Halabja

Tre monaci vanno pellegrini alla città martire curda, vittima del bombardamento chimico di Saddam nel 1988.

In settembre avevo visitato Monte Sole, dove Dossetti è sepolto nel piccolo cimitero delle famiglie contadine trucidate dai nazifascisti. Alla stazione di Bologna mi pare di sognare: un gruppo di curdi in costume nazionale! Mi avvicino e mi presento: infatti, dopo Deir Mar Musa, stiamo fondando una comunità a Sulaymaniya, nel Kurdistan iracheno.

È una delegazione in visita a Marzabotto e vengono da Halabja, la città decimata dalle bombe al nervino e al gas mostarda del dittatore di Baghdad. Da anni si è sviluppata un’empatia tra le due contrade, teatro della violenza più indiscriminata. Foto, abbracci, scambi di indirizzi…

Comincio al telefono in inglese per correttezza, poi passiamo all’arabo (il curdo ancora niente): «Sig. Nizar? Ci siamo visti in Italia…». «Allora domani andiamo insieme; è a un’ora di macchina».

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