazione dei principi fondamentali del vivere civile elaborati dalla cultura occidentale. Questi ultimi sembravano essersi imposti per tutte le nazioni, di ogni cultura, tempo e luogo. E invece, a tanti decenni di distanza, oggi stiamo assistendo proprio in Occidente al rovesciamento di quei principi nel loro contrario. Il diritto dell’uomo ad avere una propria famiglia si è trasformato nell’obbligo a lasciarsene espropriare, in virtù di un individualismo esasperato – una vera e propria dittatura del desiderio – che distrugge le appartenenze fondamentali. Il diritto alla vita, nonostante l’assenza di altre guerre in Europa, negli ultimi settant’anni ha assistito alle più tremende negazioni del diritto di nascere. Soprattutto di quello dei più deboli, cioè dei bambini e dei disabili. La dignità umana che la carta dei diritti voleva affermare, si è rovesciata in un continuo mercimonio della persona, dove stiamo contando milioni di morti per aborto, una selezione eugenetica esasperata, il progressivo affermarsi dei suicidi assistiti, e soprattutto una guerra tra i due sessi che ha distrutto il senso del matrimonio e della famiglia, causando a tutti sofferenze atroci. All’orizzonte, come esito di questa guerra, abbiamo lo spettro della denatalità e della fine delle nazioni europee. La negazione del senso autentico dei diritti dell’uomo, per costruire un modello di individuo completamente disponibile per le esigenze della produzione del consumo, schiavo della finanza e della tecnocrazia, è all’ordine del giorno nel nostro Occidente impazzito. Il Popolo della Famiglia combatte tutto questo, come Davide contro Golia, affermando l’esistenza di un diritto universale a nascere, che deve essere difeso soprattutto dalle ingerenze della biotecnologia. Il diritto alla famiglia deve essere riaffermato in nome dell’inviolabilità delle appartenenze fondamentali. Il bene deve tornare a essere chiamato con il proprio nome, perché chi attenta alla vita, alla famiglia, alla dignità della persona e alla inviolabilità suoi legami essenziali, molto semplicemente attenta al bene comune. Questo anniversario del 10 dicembre sta venendo ricordato in sordina, forse perché c’è una cattiva coscienza collettiva da parte di tutte le forze politiche. Tutti ci dicono che le scelte disastrose compiute nel nostro Paese in quest’ultima legislatura, dal divorzio breve alle unioni civili, e forse anche il biotestamento e lo ius soli (quest’ultimo da intendersi come un attentato al diritto alla cittadinanza e al vivere secondo la propria identità collettiva) sarebbero questione di civiltà. Noi diciamo che per l’appunto sono tali, ma in quanto sono forme di negazione della comune umanità e dei fondamenti stessi del nostro essere una nazione di liberi e uguali, dove anche i più deboli vengono rispettati, secondo la carta stessa del 1948. Il Popolo della Famiglia, in questo senso, oggi in Italia si propone come ultimo baluardo contro la decadenza della nazione assieme a quella dell’intero Occidente.

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